CAPITOLO 5

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Sporca.

La prima sensazione che avverto sulla pelle mentre mi stiracchio nel letto suscitando forte fitte allo stomaco. Il mio continuo sentirsi spossata e smarrita anche dopo aver dormito più del dovuto. 

La forte luce che filtra nella stanza mi fa serrare gli occhi coprendoli con le mani che durante la notte mi si erano addormentate. Provo un forte senso di smarrimento che fa vacillare la mia intenzione di alzarmi da quel calore che mi avvolge. Le pieghe della coperta mi tengono ferma mentre mi sbatto nel letto per dimenarmi quando cado per terra e gemo di dolore. Provoco una forte botta al sedere e sgrano gli occhi quando mi rendo conto che papà si trova al piano di sotto.

Aspetta ma questa non è la mia stanza! Ma dove diamine mi trovo?

Sfregando gli occhi ancora assonnati ammiro e studio la stanza in cui mi trovo: è molto più grande della mia, con mobili in legno pregiato, tende marroncino, lenzuola bianche, cuscini bianchi e marroni... Tutto bianco e marrone insomma. A completare l'arredamento è il letto matrimoniale con una testiera imbottita e cuscini di vari tipi e grandezze in disordine sparsi qua e là su cui stavo dormendo poco fa. 

Resto incantata dalla bellezza di questa stanza che la mia attenzione ricade immediatamente sull'enorme finestra alle mie spalle. Senza rialzarmi da terra mi giro di poco quanto basta e resto ammaliata dal paesaggio che ospita.

Ma è il laghetto dove rifugio i miei pensieri...

Rimango impalata con lo sguardo nel vuoto presa da pensieri e riflessioni per cercare la ragione e il modo in cui sono finita in questo posto. Non conosco questo dormitorio e mi sento così inconsueta da ricercare in me ciò che ho perso ieri sera. Magari ho soltanto smarrito la coscienza mentre papà aveva trovato nuove torture da provare sulla mia pelle. Ho ancora i muscoli del corpo dolenti, magari è per questo.

 A risvegliarmi dal tilt di pensieri inorriditi sono dei passi che provengono dall'altra parte della porta e che si apre lentamente quasi come se qualcuno sapesse che mi trovo qui, il contrario di come farebbe papà. Mi nascondo sotto le coperte che avevo portato con me cadendo sul parquet fra la finestra e il letto. Mi tremano le mani e cerco di calmare il cuore che pompa aumentando sempre di più il battito cardiaco quando sento qualcuno avvicinarsi a passi silenziosi. 

Dai rapidi respiri rischio di rimanere senza ossigeno che le coperte imbottite provocano. Con uno scatto deciso e sicuro  nonostante non sappia a cosa potrei andare incontro. Decido di levare la coperta dal mio volto abbassando istantaneamente lo sguardo sulle scarpe della persona che sta seduta sul bordo del letto proprio davanti a me. Intravedevo di sott'occhi soltanto le dita delle sue mani venose intrecciate posate fra le sue gambe.

<<Non hai intenzione di parlarmi?>> Quella dannata voce, risuona nelle mie orecchie ogni volta che la sento. Dentro di me, fuori di me, accanto a me, lontano da me. Bassa, desiderosa, malinconica e profonda. L'avrei ascolta e riascoltata ogni volta che volevo senza mai stufarmi o interromperla

 Non mi piace però, il modo in cui riesce a farmi sentire piccola e insicura senza un minimo sforzo, senza farmi niente. <<Sei davvero buffa con i capelli scombinati>> Sta ridendo di me in modo giocoso ma non m'importa perché in quell'istante in me scoppiò qualcosa di davvero strano. 

Non so come definirla, sensi di colpa mischiati a emozioni mai provati fin'ora e un bruciore che innonda tutti i miei vasi sanguigni. Farfuglia qualcosa ma non riesco a percepire cosa avesse detto. Ogni muscolo mi impedisce di poter alzare lo sguardo per ammirarlo e chiedergli cosa mi fosse successo ma tutto ciò che riesco a fare è fissare la vista sulle sue scarpe lucidate. In questo preciso istante provo vergogna e umiliazione.

I WANT YOU TO REMEMBER MY BLOOD🩸🐇Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora