Capitolo 2

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L'ho conosciuto circa un anno e mezzo fa, si chiama Leonardo. Uno dei componenti del nostro gruppetto di amici lo aveva invitato ad unirsi a noi per trascorrere una serata insieme e per farcelo conoscere. Quando lo vidi per la prima volta rimasi senza fiato: alto, robusto, spalle larghe, capelli rossi ramati, barba appena accennata e occhi marroni brillanti ed incredibilmente dolci. Sembrava perfetto, o almeno per me lo era, il problema fu che poi iniziò a parlare.
Un arrogante, presuntuoso, ignorante, omofobo, razzista. Una testa di cazzo di prima categoria. Non c'entrava assolutamente nulla con noi, anzi, lui era il tipo di persona che il nostro gruppo detestava. Ci litigai alla seconda uscita, dopo l'ennesima "battuta" disgustosa che fece completamente senza nessun motivo e assolutamente fuori contesto. Non gli parlai più per settimane e non sembrava che la cosa gli importasse. E non fregava nulla nemmeno a me. Il problema non erano le battute che faceva, tutti all'interno della compagnia non disdegnavamo mai una bella dose di sano umorismo nero, ma il modo in cui le faceva, il modo in cui si comportava. Era come se ci fosse solo lui nell'universo, come se nessuno fosse alla sua altezza, come se il mondo intero ruotasse attorno a lui. Aveva una perenne aria di sfida incisa sul viso, non accettava il confronto, non considerava nessuna opinione diversa dalla sua meritevole di attenzione. Anche con altri membri della compagnia i rapporti non erano particolarmente rosei. L'idea era quella di allontanarlo, di non invitarlo più ad uscire con noi. Poi però arrivò la gita in montagna e decidemmo di dargli un'ultima possibilità.

 Poi però arrivò la gita in montagna e decidemmo di dargli un'ultima possibilità

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