Quando Manuel si avvicinò all'auto d'ordinanza, Simone era già al posto di guida ed era quasi sicuro che, non fosse che per ragioni logiche dovessero essere insieme, se ne sarebbe già andato.
Invece, se ne stava seduto, con la cintura già allacciata e le nocche bianche di quelle dita ancor più bianche, strette al volante liscio."Con calma, eh" mormorò, quando Manuel aprì la portiera e fece per entrare.
Questo sospirò e roteò gli al cielo, prima di lanciargli con poca grazia sul grembo un raccoglitore con la copertina di plastica dura blu, che Simone guardò come fosse il Sacro Graal.
"Lo avevi dimenticato sulla scrivania. Lo so che ti serve."
Ed era vero, gli serviva.
Che con i suoi schemi sotto agli occhi stava più tranquillo e aveva la sensazione di avere la situazione sotto controllo.
Deglutì, guardando i segnapagine colorati che uscivano dal bordo dei fogli e farfugliò un 'grazie' sommesso.
Lo ringraziava per averglielo portato, ma anche semplicemente perché sapeva che lo avrebbe tranquillizzato. Perché lo conosceva.
Manuel non si degnò di rispondergli mentre si sistemava meglio sul sedile e si allacciava la cintura di sicurezza.Il viaggio fu silenzioso e carico di tensione: entrambi si guardavano di sottecchi, non parlavano o semplicemente si ignoravano, fino a che, quando Simone fermò l'auto a poche centinaia di metri dal luogo dello scambio, Manuel sbottò.
"Se può sape' che è successo?"
Simone deglutì e strinse il volante dell'auto ormai ferma.
"Niente"
"E non è vero niente, Simò, perché te nun me parli!"
"Nemmeno tu, mi pare"
"Perché hai fatto lo stronzo!"
Il corvino alzò gli occhi al cielo e appoggiò la nuca al sedile.
Gettò uno sguardo all'orologio al suo polso e si rese conto di essere in anticipo: era bloccato in quell'auto per altri dieci minuti."Non mi sembra il momento di parlarne, Manuel."
Il riccio sbuffò una risata amara: "A me sì, perché lì dentro, così, nun ce entro"
"Manuel-" sembrava quasi una preghiera, a lasciar perdere forse, che nemmeno lui sapeva bene cosa avrebbe dovuto dirgli.
Che tanto lo sapeva, che anche se fosse stato adirato, avrebbe sempre guardato le spalle dell'altro e di lui si fidava abbastanza ciecamente da non dover affrontare quell'argomento in quel momento.
Era però evidente che Manuel non fosse dello stesso avviso, perché si sporse di più verso di lui e lo guardò dritto negli occhi."Simò, parlami"
Il parcheggio intorno a loro era vuoto, il terriccio polveroso si alzava ad ogni sbuffo di vento in una nuvola bianca e, al di là dell'inferriata, si stagliava il piccolo prefabbricato fatiscente dove di lì a poco, avrebbero fatto irruzione.
Pensò che, con il suo lavoro, ogni giorno potesse essere l'ultimo, ogni respiro poteva essere l'ultimo respiro.
E poi pensò alla mano di Alice sulla spalla di Manuel, alla fitta allo stomaco che aveva avvertito, alla gelosia divorante del non detto, e sentì le gote andare a fuoco."Mi pare tu abbia parlato abbastanza oggi, no? Senza impegno, giusto?"
Manuel aggrottò le sopracciglia e sganciò la cintura di sicurezza per voltarsi meglio verso l'altro.
Il sedile cigolò un po' sotto il peso delle sue gambe piegate."Simò, io non ti capisco!"
E quella frase bastò ad aprire gli argini.
Entrambi sentirono una lieve interferenza all'auricolare, come un ronzio brevissimo, a cui però non fecero caso, perché troppo impegnati a gestire ognuno l'altro.
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Roma 17
FanfictionSimone e Manuel ispettori di polizia, si sopportano molto poco e si punzecchiano molto spesso.