Victor Creel

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I can't seem to face up to the facts
I'm tense and nervous and I can't relax
I can't sleep 'cause my bed's on fire
Don't touch me, I'm a real live wire
Psycho Killer
Qu'est-ce que c'est?
Fa-fa-fa-fa, fa-fa-fa-fa-fa-fa, better
Run, run, run, run, run, run, run away, oh-oh-oh
Psycho Killer
Qu'est-ce que c'est?
Fa-fa-fa-fa, fa-fa-fa-fa-fa-fa, better
Run, run, run, run, run, run, run away, oh, oh, oh, oh
Ay-ya-ya-ya-ya-ya, ooh
You start a conversation, you can't even finish it
You're talking a lot, but you're not saying anything
When I have nothing to say, my lips are sealed
Say something once, why say it again?
Psycho Killer
Qu'est-ce que c'est?
Fa-fa-fa-fa, fa-fa-fa-fa-fa-fa, better
Run, run, run, run, run, run, run away, oh-oh-oh
Psycho Killer
Qu'est-ce que c'est?
Fa-fa-fa-fa, fa-fa-fa-fa-fa-fa, better
Run, run, run, run, run, run, run away, oh, oh, oh, oh
Ay-ya-ya-ya-ya-ya
Ce que j'ai fait, ce soir-là
Ce qu'elle a dit, ce soir-là
Réalisant mon espoir
Je me lance vers la gloire, okay
Yeah, yeah, yeah, yeah, yeah, yeah, yeah, yeah, yeah, yeah
We are vain and we are blind
I hate people when they're not polite

Psyco Killer, Talking Heads

     «C’è qualcuno lì dentro?» La voce di Simon risuonò, tremolante ma determinata, quando vide le luci del piano di sotto, dove noi eravamo, accese. «Io… ho una pistola» sapevo che non era vero, voleva solo intimidirci. Robin e Nancy mi guardarono con un'espressione preoccupata.
       Prima di parlare sperai che l'uomo non sapesse quando io fossi coinvolta negli ultimi avvenimenti, poi presi coraggio.
     «Ciao Simon» gridai dall'archivio, cercando di far risuonare la mia voce al di sopra del silenzio opprimente. «Sono io, Nina!» salii le scale per farmi vedere
      La forte luce della torcia che mi puntò addosso mi costrinse a coprire gli occhi, ma poi Simon sospirò di sollievo. Abbassò la testa mostrandomi la stempiatura.
     «Oh, Nina. Grazie al cielo sei tu. Ehm, cosa ci fai qui?» chiese, con un misto di sorpresa e preoccupazione, ma carico di curiosità. Il suo volto, ora che aveva spento la torcia illuminato solo da un debole raggio di luce proveniente dalla finestra, rivelava l'affaticamento di chi era abituato a vegliare su quel luogo vuoto.
     «Sto facendo una ricerca scolastica con delle amiche, la signora Mable mi ha dato il permesso» risposi, con un tono il più possibile naturale, sperando di allontanare i suoi sospetti.
     «Capisco,» disse, annuendo lentamente. «Ma stai attenta. Non hai sentito cosa è successo qualche giorno fa? È pericoloso girare da sole, specialmente per delle ragazze," aggiunse, la sua voce ora più bassa e carica di preoccupazione. «Visto che ci sei tu, posso andare a casa,» continuò, la sua mano stanca già rivolta verso la porta. «Ma fai in fretta, fuori sta calando il buio. Ah, e per favore, ricorda di chiudere a chiave la biblioteca quando te ne vai!» disse mentre si preparava ad andarsene, il suo passo un po' più leggero, sollevato dalla mia presenza.
      «Grazie, Simon. Stiamo quasi finendo. A presto!» Lo salutai con un cenno rapido, guardandolo sparire tra gli scaffali ombrosi. «Ciao!» esclamarono Robin e Nancy in coro, sollevate quanto me.
      «Porca miseria, per un pelo!» esclamò Robin, non appena fummo di nuovo sole. Il suo viso, di solito così vivace, era ora teso dall'adrenalina. «Continuiamo a cercare» ordinò Nancy con voce fredda e determinata, decisa a non perdere altro tempo.
       «Qualcosa di… succoso laggiù?» chiese Robin, dopo qualche minuto per cercare di riempire il silenzio opprimente che ci circondava, con un tono che tradiva una speranza crescente.
       «Niente di nuovo» disse Nancy con un sospiro di frustrazione. «No» aggiunsi scoraggiata, scuotendo la testa. Né io né Nancy avevamo trovato nulla di utile, il materiale che avevamo esaminato non offriva alcuna nuova pista.
