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Il tipo accusato di frode e riciclaggio stava correndo e a Manuel faceva ridere, perché gli ricordava tremendamente un pinguino.
Si fermò per un attimo a guardarlo e si fece sfuggire un risolino, prima di essere strattonato da Simone che, con un cipiglio severo, lo esortò a muoversi.
Guardò l'altro fare uno scatto in avanti e raggiungere, in una sola falcata delle sue gambe chilometriche, la spalla del tipo che probabilmente stava già esultando dentro, visto che aveva appena afferrato la maniglia bianca della portiera di un taxi.
Sfortunatamente per lui, Simone fu più veloce e lo spinse contro suddetta portiera.
Manuel deglutì guardandolo e notando come anche quel giorno la giacca stringesse sull'ampiezza delle sue spalle.

"Ferro? Che fai lì impalato? M'aiuti?"

Il riccio si ridestò in un attimo sotto lo sguardo confuso del più alto e si affrettò a staccare un paio di manette dal gancio, per poi avvicinarsi e, in silenzio, incastrarle ai polsi dell'uomo incastrato tra la portiera e il corpo di Simone.
Fortunato, avrebbe detto qualcuno.

"Ma che hai oggi? Ti incanti"

Manuel si girò a guardare Simone e evidentemente si incantò di nuovo, perché il tizio davanti a lui ululò un lamento e: "Sono strette oh!"

Si affrettò ad allargare il gancio e a distogliere lo sguardo dalla sua maggiore distrazione, che intanto continuava a guardarlo confuso.
Fece spostare Simone con una mano posata sul braccio e lui, docile, si scostò subito, ma nessuno dei due diede peso a quel dettaglio.
Con una lieve spinta, fece sollevare il tipo e lo esortò a camminare verso la macchina d'ordinanza, con il corvino accanto a lui, il respiro lievemente accelerato per la corsa appena conclusa.
Il quarantacinquenne che camminava a stento davanti a loro continuava a lamentarsi e a borbottare cose sconnesse, ma Manuel era perso ad osservare l'ombra sua e di Simone che,
a tratti, si univano sul marciapiede lercio, per notare che quello si era fermato per protestare ancora e gli finì addosso.
Di nuovo, sentì lo sguardo indagatore di Simone su di sè, ma non gli diede il tempo di commentare, che poggiò una mano sulla schiena del tipo ammanettato e lo esortò di nuovo a camminare, come niente fosse.

"'Namo, che dopo sta bella maratona, sarai pure stanco eh"

Non era proprio un'uscita brillante, ma era il meglio che riusciva a fare, con gli occhi dell'altro sempre puntati su di sè.
Era irritante, perché Manuel non era mai stato un tipo insicuro, la sua vita se l'era guadagnata a morsi e non si era mai voltato indietro. Era sicuro di sè, riusciva ad incantare gli altri solo col potere di qualche parolina ben piazzata ed era sempre stato così. Fino a quando quei due occhi enormi da bambi lo avevano inchiodato sul posto anni prima ed era sempre stato l'unico a renderlo incapace di ribattere, soprattutto negli ultimi tempi. Dopo aver visto la parte più vera di Simone, Manuel non era più riuscito ad ignorarla.
Dopo aver visto com'era capace di dare affetto, non era più riuscito a non vederlo.

Mentre faceva salire l'uomo in auto e Simone stava per aggirare la stessa per mettersi al posto di guida -aveva recentemente stabilito che non avrebbe più viaggiato su un auto guidata da Manuel- il telefono del maggiore vibrò nella tasca dei jeans e lui si affrettò a tirarlo fuori appena chiusa la portiera.
Letto il nome sullo schermo, si affrettò a trascinare l'icona verde.

"Chì?", con il telefono tra la spalla e la guancia, aprì la portiera del passeggero e si infilò in auto, proprio accanto a Simone che si stava allacciando la cintura di sicurezza.
Gli passò la sirena d'ordinanza mentre l'altro stava già allungando la mano per prenderla da solo e si guadagnò un sorriso timido, di quelli che lo facevano sciogliere.
Intanto, Chicca gli parlava nell'orecchio destro.

"-e quindi domani è 'l compleanno de Matteo. Che famo?"

Manuel gettò un'occhiata alla data riportata sul display ed effettivamente sì, il giorno dopo sarebbe stato il compleanno di Matteo.

Roma 17Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora