Capitolo 1: Cronache dell'odio

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Com'è  ben noto a tutti, le due principali divinità della guerra greche, Ares e Atena, si sono sempre odiate fin dal giorno in cui comparve quest'ultima, nata dalla testa del sovrano del cosmo, già adulta e già da subito dotata di un grande intelletto, ereditato dalla madre Meti, che ostentava in continuazione facendo di continuo la saputella.

Già questo suo atteggiarsi bastava per guadagnarsi la più sincera antipatia per primogenito di Zeus, ma come se non bastasse in poco tempo divenne la patrona oltre alle altre cose (saggezza ecc ..), della guerra strategica.

Rubando di fatto il primato al fratellastro, avvenimento che Ares avrebbe anche potuto accettare, se ovviamente la vergine dea non avesse rovinato il suo prezioso campo  di battaglia con la strategia, il raziocinio e tutte quelle altre "puttanate" com'era sovente dire lui.

Per quanto il dio volesse darle una bella lezione per farle inculcare in quella testolina a chi veramente appartenesse il patrocinato sulla guerra, aveva le mani legate dalla suprema legge del Cronide, che vieta nella maniera più assoluta lo scontro tra gli olimpi.

L'unica eccezione a questa regola ci fu durante l'epica guerra di Troia, con Ares dalla parte del popolo di Illio e Atena da quella degli Achei.

E proprio negli ultimi cinquanta giorni, raccontati dall' inclito verso di Omero, ci fu un pseudo scontro tra la prole del re dell'olimpo.

L'eroe greco Diomede, durante una battaglia arrivò a ferire col suo giavellotto la mano la dea dell'amore Afrodite, mentre stava portando via dal campo di combattimento il figlio Enea, che per poco non periva sotto la spada del guerriero rivale.

Ares ovviamente rispose prontamente al lamento della sua storica amante, nonché motivo principale del perché si è schierato con i troiani, egli scagliò  furibondo la sua lancia divina contro l'eroe di Argo, ma Atena deviò il colpo con un suo polsino ( tipo wonder woman con i proiettili) impedendo ad Ares di uccidere il suo protetto, che approfittando della situazione  scagliò la sua lancia contro il dio della guerra, che guidata da Atena ( quindi anche infusa del potere divino della dea)  gli trafisse il ventre, il suo grido fu peggio di quello di mille uomini e si ritirò sull'olimpo per riprendersi dalla grave ferita.

Tornato sul monte olimpo, ovviamente su padre Zeus non gli fece mancare il suo rimprovero, ricordandogli ancora una volta quanto lo disprezzasse per la sua indole violenta.

Z:"Se non fossi figlio mio e di Era ti avrei già scaraventato giù dall'Olimpo!!!", tuono il dio del cielo.

Il guerriero chinò il capo senza dire niente e fece per ritornare nelle sue stanze, ormai si era stancato di cercare l'affetto di suo padre.

Z:"Perché non puoi essere più come Atene", disse il tonante quando Ares stava per uscire dalla stanza.

Ares si fermò e digrignò i denti a questa affermazione,  apri il colossale portone d'oro per poi chiuderlo dietro  di sé con un rumoroso tonfo simile ad un tuono.

Atena dal canto suo, ricambiava apertamente il  disprezzo per il suo opposto, non riusciva ad accettare che un barbaro sconsiderato come lui potesse sul serio sedersi su uno dei dodici seggi dell'olimpo.

Certo anche tutti gli altri olimpi compreso il suo stesso padre, che rispettava, non sono propriamente degli ottimi esempi da seguire, tuttavia svolgono, il più delle volte, il loro lavoro con diligenza, Ares invece no.

Odiava quella primitiva violenza che inquinava il cuore dei mortali, ostruendo i pensieri razionali a lei tanto cari.

A:"Non vedo perché debba proprio contagiare gli altri con la sua stupidità", diceva solitamente con tono sprezzante alla sua compagnia formata dai gemelli Artemide ed Apollo.

Un' altra cosa  che Atena non sopportava di Ares era il suo essere lascivo, che si effettivamente anche questo è un problema della stragrande maggioranza delle divinità, ma anche in quella scala lo aveva posizionato la terzo posto dopo Zeus ed Afrodite.

Essendo per natura estremamente pudica, le era praticamente impossibile passeggiare per la montagna sacra senza scandalizzarsi ogni volta che sentiva accidentalmente i discorsi sconci che faceva Ares insieme ai suoi due soci Ermes e Dioniso.

Ogni volta  che gli dei della battaglia si trovavano nella stessa stanza, o che addirittura sentivano nominare la loro nemesi, quasi meccanicamente pensavano.

"La/o odio".

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