      «Nemmeno qui. Victor sembrava un ragazzo normale. Famiglia morta, occhi cavati, ha accettato un patteggiamento, l'hanno mandato a Pennhurst. Blah, blah. Cosa stiamo cercando esattamente, Nancy?» Robin era chiaramente esausta e disillusa dalla ricerca, la sua voce un mix di frustrazione e stanchezza.  Nancy evitò di rispondere, serrando le labbra. Robin, evidentemente annoiata, iniziò a battere ritmicamente le dita sul vecchio apparecchio.
      «Qualche menzione di maghi oscuri o dimensioni alternative? Cose del genere?» chiese, con un pizzico di sarcasmo nella voce. «Non lo so. Va bene? Sembra che sia stata solo una grande perdita di tempo.» ammise la mora. La frustrazione di Nancy stava diventando palpabile. Il suo viso era teso, le sopracciglia aggrottate mentre continuava a sfogliare i documenti con movimenti sempre più nervosi.
        Mentre le ragazze discutevano, io sentii una voce familiare alle mie spalle. «Bonjour, mademoiselle.» Poirot era in piedi proprio accanto a me, la sua figura impeccabile, con il classico completo grigio e i baffi curati, sembrava fuori luogo in quella biblioteca Ma sapevo che non era reale, era solo un prodotto della mia immaginazione. Non era però il momento di intrattenermi con un detective immaginario. Cosa avrebbero pensato le altre se mi avessero vista parlare da sola?
     «Poirot, per favore stia zitto. Ci sentiranno» sussurrai, cercando di non dare troppo nell’occhio e gettando uno sguardo preoccupato verso Robin e Nancy. Avrei potuto dirlo anche solo nella mia mente, dato che è lì che Poirot risiedeva, ma non mi piaceva conversare solo nei pensieri.
     «Voglio solo portare alla tua attenzione che tu hai già sentito il nome di Victor Creel. Dovresti quindi sapere dove cercare» disse con il suo irritante accento francese e quell'aria di saccenza che mi faceva sempre arrabbiare.
     «Sì, lo so, ma non riesco a ricordare. Mi sta già dando sui nervi, quindi per favore non ci si metta anche lei» ribattei, cercando di mantenere un tono calmo, ma alzando involontariamente un po' la voce. «Hai detto qualcosa, Nina?» chiese Nancy, spostando lo sguardo dalle pagine per interrompere la discussione con uno carico di perplessità.
     «No, no, niente. Tranquilla, stavo solo pensando ad alta voce» risposi rapidamente, cercando di coprire il mio scivolone. «Vedi? Mi stai già mettendo in imbarazzo» dissi rivolta a Poirot, che mi guardava con quell'aria compiaciuta che mi irritava sempre. «Sto solo dicendo che ricordo bene che leggesti qualcosa su una specie di rivista» insistette Poirot, insensibile alla mia frustrazione. Sapevo che aveva ragione, ma non riuscivo proprio a ricordare.
     «Prima di tutto tu non ricordi proprio niente, perché vivi solo nella mia immaginazione» lo zittii bruscamente, cercando di scacciarlo via dai miei pensieri. E come per magia, con un leggero cenno del capo, come se fosse d’accordo, Poirot scomparve.
     «Porca miseria. The Weekly Watcher. Non posso credere che ce l'abbiano!» Robin urlò con la voce carica di sorpresa, attirando la nostra attenzione. Il nome della rivista fece scattare qualcosa nella mia memoria. «The Weekly Watcher. Ma certo, ora ricordo.» Finalmente, un barlume di speranza. «Robin, sei un genio» urlai, seguendo il suono della sua voce.
     «Non scrivono, tipo, di Bigfoot e UFO?» chiese Nancy, visibilmente scettica. Il suo volto rifletteva i suoi dubbi mentre guardava le vecchie riviste polverose Io però ricordavo chiaramente di aver letto qualcosa su quella rivista che poteva essere rilevante per la nostra indagine. Forse non era direttamente collegato, ma valeva la pena indagare.
     «Prima di tutto, gli UFO sono assolutamente reali. Su Bigfoot ho ancora dei dubbi» rispose Robin, con un sorriso malizioso che mi fece scoppiare a ridere. «Sì, ma la cosa più importante è che stiamo cercando un mago oscuro o un demone o qualsiasi cosa sia questo Vecna. Quindi i teorici della cospirazione potrebbero essere ciò di cui abbiamo bisogno. Inoltre, non ne sono sicura al 100%, ma ho letto qualcosa riguardo alla nostra storia» aggiunsi, cercando di convincere Nancy. A quel punto, anche lei sembrava più aperta all’idea.
