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Avete presente la sensazione di non essere adeguati, quasi inutile per il mondo in cui stiamo? Be', io si e lo provo costantemente sulla mia pelle ogni giorno, come un ombra che mi perseguita dappertutto.
Senti un vuoto allo stomaco, gli occhi ti bruciano, la percezione di morire ti pervade il corpo, nutrendosi delle tue cellule neuroetiche, iniziando a far casino come se i tuoi pensieri fossero delle scartoffie di un ufficio disordinato. Il caos più totale, ti senti il rifiuto della società, non riesci più a sentirti unico, ma allo stesso tempo ti senti diverso da tutti e la tua vita ti si sgretola diventando sabbia, sentendo sulla tua pelle il ribrezzo che provano le persone per te. Ti senti morire, non riesci a reagire e forse le persone si aspettano ciò, ma tu sei diverso e diventi un tutt'uno con quelle parole che ti associano che magari neanche siano vere, eppure, le sentì addosso come tatuaggi che bruciano costantemente. Preferirei essere pestato a sangue? Non lo so, rispondo che non farebbe differenza.
Non sono una persona malata, sentirmi associare questo aggettivo poco carino su di me mi rendeva impotente e non mi sarei mai immaginato che una cosa bella si potesse trasformare in brutta. Ero pentito di essermi spogliato delle mie insicurezze con Josh.

Volevo punirmi per il mio errore, era la mia via d'uscita per perdonarmi, avevo la necessità di redimermi dal mio peccato.
Il mio polso non ha più spazio per un altro taglio, quindi mi spoglio davanti lo specchio di camera mia, provavo ribrezzo nel vedere il mio riflesso.
Inizio a incidere sulla clavicola destra, passo in seguito al petto e poi al ventre.
Esausto mi dirigo alla doccia, per togliermi quell'umiliazione che mi ha recato Josh, per altri sarebbero solo parole, per me coltellate al cuore, e il mio non ne poteva più.

Era di nuovo il momento di ritornare dalla psicologa, un modo per distrarmi, evitare Josh e le sue chiamate insistenti da quel giorno che vorrei cancellare. Mi ha ferito nel suo essere indelicato.
Erano passati tre giorni, uscito da scuola mia madre passa a prendermi per accompagnarmi dalla psicologa, lì volevo evitare Ethan che da quell'episodio nel bagno pubblico della struttura continua ad inondarmi di messaggi su Instagram. Non ho neanche letto un suo messaggio.

Saluto mia madre che mette in modo e se ne va, lasciandomi da solo davanti a quel enorme portone di vetro che tanto odio. Ero già pentito di esserci ritornato.
Entro nell'ascensore che viene immediatamente bloccato prima ancora che io cliccassi il pulsante per salire.
«Oh, ancora tu eh!» esclama Ethan contento.
«Si... ancora io» ribatto.
«Be', ti sono arrivati i miei messaggi?» domanda.
«No» rispondo in toco fermo.
«Se vuoi ti do il mio nume-» non lo faccio finire perché ero stanco di ascoltarlo.
«No, non lo voglio il tuo cazzo di numero!» urlo fin quando non si riaprono le porte dell' ascensore.
Non aveva più proferito parola, neanche per dire la sua quando veniva richiamato dalla psicologa, era molto strano.

«Bene ragazzi, domani affronteremo di nuovo l'argomento dei cinque sensi, arrivederci» esordisce la psicologa incitandoci ad andare via e sparire dalla sua vista. Anche lei ci odia.
Esco dalla struttura con Ethan che mi pedina, per di più fuori trovo Josh, con una felpa nera, dei jeans larghi e i suoi anfibi.
Era accostato qui fuori sicuramente per me, oltre Ethan adesso ho pure lui che mi perseguita, ma cerco di ignorarlo in vano.

«Ehi aspetta Giordan» mi chiama da dietro.
«Senti Josh, vattene dalla mia vista» sbraito.
«Volevo chiederti scusa per ciò che è successo» ribatte.
«Tranquillo, ormai è acqua passata, amici come prima» dico.
«Beh, non voglio essere un tuo amico» dice mimando le virgolette sulla parola "amico".
«Ho un fidanzato Josh, quindi va via» lo invito a salire in macchina.
«E chi sarebbe?» domanda.
«Ehi amore è stato bello la scorsa settimana eh, molto eccitante» interviene Ethan.
«Amore?» domando fulminandolo con lo sguardo. Se c'era qualcosa che odiavo di più erano questi inutili nomignoli.
«Si, amore» insiste stampandomi un bacio sulle labbra inaspettato.
«Chi è questo ragazzo?» domanda riferendosi a Josh.
«Una persone che sta per andare via» rispondo alla domanda di Ethan.
«Ciao Giordan, ci si becca a scuola» mi saluta entrando in macchina e mettere in moto di fretta e furia.
Dall'altra parte della strada intravedo l'auto di mia madre e scostando il braccio di Ethan che poco prima mi si era poggiata sulle spalle la raggiungo, salendo in macchina impaziente di rinchiudermi nella mia camera da letto.
«Giordan...» sento il mio nome uscire dalla bocca di mia madre come fosse sul punto di crollare.
«T-tu sei gay?» Domanda ormai in lacrime.
«No, non rispondere, sappi che le mie lacrime non sono di dispiacere, ma me ne rendo conto solo ora di quanto io sia stata ingiusta nei tuoi confronti, non capendoti a pieno e ciò che stessi affrontando nella tua vita» dice tra un singhiozzo e l'altro.
«Scusami figliolo, andiamo a casa» aggiunge girando la chiave dell'auto.
Ero sbalordito, incredulo delle parole che forse avrei voluto sentirmi dire da un sacco di tempo e mi scappa una lacrima che scivola sulla mia guancia per l'emozione che sto provando in questo istante.
Forse mi aspettavo un'altra reazione da parte sua, una di quelle dure, dove la madre rimane indignata e forse avrebbe voluto il figlio morto per la vergogna.

The Rose Of A LiarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora