La città di Londra brulicava di vita, un flusso e riflusso costante di persone che si muovevano per le sue strade. Era una giornata umida di maggio, il tipo di giornata che barcollava sull'orlo del disagio: troppo calda per i vestiti pesanti, ma non abbastanza calda per quelli leggeri. Phil, con i suoi capelli scuri e gli occhi cupi, camminava tra la folla indaffarata, i suoi pensieri un turbinio di ricordi ed emozioni.
Phil era un artista, il cui lavoro aveva attraversato secoli. I suoi dipinti furono elogiati e ricercati, ma la firma su ogni pezzo era cambiata nel corso della sua vita. Nessun uomo poteva vivere così a lungo senza destare sospetti. Quindi, Phil dipingeva sotto vari nomi, riversando il suo cuore e la sua anima nella sua arte come se fosse l'unica cosa che poteva fare al mondo. In molti sensi, lo era. L'amore lo aveva abbandonato, lasciando l'arte come unica compagna, unica costante immortale nella sua esistenza eterna.
In giorni come questo, quando il peso della sua immortalità gravava su di lui, Phil trovava conforto nelle sue opere segrete: dipinti che aveva nascosto, dimenticati dal mondo ma ricordati vividamente da lui. Queste opere erano sparse in gallerie e collezioni private, pezzi della sua anima lasciati in momenti di profonda emozione.
Quel giorno, il giovane uomo provava una profonda tristezza e risentimento, emozioni diventate fin troppo familiari nel corso dei secoli. Nel tentativo di sedare il tumulto nel suo cuore, decise di visitare una delle sue mostre, per riconnettersi con i frammenti del suo passato che giacevano nascosti in bella vista. La galleria più vicina era a Londra, un luogo dove erano esposte alcune delle sue opere più antiche e amate.
La galleria era un rifugio tranquillo dal caos cittadino, le sue sale fresche e scarsamente illuminate si riempivano del dolce mormorio degli ammiratori e del vago profumo di legno vecchio e vernice. Phil si muoveva tra le mostre con disinvoltura, i suoi occhi scrutavano ogni dipinto, ogni pennellata ricordava un tempo diverso, una vita diversa.
Si fermò davanti a un dipinto particolare, che aveva sempre avuto un posto speciale nel suo cuore. Era datato 1590, epoca in cui era stato un altro uomo con un altro nome. Il dipinto raffigurava se stesso, un gatto calico appollaiato serenamente sulle sue ginocchia e una donna con occhi cerulei che sembravano perforare la tela. I suoi capelli rossi le cadevano attorno come un'aureola infuocata, la sua presenza radiosa e calda anche nei confini dell'inquadratura.
Il cuore di Aiden soffriva mentre i ricordi riaffioravano, vividi e chiari come se fossero accaduti ieri. La donna nel dipinto era Sole, l'anima del sole che aveva amato e perso. I suoi occhi, quegli occhi unici e indimenticabili, erano gli occhi della sua anima gemella, l'amore che aveva cercato per tutta la vita.
Ricordava la prima volta che aveva incontrato Sole, la sua risata come musica, il suo spirito luminoso e feroce come il sole che incarnava. Avevano condiviso un amore appassionato e divorante, un amore che gli aveva dato speranza in un mondo pieno di dolore. Ma come tutti i soli, il tempo di Sole era stato fugace. Aveva bruciato intensamente e poi se n'era andata, lasciando Phil a piangere la sua perdita per secoli.
In piedi davanti al dipinto, Phil avvertì la familiare fitta di dolore. Allungò la mano, le dita sospese appena sopra la superficie della tela, come se potesse toccare il suo ricordo, riportarla in vita. La gatta calico del dipinto, amata compagna di quel periodo, sembrava guardarlo con occhi sapienti, come se comprendesse il suo dolore.
Mentre era lì, perso nel passato, una voce interruppe le sue fantasticherie.
<<È un bellissimo dipinto, vero?>>Phil si voltò e vide una giovane donna in piedi accanto a lui, con gli occhi fissi sulla tela. Aveva un sorriso gentile, la sua presenza calda e confortante. Per un momento, Phil vide qualcosa di familiare nella sua presenza.
<<Sì—rispose freddamente—È uno dei miei preferiti>>
La donna lo guardò, con curiosità negli occhi. <<Conosci l'artista?>>
Phil esitò, con un piccolo amaro sorriso sulle labbra.
<<In un certo senso, suppongo di sì>>Guardò di nuovo il dipinto, la sua espressione pensierosa. <<È come se l'artista catturasse un pezzo della sua anima in questo lavoro. Le emozioni sono così reali>>
Phil annuì, il cuore pesante per la verità delle sue parole. <<Lo ha fatto. Ogni dipinto è un pezzo della sua anima>>
Rimasero in silenzio per un momento, entrambi persi nella bellezza e nel dolore del dipinto. Phil sentiva uno strano legame con la donna accanto a lui, come se il destino l'avesse portata lì in quel momento per una ragione.
<<Sei un intenditore. Sei uno studente di Belle Arti? Io sono Daisy>>disse, tendendo la mano.
Phil le afferrò la mano velocemente, sentendo un calore che sembrava penetrare nel suo stesso essere.
<<Phil>>rispose.