      Ci affrettammo verso la macchina di lettura per trovare il numero specifico, le nostre mani tremanti di emozioni mentre scorrevamo le pagine ingiallite. Il tempo sembrava scorrere più veloce mentre cercavamo, le dita che scorrevano freneticamente sulle lettere. Dopo pochi minuti, tuttavia, l'entusiasmo cominciò a svanire.
     «Ah, Elvis clonato dagli alieni» disse Nancy con un risolino nervoso, allontanandosi per un momento dal microfilm. «Non puoi mai saperlo» ribatté Robin, senza staccare lo sguardo dai bizzarri articoli. In quel momento, la copertina familiare di un numero catturò la mia attenzione.
     «Oh mio Dio! È quello. Ricordo di averlo letto!» esclamai, il cuore che accelerava per l'emozione. Tornammo subito a concentrarci, con una Nancy, ormai disillusa, che sembrava quasi pronta ad arrendersi. Ci concentrammo ancora di più nella lettura. E alla fine, lo trovammo.
     «Victor Creel dichiara che un demone vendicativo ha ucciso la sua famiglia. L'omicidio che ha scioccato una piccola comunità» lesse Robin drammaticamente, quasi a enfatizzare l’importanza di quelle parole.  «Ah ah è molto divertente» disse Nancy, con una punta di sarcasmo.
     «Non sta scherzando» intervenni, incredula che ciò che stavamo cercando fosse finalmente davanti ai nostri occhi, nero su bianco - giallo in realtà.
     «Vieni qui» la esortò Robin, senza staccare gli occhi dall'articolo. Poi continuò a leggere con maggiore intensità: «Secondo diversi addetti ai lavori, Victor credeva che la sua casa fosse infestata da un antico demone. Victor avrebbe addirittura assunto un sacerdote per esorcizzare il demone fuori dalla sua casa».
     «Difficile credere che fosse solo folklore. L'Esorcista non era ancora nemmeno uscito a quel tempo» la interruppi, cercando di mettere insieme i pezzi del puzzle. Un brivido mi percorse la schiena. Eravamo vicine alla verità, lo sentivamo tutte e tre.. «Continua… continua per favore» la incitò Nancy, con una tensione palpabile nella voce, completamente assorta nell'articolo, i suoi occhi che scorrevano febbrilmente sulle parole stampate.
     «Ok, quindi Victor ha affermato che l'esorcismo fallì, ma che fece infuriare il demone. Questi uccise la sua famiglia, rimuovendo loro gli occhi. Victor credeva di essere stato risparmiato come punizione» disse Robin, riprendendo a leggere con crescente tensione.
      Quelle parole ci colpirono come un pugno nello stomaco. «Comodo per Victor» commentò Nancy, il tono cinico che cercava di mascherare la preoccupazione che cresceva dentro di lei.
     «Sì, o terribilmente scomodo» risposi, riflettendo su quanto fosse agghiacciante quella teoria. Nancy mi lanciò uno sguardo stranito, ma Robin annuì, condividendo il mio pensiero. «Victor è stato dichiarato legalmente pazzo dal tribunale, giusto? E se fosse stato per questo? Voglio dire… sembra piuttosto folle. Ma non è stato reso pubblico perché…» Robin iniziò a ragionare, le sue parole che si susseguivano velocemente mentre anche lei metteva insieme i pezzi «Il patteggiamento. Il caso è stato sigillato.» concluse Nancy, finalmente cogliendo il punto.
     «E se un demone avesse veramente invaso la casa di Victor? Solo che questo demone non era un vecchio demone...» la sua voce si alzava di un'ottava mentre il suo entusiasmo cresceva. Robin fece una pausa, quasi volesse assicurarsi che avessimo capito dove voleva arrivare. «Era Vecna» completai la frase, sentendo un brivido lungo la schiena.
      Il silenzio che seguì le nostre parole era carico di una nuova consapevolezza. Senza perdere altro tempo, ci precipitammo fuori dalla biblioteca, dirette verso l'auto di Nancy. Le ombre della sera si allungavano sinistramente sui muri mentre correvamo, il nostro respiro affannoso che rompeva il silenzio della strada deserta. Una volta in macchina, Robin afferrò il walkie-talkie di Cerebro, cercando di mettersi in contatto con Dustin.
