Capitolo 14 - Orchestra letale

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Era notte fonda e Rudy cercava disperatamente di rimanere vigile e indomito sul codice penale. La calda luce della lampada abat-jour puntata sulle pagine consunte del libro ne illuminava le righe e i pulviscoli di polvere che fluttavano nell'aria placidamente come se stessero indicando il ticchettio del tempo in uno scorrere lento e assuefatto dal buio della notte che ne rallentava i modi, ne smussava i contorni aguzzi e tempestivi che invece vigevano durante il giorno. 
Così frenetico, così caotico e turbolento.
Rimanere sveglio era quasi più piacevole che sprofondare in un sonno che di conciliatore aveva ben poco, che di riposante non aveva nulla. 

Si reggeva la fronte con una mano scorrendo le righe con inerzia; le parole cominciavano a mischiarsi tra di loro e a sfocarsi irrimediabilmente sotto i suoi occhi, cerchiati da ombre scure. Sedeva da ore nello studio di suo padre, sulla sua poltrona girevole nella precaria quiete che solo in quel seminterrato riusciva a trovare, ma non aveva cavato un ragno dal buco. Aveva una marea di studio arretrato e malgrado i suoi sforzi di mettersi in pari la sua mente deviava sempre di percorso, allontanandosi verso un solo atroce chiodo fisso. 

Era diventa un'ossessione.

Quell'intera storia non faceva altro che annebbiargli il cervello distogliendolo da ciò che più conta. E se era vero che non riusciva a mettere a tacere quella bruciante ossessione era anche vero che non riusciva a fare a meno di accompagnarla ad un'attanagliante ansia.

Si passò le mani sul viso accasciandosi contro lo schienale della poltrona, non riuscì a trattenere un pesante sospiro d'esasperazione mentre lasciava che le sue palpebre si chiudessero per un istante. 

Non aveva il diritto di sentirsi così. Era lui ad aver messo in piedi quest'orchestra letale, ne era il direttore, il coordinatore e una voce minuscola e acuminata ci teneva a rimarcarlo costantemente dall'antro più lontano e recondito della sua mente. 
Scacciò quel suono petulante spalancando gli occhi e aprendo un cassetto della scrivania.

Ne trasse un piccolo specchio dalla cornice dorata e decorata da ghirigori e due cigni di cui becchi si sfioravano. Era lo specchio di sua madre, oggetto perennemente tra le sue mani e che suo padre custodiva gelosamente come fosse un cimelio della corona inglese. Nello sfiorare i tratti intricati che formavano la cornice non poté far a meno di far balenare il pensiero che suo padre nella fretta di abbandonare tutto quanto aveva abbandonato anche il suo prezioso tesoro. Emise un amaro verso di scherno.

"Strano, papà." 

Il suo viso era ridotto ad un cencio. Piccoli graffi si aprivano sul collo e sulle guance, ma il peggio era sicuramente l'enorme ematoma che si spianava sul suo zigomo, violaceo e scuro quanto una nube temporalesca che non faceva altro che conferire ai suoi lineamenti già severi di natura un'aura ancor più truce. 
Ispezionò ognuna delle ferite con disinvoltura, fredda e impassibile disinvoltura, sfiorandone ognuna con i polpastrelli fino a quando non raggiunse le labbra. I suoi occhi erano puntati al suo riflesso, alle sue stesse labbra, eppure non vedeva altro che lei.

Lei che gli aveva stravolto i sensi con quel fortuito bacio. 

Vaniglia e té verde, poteva ancora rimembrarne il sapore, il contatto, struggente e irrequieto. Ma peggio ancora non poteva sradicare la bruciante sensazione che gli era sorta alla bocca dello stomaco, la morsa che lo aveva stretto. Si era sentito come se fosse di nuovo lei a tenerlo in pugno, si era sentito come se l'aria gli fosse stata svuotata dai polmoni.

Probabilmente era semplicemente la repulsione che provava per quella serpe velenosa.

Non aveva mai creduto che un bacio potesse risultargli fatale tuttavia il taglio che gli lacerava il labbro dopo quel morso provava il contrario. Con Lila Hazon qualunque mossa era fatale. Doveva riconoscerlo; lei non era una ragazzina qualunque, per quanto si sforzasse di elevarsi al suo livello lei era di una spanna più in alto e tutto ciò che riusciva a fare era tendere il naso all'insù con la sua tracotante boria.

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