Quattro borse di tela blu

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Il sonno di Isabel è agitato. Passano entrambi una notte terribile. La bimba continua a svegliarsi piangendo e ad avere incubi e Manuel, stremato e con il cuore a pezzi, si siede sul divano e la piccola si accoccola sul suo petto.
Le bacia la fronte di tanto in tanto e le annusa i capelli e sembra che la vicinanza con il padre la aiuti in minima parte a tranquillizzarsi.

Manuel prova più volte a chiamare Simone ed inviargli messaggi, ma sembra non avere nessuna intenzione di rispondere. Forse dormirci sopra è la soluzione migliore. Ne parleranno la mattina dopo, a mente lucida.
Si addormenta così, con Isabel stretta al petto ed il cellulare nella mano destra.


Il mattino seguente il rumore della chiave che gira nella serratura fa svegliare Manuel di scatto.

«Simo sei tu?»
«Ehm... no, veramente no.»

Alvise entra in salotto quasi in punta di piedi e vedendo quella bimba addormentata sul petto del suo amico assume la sua tipica espressione indagatrice. Sopracciglio alzato e tutto il resto.

«La porto di là e ti spiego tutto.»

L'uomo, immaginando che la spiegazione sarà piuttosto lunga, si accomoda sul divano lasciato libero dai due ed attende che Manuel ritorni.

Da quando Simone si è trasferito lì, Alvise non ha mai usato il suo doppione delle chiavi, per non essere invadente e non trovarsi in situazioni imbarazzanti, ma la notte prima ha sentito uno strano via vai sul loro pianerottolo e non è stato svegliato dall'abbaio insistente di Fulmine e Saetta.
Qualcosa non va e, considerando le condizioni in cui ha trovato Manuel, deve essere qualcosa di grosso.

«Oh Alvì sei ancora qui...»
«Certo.»
«Beh, chiedi pure... aspetto l'interrogatorio signor commissario.»
«Non lo so, tu hai qualcosa da dirmi?»
«Quella è mia figlia nel caso te lo stessi domandando.»
«Ok...»
«Ed è qui perché questa notte ha perso sua madre.»
«Oh buon Dio è terribile! Stai bene? Perché non mi hai chiamato? Simone dov'è?»
«Non ti ho chiamato perché sono stato un pezzo di merda con te, ho tenuto nascoste troppe cose...»
«E presumo che ci sia questo dietro all'assenza di Simone in casa, giusto?»
«Perché sei sempre così perspicace?»
«Sei facile da leggere amico mio...»
«Ho fatto un casino Alvì. Un vero casino.»
«Se c'è una cosa che so per certo è che Simone ti ama veramente. Non ho mai visto nessuno più innamorato.»
«Non hai visto la sua faccia... non penso che voglia più saperne di me, si è portato via anche i cani.»
«Tornerà, torneranno tutti e tre.»
«Se lo avessi visto ieri sera non la penseresti così.»
«Beh, ora dobbiamo occuparci di una cosa ben più grave. Cosa pensi di fare con quella creatura?»
«Isabel.»
«Isabel... oh la amo già.»
«Non è difficile farlo, è la bambina più dolce del mondo.»
«Non ha niente del papà quindi...»
«Io spero che gli occhi siano l'unica cosa che ha preso da me.»
«Sei una testa di cazzo, ma alla fine non sei poi tanto male. Ora mi dici qualcosa di lei o devo interrogarti davvero?»

Parlare con Alvise è come togliersi un peso dal cuore. Tra la litigata con Simone e la morte di Letizia, Manuel ha un estremo bisogno di qualcuno che stia dalla sua parte. Anche il suo fidanzato sarebbe stato un alleato prezioso in quella terribile situazione, se solo Manuel non fosse stato così idiota.

Isabel mangia come un uccellino per i due giorni successivi. Non ride, non disegna, non gioca. Parla pochissimo e Manuel è perfino costretto a ricordarle di bere. Alvise e Claudio si sono presentati alla bimba e lei, educata come sempre, ha chiesto a suo padre se fossero due amici e se quindi potesse parlare con loro.
Non è la solita Isabel però, sembra sopraffatta dal dolore e Manuel si sente impotente.
Lui e Simone non parlano da quasi tre giorni e proprio non sa come farà ad incastrare la loro vita matrimoniale con le sue responsabilità di padre. L'esistenza di sua figlia è già stata stravolta abbastanza senza che ci si mettano anche loro con matrimonio, convivenza e cani.
Ha in testa una gran confusione e vorrebbe soltanto che Simone gli rispondesse al telefono, che parlassero e trovassero una soluzione insieme.

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