     «Dustin, mi ricevi?» disse, cercando di mantenere la calma nonostante l’adrenalina che le pulsava nelle vene. «Sì, ti ricevo» rispose Dustin, la sua voce un sussurro, come se fosse nel bel mezzo di qualcosa di importante o… pericoloso. «Nancy è un genio. Le prime vittime di Vecna risalgono al 1959. Il suo colpo bendato è stato un centro pieno» continuò Robin, senza riuscire a trattenere l'orgoglio per la scoperta fatta.
     «Ok, questo è assolutamente fuori di testa, ma non posso davvero parlare in questo momento» rispose Dustin, con tono urgente. La tensione nell'auto aumentò, sentivamo che qualcosa di grosso stava per accadere. Un’ondata di preoccupazione mi travolse. «Aspetta, cosa stai facendo?» chiese Robin, la sua voce carica di apprensione.
     «Stiamo facendo irruzione a scuola per recuperare file confidenziali ed estremamente personali» spiegò Dustin con una voce carica di ansia e di adrenalina, lasciandoci tutte senza parole. Ci guardammo preoccupate e sconvolte da quello che avevamo appena sentito, realizzando la gravità della situazione.
     «Puoi ripeterlo?» chiesi sperando di aver frainteso, ma sapevo che non era così.
     «Portate il vostro culo qui, veloci. Vi spiegheremo tutto» sussurrò Dustin, la voce tagliente come un coltello e il tono che non lasciava spazio a dubbi.
     «Pensavo dovessero parlare con Ms. Kelly» disse Nancy, ricordando il piano originale. Ms. Kelly era la psicologa della scuola, una figura di riferimento che conosceva tutti i segreti degli studenti, la sua partecipazione a quella storia stava prendendo una piega inaspettata. Anche io, qualche tempo fa, avevo fatto qualche seduta con lei e l'idea che fosse coinvolta in qualcosa di così oscuro mi lasciava perplessa.
     «Uno li lascia soli per due ore...» Robin fece spallucce, rassegnata,  come per dire che era ormai troppo tardi per fermarli.
       Mi voltai verso di loro, la mente affollata da pensieri contrastanti. Sentivo la tensione crescere. «Va bene, ragazze. Penso che sia meglio che io torni alla casa sul molo. Una cosa è venire beccata nella biblioteca dove lavoro, un’altra è un’effrazione illegale a scuola. Se mi trovassero e sapessero qualcosa di più, non solo potrei finire in prigione, ma potrei mettere in pericolo anche Eddie» dissi, esprimendo la mia preoccupazione con la voce ferma ma con il cuore che batteva forte nel petto
       Nancy annuì, comprendendo la mia posizione. «Hai ragione» disse, accendendo il motore della macchina con un’espressione seria.
      Il viaggio di ritorno fu silenzioso, ognuna di noi persa nei propri pensieri. Quando arrivammo al capanno, ci salutammo in fretta e guardai le due ragazze scomparire nella notte. Scendendo dall’auto, sentivo un nodo alla gola, una miscela di ansia e sollievo. La luce fioca della luna illuminava il molo mentre mi avvicinavo alla porta, il cuore ancora in tumulto per tutto ciò che era accaduto quella sera.
     Entrai in casa, trovando Eddie ad aspettarmi, seduto su una sedia con l’aria di chi è rimasto sveglio solo per me. La vista di lui, con quel suo sorriso stanco ma rassicurante, mi fece dimenticare per un attimo tutto ciò che era successo.
     «Ciao» dissi sorridendo, cercando di nascondere l’agitazione che mi accompagnava. «Ciao» rispose lui con un sorriso accogliente, porgendomi un piatto di pasta fumante. «Ho cucinato la cena.»
       Mi sedetti sulla barca, prendendo il piatto con gratitudine. Il profumo del cibo caldo mi fece venire l’acquolina in bocca «Oh, sei un angelo. Stavo morendo di fame» dissi, dissi, sedendomi sulla barca accanto a lui e cominciando a mangiare. Il legno della barca scricchiolò sotto di me mentre affondavo finalmente in una pace temporanea. Sentivo il calore del cibo diffondersi nel mio corpo, calmandomi lentamente.
      Dopo qualche boccone, decisi che era il momento di parlare. «Ok, grandi notizie. Ora ti spiego cosa sta succedendo» dissi, pronta a raccontargli tutto ciò che avevamo scoperto quella sera.
      E così iniziai a narrare ogni dettaglio, parola per parola dalla scoperta del nome di Victor Creel all'articolo su The Weekly Watcher e infine al collegamento con Vecna. Eddie ascoltava attentamente, il suo viso che passava dall’incredulità alla preoccupazione, mentre la sera scivolava lentamente verso la notte.

Outsiders - Eddie MunsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora