Il panico si fece insopportabile mentre li vedevo avvicinarsi a me, i rampicanti striscianti, come una morsa di oscurità che mi circondava. Girai lo sguardo di nuovo verso mia sorella, e anche lei era avvolta dalla stessa oscurità, con gli occhi vuoti e i rampicanti che la avvolgevano. Tutti, in un coro agghiacciante, chiamavano il mio nome. Il loro canto era un richiamo funesto, e la corsa sembrava essere l'unica via di fuga possibile.
Uscendo dalla casa di Max, mi trovai immersa in un paesaggio di tenebra e desolazione. Era sempre Forest Hill, ma si era trasformata in una versione distorta e minacciosa, simile al Sottosopra. Iniziai a correre a tutta velocità, il cuore pulsante e il respiro affannoso, senza una meta precisa.
Volevo solo allontanarmi da quella visione orribile, lontano dai miei amici trasformati in burattini di Vecna, lontano dalla sorella che mi tormentava. Continuai a correre, il terreno che sfumava sotto i miei piedi, fino a quando non inciampai e caddi nel vuoto, come nel mio primo incubo. Ma stavolta, non mi svegliai. Atterrai in ginocchio in un luogo che sembrava un incubo vivente.
L'atmosfera era opprimente, con un cielo rosso sangue e nuvole di fumo nero che serpeggiavano sopra di me. Intorno a me, i mobili fluttuavano nell’aria come relitti di un mondo in decadenza. Era il luogo che Max aveva descritto dopo la sua visione, il regno della mente di Vecna. Sapevo che correre non sarebbe servito a nulla; non potevo evitare l'incontro, ma l'unica speranza era che i miei amici riuscissero ad aiutarmi. Era giunto il momento di affrontare quel mostro, anche se sapevo che le mie possibilità di vittoria erano quasi nulle, specialmente senza armi.
Cominciai a camminare attraverso quel paesaggio infernale, cercando di mantenere la calma mentre esploravo. Mi fermai di fronte a tre corpi appesi tra alberi fatti di rampicanti, le vittime di Vecna: Chrissy, Fred e Patrick. I loro corpi erano contorti e intrappolati, e la vista di quel macabro spettacolo mi fece stringere lo stomaco.
La domanda «Che razza di mostro potrebbe fare una cosa del genere?» mi attraversò la mente, ma non avevo il tempo di riflettere ulteriormente. Distolsi lo sguardo dai cadaveri e vidi un altro albero, che sembrava appartenere a Max, o, dato che ero lì, a me stessa.
Ed eccolo lì, Vecna, davanti a me. Il suo respiro era pesante e irregolare, e le sue mani erano artigli deformi. L'ultima volta che l'avevo visto, era ancora un uomo, ma ora si era trasformato nel mostro di cui Max aveva parlato, con la faccia e il corpo bruciati e contorti. La sua presenza era opprimente e inquietante, e il suo sguardo era penetrante.
«Nina,» iniziò a parlare con una voce terribile, che sembrava provenire dall'oltretomba. «Ti avevo detto che sarei venuto a prenderti.»
La sua voce era un sussurro gelido, e ogni parola sembrava carica di un male antico. Ero intrappolata, bloccata tra i corpi dei morti e la bestia inquietante. Il mio corpo era in modalità difensiva, ma non avevo alcuna possibilità di fuggire. «Cosa vuoi da me? Non ti permetterò di uccidermi e raggiungere il tuo obiettivo stupido ed egoistico» dissi con una determinazione forzata, anche se dentro di me la paura e l'incertezza erano schiaccianti.
«Oh, Nina,» continuò Vecna, avvicinandosi a me con un passo lento e minaccioso. «Certo che voglio che tu ti unisca a me, ma non allo stesso modo degli altri» disse, indicando i cadaveri appesi attorno a me. «Sei speciale, mia cara.» Le sue parole erano sussurrate come promesse oscure.
«Cosa intendi?» chiesi, confusa e allarmata, mentre il terrore mi stringeva il cuore. Non riuscivo a capire perché non mi avesse ucciso, perché non mi considerasse una semplice vittima.
Vecna si avvicinò ulteriormente, e io feci un passo indietro, solo per essere bloccata dagli alberi giganti. Non c'era via di scampo. «Quindi tua madre non ti ha detto niente. C'era da aspettarselo da lei,» continuò, il suo tono era carico di disprezzo. «Dopo che mi ha lasciato, si è messa con quell'uomo noioso e ha anche avuto una figlia con lui» a queste parole la mia mente cominciò a vagare nella direzione in cui quel mostro voleva portarmi. Quello che capii era più spaventoso di qualsiasi altra cosa avessi vissuto fino a quel momento.
«Io sono tuo padre, Nina.» sentenziò il mostro.
La rivelazione mi colpì come un pugno allo stomaco. Non poteva essere vero. Sapevo chi era mio padre e non era quella bestia. «Tu MENTI!» urlai contro di lui, la mia voce era rotta dal dolore e dalla rabbia.
Vecna si avvicinò, mentre la mia unica possibile via di fuga era bloccata dagli alberi giganti. «Te lo mostrerò» disse con una calma inquietante. Mise la sua mano, o quel che ne era rimasto, sulla mia testa.
Gridai per la paura, anche se sapevo che non mi stava facendo del male fisicamente, ma stava mostrando ciò che aveva appena affermato. E capii subito che non stava mentendo. La visione era devastante.
Vidi una donna, una ragazza in realtà. Lunghi capelli, neri e morbidi le cadevano sul camice. Un'infermiera. Si girò verso di me e vidi il suo volto. Grandi occhi scuri, viso scavato ma tondo. Dio, se mi assomigliava.
Non c'erano dubbi. Quella donna era mia madre.
Si avvicinò a me, forse mi aveva vista. Tentai di nascondermi ma non c'era niente a cui potessi fare appiglio. Lei continuò a camminare, ma mi passò attraverso, come se non esistessi. La sua attenzione era focalizzata su un'altra persona.
Mi voltai. Dietro di me un ragazzo, biondo e con gli occhi azzurri, la aspettava con le braccia aperte. Henry Creel, l'uomo che avevo visto nella mia prima visione.
Lei gli corse incontro e lo baciò con passione, mentre lui teneva gli occhi aperti e guardava nella mia direzione. Dritto verso di me. Sapeva che ero lì.
Quella visione sfumò tutto intorno me e venni catapultata più avanti nel tempo. Mia madre stava partorendo, gli scienziati intorno a lei. Nacque una bambina. La figlia di Henry Creel doveva avere dei poteri immensi e naturali, come quello del padre. Era una manna dal cielo.
Ma quella bambina era gravemente malata, e questo rovinò tutto. Ancora una volta viaggiai in un futuro poco distante dove un uomo, alto e magro, brizzolato discuteva assieme agli stessi medici che mi avevano fatto nascere, della mia morte.
Henry aveva sentito tutto e aiutò mia madre a scappare con la bambina.
Loro, quelli del laboratorio, lasciarono andare, pensando che la bambina non sarebbe sopravvissuta. Ma quella bambina ero io. E sono sopravvissuta, soprattutto a causa della morte di mia sorella.
Quando tornammo ad Hawkins, Henry iniziò ad apparire nei sogni di mia madre, facendole credere che fosse tutta colpa sua.
Era stato Vecna a uccidere mia madre.
Quando Vecna interruppe la visione, caddi in ginocchio, le lacrime scivolando lungo il mio volto. Non volevo credere che fosse tutto vero, ma il dolore e la verità si facevano sempre più evidenti. Rivolsi a Vecna uno sguardo arrabbiato, anche se gli occhi erano gonfi di lacrime.
Lui mi tese una mano e disse: «Figlia mia, mia unica cara. Unisciti a me e risveglierò i tuoi poteri. Domineremo il nostro mondo, distruggendo quello che non ci voleva. Resta con me.» Mi fissava con uno sguardo penetrante e la sua proposta era un veleno che cercava di avvolgermi.
Schiaffeggiai con tutta la potenza che avevo in corpo il suo orribile artiglio proteso verso di me «Preferirei morire» mormorai con una voce rotta, ma con tutta la decisione che mi rimaneva. La sua spavalderia scomparve improvvisamente, e il suo volto si contrasse in un'espressione di disprezzo, se espressione si poteva chiamare.
«Non sarò la tua serva. Quindi, uccidimi pure se vuoi. Non voglio il tuo squallido potere» aggiunsi, la determinazione che cresceva dentro di me mentre raccoglievo le ultime forze per alzarmi in piedi.
Improvvisamente, una voce echeggiò in lontananza, una canzone che diventava sempre più forte e chiara.«Femme fatales emerged from shadows
To watch this creature fair
Boys stood upon their chairs
To make their point of view…»Era la voce di Eddie, e degli altri con lui. Una grande luce bianca cominciò a diffondersi nel cielo, e vidi i miei amici in preda al panico, ma continuavano a cantare con forza, cercando di svegliarmi. La luce e la canzone mi infusero una forza inaspettata, mentre Vecna era distratto e immobile, corsi nella loro direzione per avvicinarmi sempre più alla salvezza.
«I smiled sadly for a love
I could not obey
Lady Stardust sang his songs
Of darkness and dismay…»La canzone, le voci dei miei amici e il profumo di rosa e camomilla mi infusero una forza inaspettata, un’energia vitale che mi permetteva di fuggire da quell'incubo. Corsi con tutta la velocità che avevo, sentendo il battito del cuore martellare nelle tempie, mentre la luce davanti a me brillava come un faro di speranza in quel mare di oscurità. Ogni passo che facevo era un atto di liberazione, un tentativo di allontanarmi dall'orrore che avevo appena vissuto. Mi sforzavo di dimenticare le immagini strazianti e dolorose: mia madre e mia sorella, i loro volti distorti dal dolore e dalla morte, la terribile verità che Vecna mi aveva rivelato.
Mi concentrai sui ricordi più belli e sereni, cercando di aggrapparmici come a una zattera in mezzo alla tempesta. Le risate spensierate con mia sorella durante i nostri giochi infantili, l’affetto di mia madre, i pomeriggi tranquilli immersa nei miei libri preferiti e la gioia di aver trovato nuovi amici che mi avevano accolta nella loro cerchia. Il profumo di rosa e camomilla, che sembrava danzare nell’aria come un ricordo felice, mi guidava attraverso il buio. Eddie, la sua presenza, il suo coraggio e il suo sorriso, erano la mia ancora di salvezza.
Dietro di me, la voce di Vecna rimbombava, carica di minacce e rancore. «Verrai con me, anche se non vuoi. Ti obbligherò in qualche modo. Lo prometto» urlò, la sua voce un'eco minacciosa che si perdeva nell'oscurità. Ma era troppo tardi. La luce davanti a me era sempre più vicina, scintillante e avvolgente. Sentivo la sua energia calda e accogliente, una promessa di salvezza.
Finalmente, la toccai e tutto sembrò esplodere in un lampo di chiarezza. Aprii gli occhi e mi ritrovai nel mondo reale, crollando tra le braccia di Eddie. Il contatto con la realtà fu immediato e travolgente e le mie emozioni esplosero in un turbinio di lacrime e urla. Piangevo, non solo per la paura e il dolore che avevo appena vissuto, ma anche per il sollievo di essere finalmente al sicuro.
Eddie mi abbracciò con forza, e il calore della sua presenza mi diedi conforto. Gli altri, uno dopo l’altro, si avvicinarono, le loro lacrime si mescolarono alle mie. In quel momento di pura liberazione, il dolore e la paura si dissolsero in un mare di emozioni condivise.
Era come se il nostro grido collettivo di sollievo e la nostra connessione ci avessero strappato via dalla tenebra e riportati alla luce, al sicuro, insieme.
La consapevolezza che avevamo superato una prova così orribile e che eravamo di nuovo uniti riempì l'aria di una gratitudine profonda.
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Outsiders - Eddie Munson
FanfictionIn un normale giorno di scuola nella cittadina di Hawkins, Nina Thunder cerca di mantenere un basso profilo, immersa nei suoi libri e nelle sue routine. Ma l'ultimo giorno prima delle vacanze di primavera si trasforma in un susseguirsi di eventi ina...