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Simone aveva anche ponderato l'idea di tornare a casa, ma alle nove sarebbe cominciato il suo turno al distretto, erano le sette e trenta del mattino e lui aveva già addosso dei pantaloni comodi e una felpa. Si trovava vicino ad un parco che già conosceva e che frequentava spesso, quindi decise di fare una corsa, tornare a casa e fare una doccia prima del turno, così da ristabilire almeno di poco la routine che gli altri continuavano a intaccargli.
La corsa lo aiutò a schiarirsi la mente, la disciplina del corpo lo aiutava sempre a mettere in sesto anche quella dei pensieri e così, anche quando era un Accademia, non era raro vederlo alzarsi nel cuore della notte per stendersi sul pavimento freddo e cominciare a macinare flessioni su flessioni, solo per dare giusta pace a quel suo cervello macchinoso.
Dopo circa quaw¹ranta minuti di corsa, la fronte lucida per il sudore, si decise a tornare a casa.
Quando aprì la porta, venne investito immediatamente dall'odore del caffè appena fatto e subito l'occhio gli cadde sul tavolo di vetro, ora sgombro di qualsiasi resto della sera prima.

"Ma dov'eri?"

Jacopo se ne stava in piedi oltre l'isola della cucina, a trafficare con la moka fumante.

"Hai pulito?"

Il tono assolutamente sorpreso di Simone, fece ridacchiare il fratello, mentre recuperava due tazzine verdi dal pensile sopra di lui.

"Sì, fratellino, certo c'ho pulito, ieri sera hai lasciato 'n macello!"

Aveva i ricci scomposti, una felpa del gemello addosso di quando avevano circa diciassette anni e gli occhi ancora gonfi di sonno, quindi Simone proprio non ce la fece a ribattere per le rime. Si limitò a sbuffare una risata e a sedersi su uno degli sgabelli beige intorno all'isola.

"Dammi il caffè, vah, che poi me ne vado al distretto."

Jacopo si sedette di fronte a lui e gli passò una tazzina. Stettero semplicemente in silenzio per un po', prima che il primo accigliò lo sguardo guardando Simone.

"Sei proprio brutto stamattina, comunque."

Simone inarcò un sopracciglio e finì di bere il suo caffè.

"Abbiamo la stessa faccia, Jacopo."

"A parte 'l fatto che è palese che il più bello sono io, comunque volevo dì che c'hai 'a faccetta stanca. Problemi al lavoro?"

Simone si passò una mano sul viso e sospirò.

"No, sono solo stanco, tutto qui."

Il fratello si sporse un poi verso di lui, facendo leva sui gomiti poggiati al piano di marmo.

"Sicuro? Non è che ti trattano male? Ci vengo a parlare io co' quel Ferro, eh?"

Simone si ritrovò a sgranare gli occhi, prima di ingoiare l'ultima goccia di caffè rimasta sul fondo della tazzina.
Fece per alzarsi, stropicciando con le mani il viso stanco.

"Pe' carità, che a vedervi contemporaneamente nello stesso posto sarebbe la volta buona che mi esplode il cervello."

Si diresse verso il bagno, ignorando gli improperi del fratello alle sue spalle.

Dieci minuti dopo, anche Jacopo era vestito e pronto a uscire. Simone lo vide sistemarsi un po' nervosamente la maglietta con il logo di qualche band metal sconosciuta stampato sul petto.

"Stai andando al negozio?"

Solo in quel momento il gemello si accorse di lui e deglutì, guardandolo. Aveva l'espressione un po' corrucciata, nervosa.

"Sì, faccio come hai detto tu e vado a parlà co' Gigi."

Simone annuì e gli posò una mano sulla spalla, accennando un sorriso timido che sperò fosse di incoraggiamento.

Roma 17Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora