8. Meglio un debito o un camelide?

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Sabrina Corsi ci ha praticamente trascinati dentro la casa di César Manrique.
E chi se non lui? Ormai credo di conoscerne vita, morte e miracoli.
La parlantina della coordinatrice potrebbe perfino convincermi che ho acquisito un certo interesse per l'architettura.
Intendiamoci, so cogliere ciò che c'è di bello, sono un' anima creativa e una fervente sostenitrice di tutto ciò che può elevare lo spirito materialista.
Ma sono anche una che non si perde molto in chiacchiere, che preferisce godersi le creazioni umane e naturali avvolta nel silenzio.
Se vi dico che non ha smesso di parlare un secondo, la mia fuga acquisirebbe delle attenuanti?

Naturalmente non ho reso manifesto nessun mio sconforto di fronte alla visita guidata che così gioiosamente ci ha riservato nei due piani della casa.
Ed è stato magico comunque: le opere di Manrique illuminate dalla luce naturale che filtra dalle finestre, i loro colori vivaci che si mescolano al bianco candido delle pareti, anche con la voce squillante di Sabrina.
Diciamo solo che a un certo punto ho preferito accelerare il passo per godermi il giardino privato in tutta tranquillità.

Non mi pento affatto di averlo fatto, anche qui si respira la perfetta unione tra natura e architettura come nel resto del villaggio.
Spezzo con la mano il flusso d'acqua che fuoriesce dall'alto verso la piccola piscina al di sotto.
Un bagno in questo luogo, circondata dal verde in una nottata stellata, sarebbe un momento romantico da perfetto romanzo rosa.
Mi perdo a immaginarmi la scena da compiuta sognatrice, anche se mi sorge un dubbio sulla possibile compagnia maschile...
Oh beh, sto solo immaginando, perché non condividere la cosa con entrambi; ridacchio come una sciocca preda di un sogno a occhi aperti, come al solito.

«Hai intenzione di fare un bagno?»

Ho un momento di panico e... Sì, anche questa volta ci è mancato poco che finissi in piscina.
Ormai avrete capito che la mia stabilità fisica è molto simile a quella mentale: altalenante.
Intercedo con una buona dose di buon senso, prima che le guance si facciano più rosee di quanto già siano.
Francesco Viale non può leggermi la mente, così come non può aver visto i frutti della mia immaginazione.

«Perché, ci stavi pensando anche tu?» chiedo senza troppo interesse. Non lo guardo, preferisco di gran lunga continuare a giocherellare con l'acqua.

«Non c'è bisogno di formalismi... se vuoi fare un bagno con me.»

Mi volto indispettiva e perplessa.
Che possa davvero leggere nella mente?

La reflex sul suo volto mi impedisce di cogliere il sorrisetto impertinente che sicuramente è comparso, ma il click, no, quello non mi sfugge.

«La faccia colpevole che hai fatto è esilarante.»

Sta fissando lo schermo della macchina fotografica e continua a sorridere come se avesse fatto lo scatto della vita.
Questo è quando la sfumatura profonda e comprensiva che mi era sembrato di cogliere in Viale sparisce dalla mia memoria.

In un gesto bambinesco che sinceramente non mi riconosco, passo le dita nella cascata d'acqua per fargli giungere la massima quantità di schizzi.

«Cancella quella foto. È contro ogni forma di privacy» gli intimo, severa.

Lui non si scompone di una virgola, non che comunque abbia spostato chissà che secchiata d'acqua.

«Il concetto di privacy è ormai relativo. E dove sta scritto che non posso fare una foto a una compagna di viaggio.»

I suoi occhi ora sono su di me e non ha più l'espressione di chi tenta di ridicolizzarti.
Possibile che mi stia sorridendo amichevolmente?

«Comunque non puoi fare delle foto a delle persone che non conosci, senza il loro permesso» rincaro la dose, forse perché in realtà per qualche strano motivo mi sento in imbarazzo.

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