18.

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Non era mia solito passare al contrattacco così, senza avere un minimo di ripensamento o la capacità di pensare a quale altra vendetta possibile ci possa essere, sono accecato dal rancore e ho paura di perdere mia madre, poteva anche ucciderla, il loro matrimonio è una farsa per arrivare al denaro.
Non era mío solito pianificare un omicidio, ero più da suicidio, ci pensavo sempre, ma questa volta volevo vivere ma, senza quell'uomo nelle nostre vite. Se dovevo scegliere, ero pronto a sacrificare la sua vita per la nostra.
Questa vita è stata ingiusta, mi ha strappato da mio padre, fatto imbattere in persone che mi hanno solo usato, ero stanco delle mezze verità e voglio essere l'unico padrone di me stesso, senza sperare che qualcuno mi salvi, dovevo farlo da solo.

Ho evitato Simon per un paio di giorni, dovevo essere prudente, ed io non lo ero affatto, sono impulsivo e avrei potuto scagliarmi addosso a lui da un momento all'altro, dentro di me regnava il rancore assoluto. Avevo smesso di andare nuovamente dalla psicologa, una breve pausa da quel posto e da Ethan, che era in costante ricerca di riconciliarsi con me.
Sono nel giardino della scuola, a parlare con gli altri, non stavo con loro da tempo, li evitavo, anche se è grazie a loro che ho potuto integrarmi nel modo giusto, non erano i più popolari, ma era il gruppo che più ispirava leggerezza di tutto il corpo studentesco, erano diversi da me, ma neanche tanto.
Non so cosa ne sarebbe rimasto di me, una volta ucciso Simon o se lui riuscirà a farmi fuori ancor prima che io possa provarci, tra i tutti modi possibili, non ne trovato qualcuno che non mi indulgesse a sporcarmi le mani, c'era un perché, se mi ero di nuovo avvicinato agli altri, volevo stare con Josh senza dargli la speranza di illudersi, anche se ci siamo dati appuntamento a casa sua questo pomeriggio, per "parlare", e ciò che avevo promesso a lui.
Guardavo le lancette dell'orologio, che nel totale silenzio in classe per via di un compito a sorpresa che non ho volutamente completare, non ero preparato, la mia quotidianità ha di nuovo influito sulla mia vita scolastica, i miei voti erano calati tantissimo, tra il distrarmi in classe e le mie assenze continue.
Prima che terminasse il compito, Nicole, la ragazza esuberante e pettegola di tutta la classe, non che la mia nuova amica da quando sono in questa città mi ha aiutato a rispondere a qualche domanda, non avrei preso la sufficienza, ma quasi.
Ero in macchina con Josh, per andare a casa sua, che in un paio di minuti raggiungiamo, avevo dei ricordi qui, nel suo letto, pochi, ma c'erano e non erano dei brutti ricordi, anche se ero ubriaco marcio.
Vedo che qualcosa in Josh lo turba, ha lo sguardo afflitto, pieno di tristezza, sembrava a me leggibile tanto quanto un libro di favole, ciò che provava lo percepisco come se dentro provassi le sue stesse cose e mi rende irrequieto.
«Che c'è che non va?» domando. Volevo essere una persona migliore, potevano essere i miei ultimi giorni infondo.
«Oh, nulla, ho smesso di assumere stupefacenti e il mio corpo reagisce in questo modo, non farci caso» risponde recandomi un grande stupore.
«È un ottima cosa Josh, no?» Cerco di farlo sentire meglio, sfoggiando uno dei miei sorrisi più sghembi.
«Lo è, da una parte, dall'altra mi sta divorando dentro il desiderio, ma lo devo a mia sorella, mi ha visto mentre estraevo l'ago della siringa dal piede» mi informa struggente. Era una spiacevole notizia per sua sorella, non sarà stato bello vedere il proprio fratello farsi di chissà quale sostanza, rischiando la morte per un po' di estasi, anch'io stavo intraprendendo una strada come la sua, ma ho posto dei limiti e non andare oltre a cose che potrebbero nuocermi gravemente.
«Non ti preoccupare, spero tu possa riuscire a smettere per sempre e rendere orgogliosa tua sorella» cerco di rassicurarlo, stringendo la sua mano.
Quel tocco fa scattare quel brivido di piacere, Josh prova a baciarmi, ricevendo esitazione da parte mia, che poi lascio scivolare via, come i nostri vestiti, che si spargono per tutta la stanza, mi distendo sul suo letto scomodo, era duro, quanto le nostre eccitazioni, ma non mi importava, Josh inizia a lasciarmi baci languidi su tutto il corpo, continuando a scendere, per regalarmi piacere. Mi piaceva il sesso, era privo di pudore, potevi abbandonarti alle tue fantasie più profonde, quelle meno caste, era un piacevole affanno che ti riempiva l'anima di goduria, arrivando all'apice delle tue capacità.
Sfiniti ci accasciamo uno sull'altro, ero piacevolmente soddisfatto, era difficile sentirmi pienamente appagato dal sesso, sarà che questo non era proprio una semplice scopata, ma bensì qualcos'altro, non volevo scoprirlo, voglio godermelo e basta.
Josh smette di di esplorare con le sue mani grandi tutte le mie cicatrici, non facendo nessun tipo di domande scomode e si alza per una doccia veloce, era il momento di attuare il mio piano e non era quello di far sesso con Josh, sono venuto per un'altro interesse: la pistola che nascondeva nel suo cassetto.
Quando il getto della doccia parte, inizio a togliermi le lenzuola di sopra, buttandomi a capofitto sul cassetto, frugando tra la marea di fogli e libri di scuola, alla ricerca di ciò che cercavo, mi allarmo non trovandola dove l'ultima volta l'avevo lasciata.
«L'ho fatta sparire, dopo l'ultima volta che l'hai trovata» mi coglie di soppiattò Josh. Era accostato sulla soglia della porta del bagno, con solo un asciuga mano in vita, rimanendo inerme al suo fascino.
«Era questo il tuo scopo nella aver accettato il mio invito? Fare l'amore con me era un diversivo o cosa?» mi riempie di domande, con amarezza e delusione.
«No, non avresti capito le mie intenzioni e le mie ragioni...» rispondo ormai rassegnato.
«Non era previsto che io e te doveva...» faccio un respiro profondo, per il seguito della parola che non mi aspetto di pronunciare.
«dovevamo fare l'amore» aggiungo.
«Bastava semplicemente parlarmene, avrei compreso oppure discusso, ma che ti costa cercare di farti aiutare Giordan!?» esclama con dissapore.
«Hai ragione, mi serve per uccidere Simon, prima che lo faccia lui» rispondo, cercando di non pentirmene in seguito di questa confidenza.
«Sei impazzito?» Urla. Avevo pienamente sospetto della sua reazione.
«Tu non capisci, potrebbe rischiare la vita anche mia madre» provo a dissuaderlo affinché mi ceda ciò che voglio.
«Ma uccidere una persona, non è una cosa semplice, ci vuole sangue freddo e portarsi un peso enorme alle spalle, lo capisci?» prova a farmi ragionare.
«Lo so...» rispondo consapevole del peso che dovrò portarmi tutta la vita.
«Io posso anche dartela, ma non per questo scopo, fatti aiutare a spaventarlo, ma non a sporcarti le mani di sangue, condannandoti a una vita infelice» dice prendendomi le mani, stringendole saldamente alle sue, convincendomi che col lui potevo farcela. Non sapeva che, la mia vita era già infelice.

The Rose Of A LiarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora