Capitolo 20

92 23 31
                                    

"Aspettate un secondo!" esclamo dopo aver controllato le tasche.
"Torno subito!"
Ripercorro a ritroso la via di casa sotto lo sguardo interrogativo di Leonardo e Federico.
Entro in camera, apro il cassetto del comodino e prendo il piccolo dono che tenevo da parte per Leo.
Lo infilo in tasca e ritorno indietro.
"Cosa avevi dimenticato?" chiede Fede curioso.
"Ehm... le chiavi del magazzino del lavoro. Dopo non faccio in tempo a passare da casa, vado direttamente al ristorante."
"Mmh... ok" dice non particolarmente convinto.
"Dai, muoviamoci, altrimenti rischiamo di fare tardi."
"Michè, mancano quasi tre ore alla partenza del volo!" sbuffa Federico.
Guardo Leonardo e lui mi sorride non dicendo nulla, tentando di mascherare la malinconia che lo sta consumando.

Arriviamo in aeroporto con grande anticipo, ci sediamo nella zona delle partenze e Leo poggia la testa sulla mia spalla senza dire una parola.
"Vado a prendermi un caffè, voi volete qualcosa?" dice Fede, trovando una scusa per lasciarci soli dopo aver capito la situazione.
"No, grazie" mormoro accennando un sorriso.
"No, Fede... grazie" risponde Leonardo con la voce roca, alzando a malapena lo sguardo verso di lui.
"Ok, perfetto. A dopo" ci saluta Federico allontanandosi.
"Ehi..."
"Ehi..."
"Ti prego Leo, parla con me... dimmi come ti senti."
"Scusami, forse sto esagerando. È che mi sento male... fisicamente... non so... mi manca il respiro, sento un peso doloroso sul petto, è come se la tristezza mi stesse prendendo a pugni. Scusa, forse sono solo cazzate..."
Lo abbraccio interrompendolo. Sento un po' della sua tensione abbandonare il suo corpo e le sue spalle e i suoi muscoli dapprima rigidi e tesi, rilassarsi leggermente. Lui avvolge le braccia intorno a me e inizia a piangere sommessamente.
Delle lacrime stanno bagnando il mio viso e non ho intenzione di controllarle, ho bisogno che quella malinconia se ne ne vada, almeno un po', e spero che quel pianto possa aiutarmi.
Prendo il volto di Leonardo tra le mani, lo guardo e gli sorrido. Lui ricambia il mio sguardo e mi sorride a sua volta. Nonostante sia il rammarico a disegnare quelle espressioni sui nostri volti, il fatto di vivere assieme quelle emozioni ci fa sentire ancora più vicini, ancora più uniti.
"Sei bellissimo anche quando piangi."
"Non vedo l'ora di rivederti" sussurro.
"Anche io."
"Ah, quindi ti va di tornare a trovarmi?"
"Scherzi, vero?"
"Sì" mormoro divertito abbracciandolo nuovamente, con forza, quasi come se volessi imprimere me stesso su di lui.

"Ciao bello, mi ha fatto piacere che tu sia venuto a trovarci" dice Federico abbracciando Leonardo davanti alla zona dei controlli di sicurezza dell'aeroporto.
"Anche a me, grazie di tutto."
"E di che? Grazie a te, spero che tornerai presto."
"Lo spero anch'io" risponde Leonardo con un sorriso abbracciandolo di nuovo.
"Michè, io ti aspetto all'uscita. Ci vediamo tra poco"
Osserviamo Federico incamminarsi verso l'uscita mentre ci saluta con la mano. Poco dopo il mio sguardo e quello di Leo sono incastrati l'uno nell'altro, attirati reciprocamente come calamite.
"Ehi... io avrei una cosa per te."
"Cosa?"
"Un regalino... l'ho comprato quando sono arrivato qui in Inghilterra in un piccolo negozietto in centro." Prendo l'oggetto dalla tasca e allungo la mano verso di lui.
"Com'è che mi hai detto quando mi hai regalato il gufetto? 'L'ho visto, ti ho pensato ed ho deciso di regalartelo', quindi ecco qui".
Abbozzo un sorriso aprendo le dita.
"Una giraffa! Quanto cazzo le amo! Grazie!" esclama Leo abbracciandomi.
Eimane a fissare sorridente il modellino di una giraffa in miniatura che tengo sul palmo della mano.
Lo prende, gli dà un'altra occhiata, sorride nuovamente e lo mette al sicuro in una tasca ben nascosta del suo zaino. Poi mi guarda, mi abbraccia con irruenza e mi bacia lasciandomi quasi senza fiato.
"Non te l'ho comprata perché è il tuo animale preferito, ma perché dato che sei uno spilungone un po' scemo, mi sembrava giusto che l'avessi."
"Certo, certo... stronzo" mormora baciandomi nuovamente.
Poi, mentre tiene le sue mani sulle mie spalle mi osserva in silenzio, con gli occhi lucidi e le labbra tremanti.
"Leo..."
"Cosa?"
"Non lo fare."
"Non devo fare cosa?"
"Non piangere di nuovo" sussurro trattenendo a stento le lacrime.
"Mi distrugge vederti triste e non poter fare nulla per farti stare bene" dico poi a mezza voce.
"Tu non devi fare nulla, fai già tutto. Mi basta guardarti per stare bene... o anche solo pensarti. E se penso che mi pensi, sto ancora meglio."
Lo stringo forte, respiro a fondo il suo profumo, con la certezza che lui stia facendo la stessa cosa.
"Quanto sei sdolcinato."
"Lo so."
Mi prende il viso tra le dita e mi bacia. Un bacio veloce, delicato, quasi impercettibile.
Gli afferro le mani e gliele stringo, gli sorrido cercando di dirgli con lo sguardo quello che non riesco a far emergere con le parole. Lui ricambia il mio sguardo e mi sorride a sua volta. I nostri occhi si parlano ed entrambi sappiamo cosa si stanno confessando.
"Ti scrivo non appena l'aereo sarà atterrato" mormora al mio orecchio per poi sfiorare dolcemente la mia guancia con la punta del naso.
"Buon lavoro, bellissimo" aggiunge poi iniziando a muovere i primi passi verso la zona d'imbarco dei passeggeri.
"Grazie carino, buon viaggio" dico lasciandogli andare le mani.
Rimango lì a guardarlo allontanarsi lentamente, mi rivolge uno dei suoi sorrisi sghembi e scompare tra la folla.

Io e Federico ci sediamo vicini sulla metro del ritorno, ma io sono altrove. Ho la testa pesante e il senso opprimente di tristezza che fino a quel momento avevo tentato di tenere a bada ha preso il sopravvento. Sento un vuoto incredibilmente fisico e schifosamente tangibile alla bocca dello stomaco. È come se un pezzo di felicità che ho posseduto fino ad ora, fosse svanito per sempre e non potesse mai più ritornare.
Mi accorgo che i miei occhi si stanno inumidendo e con la manica della felpa corro subito ad asciugarli.
Fede appoggia dolcemente la sua mano sulla mia gamba per poi stringerla affettuosamente. Alzo gli occhi verso di lui e noto che mi sta sorridendo con gentilezza e comprensione. Ricambio il sorriso con un po' di difficoltà ma anche con profonda gratitudine, sollevato dalla sua presenza lì, al mio fianco.

Federico mi saluta scendendo alla fermata della metro vicino casa nostra. Le porte del mezzo si chiudono e il vagone riprende la sua corsa.
Tiro fuori dalla tasca il mio lettore mp3, indosso gli auricolari e avvio la riproduzione casuale, "mirrored heart" di Fka twigs arriva letale come un proiettile dritto al cuore. Non riesco più a trattenermi, chiudo gli occhi, abbasso la testa e inizio a piangere in silenzio, mentre il frastuono della metro, che in parte copre la bellissima melodia nelle mie orecchie, accompagna me e la mia malinconia verso uno dei miei lunghi ed intensi turni di lavoro in uno dei tanti ristoranti qui a Londra.

 Non riesco più a trattenermi, chiudo gli occhi, abbasso la testa e inizio a piangere in silenzio, mentre il frastuono della metro, che in parte copre la bellissima melodia nelle mie orecchie, accompagna me e la mia malinconia verso uno dei miei l...

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Mal di gioiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora