Capitolo 7

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    Nella grande casa regnava un silenzio assoluto e l'atmosfera che si era spontaneamente creata nella sala da tè risultò essere perfetta al proseguimento del racconto di Apollineo. Nessun rumore, nessun disturbo, nessun orario da rispettare. Tra i tre amici vi era un tacito accordo sentitamente condiviso: si sarebbe andati avanti ad oltranza senza far caso al trascorrere della notte e del giorno finché il racconto dei due giovani amanti fosse giunto a conclusione. Non era ormai più possibile per nessuno dei tre interrompere l'idilliaca sintonia che si era creata tra quelle nature tanto opposte quanto affini, si potrebbe in fondo asserire che insieme formassero la triade perfetta dello spirito del mondo: la ragione, l'istinto, il pregiudizio. Ai servitori fu ordinato di ritirarsi e di non recare disturbo per nessun motivo. Fu inoltre chiesto di portare tutto il necessario per preparare del tè in modo da non doversi allontanare neanche per un attimo. Le tende che vestivano le grandi finestre furono aperte perbene cosicché la luce della luna potesse illuminare la stanza in ogni angolo accompagnata nella sua missione soltanto da due candele poste al centro di un elegante tavolino in legno pregiato e magistralmente intarsiato, sul quale si trovavano inoltre le poche cose di cui avrebbero necessitato durante la notte: dell'acqua, dei biscotti, del tè per l'appunto e uno strano strumento che subito catturò l'attenzione di Apollineo e ancor più di Sotecra.   

    «Ditemi Doinìs, fate anche voi uso di oppio vero?»    

    «Mio caro Apollineo, spero che ciò non la turbi. L'atmosfera, l'ambiente, il suo racconto, sono una cornice perfetta e non posso davvero lasciare che questa situazione non sia coronata dal più sublime dei miei vizi. Ebbene conosce l'oppio?»   

     «Certo. Lo conosco ahimé e posso solo affermare che ha contribuito senza dubbio alla distruzione della vita di Maya. Ma che questo non vi impedisca di sentirvi libero.»    

    «La ringrazio, apprezzo molto che non voglia limitarmi nella mia libertà e comunque, perdoni la mia franchezza, ma ne sento talmente il bisogno che non avrei accettato alcun tipo d'impedimento. Anzi, qualora lo vogliate, ce n'è per tutti.»    

    «Vi ringrazio, ma io non ne prenderò e credo che Sotecra sia della mia stessa opinione. Piuttosto, non ho mai visto un arnese più bello di questo per farne uso, ricordo che Maya ne utilizzava uno simile nella forma ma molto, molto più modesto e di fattura poco raffinata. Ditemi, vi prego, che provenienza ha il vostro kiseru, perché è così che si chiama vero?»   

    «Esattamente! È un kiseru corto, lo preferisco perché è più maneggevole e senz'altro molto discreto, ha attraversato il mondo per giungere a me, proviene dal Giappone dove è molto in voga, anche se quasi esclusivamente tra gli uomini, o almeno così dovrebbe essere. Infatti, pare che lì sia ancora più sconveniente che una donna fumi. Il bocchino e il braciere sono in argento massiccio e la parte centrale è in bambù. Guardate bene con quale maestria e raffinatezza è stato inciso, non trovate? Dove si poggiano le labbra sono stati riprodotti graziosi ed esotici motivi floreali tipici delle terre ad Oriente e dove brucia l'oro dei sensi è raffigurata una piccola farfalla che, devo confessarvi, non di rado mi riesce di vedere volare. Ah, ah!»    

    Al riso di Doinìs si unirono disinvolti anche Sotecra e Apollineo, che però decisero di non prendere parte a quel rituale entrambi con una precisa motivazione. Il primo, il rigido, il dotto e riflessivo non volle farlo più per coerenza con il suo atteggiamento che perché non ne fosse segretamente attratto, il secondo invece, il caro e pacato Apollineo non desiderava riportare alla mente e al corpo antiche sensazioni giovanili in cui un tempo si era lasciato trasportare dalla sua musa e che forse lo avrebbero reso ancora più malinconico. Osservarono quell'arnese che tanto somigliava ad un piffero leggero e prezioso, seducente e ambiguo e che intrattenne per qualche minuto i tre amici mentre si confrontavano sulle informazioni reciproche circa la provenienza dell'oppio e la sua diffusione in Occidente. Doinìs poté così sfoggiare tutto il suo sapere riguardo tale argomento e sentirsi quindi padrone indiscusso della situazione. Certo anche il professore avrebbe potuto vantare oscuri e altalenanti trascorsi, ma la sua esperienza era da considerarsi perlopiù una fase di giovanile incoscienza e leggerezza. Doinìs invece con fierezza descriveva la sua vita sempre in bilico: un equilibrio precario costante che consisteva nel ricercare estreme situazioni, forti emozioni incorniciate però da una elegante, ricca e sfarzosa vita mondana. Il kiseru fu acceso, il giovane dandy fumò e dopo aver ruotato più volte il capo in modo circolare tra destra e sinistra, come a massaggiare il collo, si adagiò più comodamente sul suo canapè invitando Apollineo a riprendere la storia da dove si era interrotta.    

Maya e Apollineo. Storia di un amore tragicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora