12.Il pesò dell'immortalità

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Phil si ritrovò a vagare per i sentieri familiari del parco, con la mente un mare tumultuoso di ricordi e rimpianti. In preda a uno dei suoi esaurimenti, aveva inconsciamente gravitato verso la panchina dove lui e Daisy erano soliti sedersi. Rendendosi conto di dove si trovava, si sedette pesantemente, sentendo opprimere su di lui il peso della sua esistenza secolare.
Il cielo sopra era di un grigio opaco, rispecchiando la tempesta dentro di lui. Alzò lo sguardo e lo imprecò in silenzio, i suoi occhi riflettevano una luce che da secoli non era stata offuscata dalle lacrime. Il suo corpo si era abituato al dolore costante della perdita e del desiderio, tanto che aveva dimenticato come piangere. Invece il dolore era una presenza costante, come una vecchia ferita mai rimarginata.

<<Maledetto è il giorno in cui ho deciso di fuggire dal cielo per amare>>mormorò tra sé, le parole appena udibili. <<Un amore impossibile, un amore condannato.>>

Pensò a Daisy, alla luce brillante che aveva portato nella sua vita e alla maledizione che minacciava di spegnerla. Cosa accadrebbe a lei e alla sua famiglia se il cielo decidesse di punirli nuovamente? Nessuno di loro meritava il dolore che ciò avrebbe causato. Il pensiero gli contorse le viscere, facendolo sentire male dal senso di colpa e dalla paura.

<<Forse allontanarla era l'unico modo per vederla—sussurrò—Da vicino, verrebbe solo uccisa. Posso amarla e proteggerla da lontano. È tutto ciò che mi resta.>>

Seduto sulla panchina, Phil tirò fuori il suo quaderno da disegno, con le dita tremanti mentre iniziava a disegnare. Le linee sulla carta presero lentamente forma, formando l'immagine di un uomo. Il volto di quest'uomo era un ritratto di angoscia e furia, uno specchio delle emozioni che aveva visto negli occhi di Daisy durante il loro ultimo incontro.
Il disegno era crudo e intenso, catturando l'essenza stessa del dolore di Daisy e della sua stessa disperazione. Ogni tratto della sua matita era un urlo silenzioso, una testimonianza del tumulto dentro di lui. Mise il suo cuore nell'immagine, come se così facendo potesse espellere parte dell'oscurità che lo perseguitava.
Mentre il quadro si avvicinava al completamento, Phil lo fissò con le mani tremanti. Quel disegno, la rappresentazione del dolore di Daisy, gli sarebbe servito come promemoria. Un promemoria del motivo per cui aveva bisogno di mantenere le distanze, perché non poteva permetterle di avvicinarsi.

Con un profondo sospiro, chiuse l'album da disegno e lo rimise nella borsa. Si guardò intorno nel parco, provando un profondo senso di vuoto. Le risate dei bambini, il cinguettio degli uccelli, persino il fruscio delle foglie nel vento: tutto sembrava distante e silenzioso, come se il mondo andasse avanti senza di lui.
Phil si alzò, sentendo il peso della sua decisione opprimerlo come un peso fisico. Sapeva che non poteva restare lì, non poteva soffermarsi su ciò che avrebbe potuto essere. Aveva bisogno di trovare un modo per convivere con le sue scelte, per proteggere Daisy dalle ombre che incombevano sul loro amore.
Mentre si allontanava dalla panchina, i suoi pensieri tornarono al dipinto che aveva appena iniziato. Non era solo un promemoria; era una promessa a se stesso. Una promessa che avrebbe sopportato il dolore, la solitudine, il crepacuore, se ciò avesse significato tenere Daisy al sicuro. L'avrebbe amata da lontano, l'avrebbe protetta nell'unico modo possibile.

Tornando al suo studio, Phil allestì una nuova tela. Iniziò a dipingere, ogni pennellata era una manifestazione del suo dolore e della sua determinazione. L'immagine dell'uomo, pieno di rabbia e tristezza, emerse lentamente sulla tela. Era il suo modo di affrontare la situazione, di incanalare le sue emozioni in qualcosa di tangibile.

Dipingeva fino a tarda notte, le ore scivolavano via inosservate. Quando finalmente fece un passo indietro per guardare il suo lavoro, vide non solo rabbia e tristezza, ma anche speranza. La speranza che, un giorno, possa trovare un modo per spezzare la maledizione. La speranza che, anche se non avrebbero mai potuto stare insieme, potesse trovare pace nel sapere che Daisy era al sicuro e felice.

Per ora, però, avrebbe dovuto accontentarsi di amarla a distanza. Era tutto ciò che gli restava e vi si sarebbe aggrappato con tutte le sue forze.

Il paradosso degli innamoratiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora