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Se qualcuno gli avesse detto, soltanto qualche settimana prima, che si sarebbe trovato a condividere il letto con l'ispettore maggiore Manuel Ferro, probabilmente Simone avrebbe riso.
Nervosamente, certo, ma avrebbe riso.
In quel momento, invece, mentre se ne stava steso su un fianco ad osservare i tratti dell'altro disegnarsi nella penombra come un'illusione fumosa, si ritrovò ad essere solo spaesato.
Sentiva ancora il suo sapore sulle labbra e non riusciva a pensare ad altro che a quello, per quanto provasse a liberare la mente e, effettivamente, dormire.

"Non dormi?" la voce di Manuel fu un sussurro, mentre si voltava a guardarlo con gli occhi gonfi di sonno.

Simone scosse la testa, strofinando la guancia sul cuscino. Gli sfuggì uno sbadiglio che lo portò ad incastrare il viso tra la federa e il materasso.

"È perché ce sto io? Posso andare de là-"

Il riccio fece per alzarsi, ma Simone lo fermò ponendo una mano sulla sua, poggiata al materasso.

"No" disse "Resta qui"

Manuel ignorò i brividi che gli percorsero la spina dorsale e si ristese, placido, accanto a lui, fronteggiandolo.

Tenevano le mani stese sul lenzuolo blu e le dita, nel silenzio della stanza, protette da una coltre di buio, finirono per sfiorarsi senza che nessuno dei due ne facesse parola.
Simone si addormentò in pochi minuti, cullato dal respiro regolare dell'altro, mentre Manuel restò per un po' a guardarlo, intrecciò le loro dita e si addormentò con lui.

Il mattino seguente, Simone si svegliò che il lato del letto accanto al suo era freddo: cosa piuttosto strana, considerando che il primo a svegliarsi, di norma, era sempre lui.
Pensò che Manuel se ne fosse andato, che tutto ciò che c'era stato poche ore prima altro non fosse che l'effimera produzione della sua mente stanca; ma poi, un odore lo fece ridestare del tutto. Era dolce, avvolgente e caldo.
Quando si mise a sedere, individuò subito la tazza azzurra poggiata sul piccolo tavolino accanto a lui.
L'infuso era ancora caldo e, soprendentemente, era anche il suo preferito.
I fiori di ibisco essiccati avevano colorato l'acqua di rosso vivo e appena ne prese un sorso, sentì il lieve pizzicore che gli stava tormentando la gola, svanire per un attimo.

Dal corridoio, poté sentire il ritmo sostenuto di una canzone che gli sembrava familiare e, una volta affacciatosi alla cucina, ritrovò Manuel, con i capelli scompigliati, intento a trafficare qualcosa, mentre cantava quella che riconobbe essere Dicono di me di Cesare Cremonini.

"Pure cantante, ora" rise, mentre avanzava verso l'isola e si sedeva proprio dietro all'altro, ancora di spalle.

Quando si voltò, Manuel aveva la moka tra le mani e la tratteneva come fosse una reliquia. Rise anche lui e versò il caffè in due tazze.

"Ce stanno molte cose che nun sai di me, Balè."

Simone sorrise e prese un altro sorso di infuso.

"E comunque tu lo sei, una strega drogata e truccata e piena di sé", nascose il sorriso dietro al bordo della tazza.

L'altro lo osservò con un sopracciglio sollevato e schioccò la lingua sul palato, prima di sedersi di fronte al corvino.

"Per informazione tua, al momento so' struccato e sì, la mia pelle è perfetta, lo so" si passò una mano sulla guancia, con riverenza "Per il resto, non posso dissentire."

E Simone rise, mentre Manuel si fermava ad osservarlo per un attimo. Quando la risata scemò, si ritrovò gli occhi dell'altro su di sé, prima che questo si sollevasse sullo sgabello facendo leva sulle gambe.
Raggiunse il viso del corvino all'altro lato dell'isola e gli scoccò un bacio rumoroso sulle labbra, prima di vezzeggiare il labbro inferiore con la punta della lingua. Soddisfatto, si ritrasse e si sedette di nuovo, comodo sullo sgabello, lasciando Simone con gli occhi spalancati e le gote sempre più arrossate.

Roma 17Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora