5. Pazzie da alcolici

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Raggiungiamo gli altri quando sono ormai tutti comodamente seduti al tavolo, hanno già ordinato qualcosa e sono intenti a bere un drink.
Davvero ho passato così tanto tempo con il viaggiatore ritardatario?

«Abbiamo ordinato qualcosa anche per voi» ci rassicura Matteo Bruni.

Se ha ordinato lo chef, mi fido a occhi chiusi!

I drink arrivano, così come altre varianti di piatti tipici; è ormai inutile che mi soffermi sulla delizia di ogni portata, anche se a essere sincera forse non faccio testo, sono davvero pochi i cibi che non gradisco.
Diamo inizio a un apericena tutto italiano, parlando del più e del meno, come del ritardo sulla tabella di marcia e di cosa ci aspetta il giorno dopo.
Sabrina Corsi è sempre molto entusiasta: si parla del Mirador del Rio e delle sue spettacolari viste panoramiche.

«Sei già stata a Lanzarote?» colgo l'occasione per chiarirmi le idee. In verità conosce così bene gli spazi che do già per scontata la sua risposta affermativa.

«No, è la prima volta anche per me.»

Questa verità ha dell'incredibile.
Giuro che dal suo modo di parlare sembra che ci sia già stata almeno una dozzina di volte.

«Non ci crediamo. Dai, stai scherzando» commenta Alberto Gironi, tradendo una punta di accento romano.
Sembra proprio che cerchi di attenuarlo, ma che ottenga scarsi risultati quando si lascia andare alle emozioni.

«Sono stata a Tenerife due anni fa con delle amiche. Questo racchiude la mia esperienza alle Canarie. Il resto è ricerca, sentito dire e qualche consiglio dei colleghi.»

Siamo tutti ancora piuttosto sorpresi, perché in fondo siamo d'accordo nel concordare che Sabrina Corsi sia un'ottima coordinatrice e una preparata guida turistica.

«Quindi è la tua professione?» indugia nella curiosità collettiva Erina Marchesi.

«Sì, adesso è diventato un lavoro a tempo pieno.»

Le parole di Sabrina fanno crescere in me un'invidia che avrei preferito non percepire.
Io vivo costantemente la condizione di precariato, non ho nemmeno la metà del suo entusiasmo di vita e non so nemmeno bene cosa mi piacerebbe fare o diventare.
È come se fossi all'interno di un buco nero che si allarga mano a mano che mi pongo delle domande.
Mando giù un altro sorso di quel drink tropicale che sembra non finire mai.
È il mio primo bicchiere, eppure già mi sento fuori fase; d'altronde con il genere di pensieri che sto elaborando forse non dovrei colpevolizzare troppo l'alcol.

«Quindi ti pagano per viaggiare per il mondo tutto l'anno?» insiste Alberto Gironi.

«Sì, come molti altri miei colleghi...»

Le domande continuano e le risposte diventano sempre più approfondite e condite di meraviglia.
Io sono ormai verde come Hulk e il lampone nel mio drink ha smesso di galleggiare e si è depositato sul fondo.
Quasi mi ci riconosco, è la metafora della mia esistenza. Sono rimasta a galla per un po', finché il mondo non mi ha prosciugato di tutte le energie: ora sono piantonata sul fondo e non riesco a risalire.

E così avete scoperto che quando bevo divento ancora più deprimente.
Di norma ci sono due reazioni possibili di fronte all'alcol: si alza il volume della musica e si dà il via a una frenesia fuori dall'ordinario; oppure si piange, ci si dispera all'inverosimile e si conclude che non c'è una ragione d'essere perché il mondo è diventato all'improvviso monocolore.
Vi confesso una cosa, uno dei motivi per cui mi sono buttata in questo viaggio è per ritrovare proprio questi benedetti colori.
Per me il mondo è monocolore a prescindere da ciò che ingerisco; ogni tanto mi capita di ritrovarne uno, ma lì si conclude la mia gioia – riesco a gestirne solo uno per volta.
Vorrei tanto ritornare a percepire i colori dell'arcobaleno tutti in una volta e dire addio alla schiavitù monocromatica.

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