CAPITOLO 2

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La creatura più vicina attaccò, sguainando gli artigli come scheletrici coltelli a serramanico. E fu colpita da un affondo di Vortice.
Non appena la creatura si disintegrò, Percy sentì un dolore atroce divampare ai lati del petto. Barcollò e si portò le mani alla cassa toracica. Quando le allontanò, aveva le dita bagnate di rosso.
"Percy, stai sanguinando!"gridò Annabeth. "Oh, santi numi, da tutti e due i lati."
Era vero.
L'orlo destro e sinistro della maglietta lacera erano intrisi di sangue, come se un giavellotto avesse trafitto il ragazzo. Oppure una freccia...
La nausea per poco non lo travolse.
Vendetta. Una maledizione scagliata dagli uccisi.
Ripensò a uno scontro avuto in Texas due anni prima: un combattimento contro un mostruoso allevatore che moriva soltanto se tutti e tre i suoi corpi venivano trapassati in contemporanea. "Gerione!" esclamò. "È così che l'ho ucciso..."
Gli spiriti mostrarono le zanne.
Altre arai balzarono giù dagli alberi
neri, battendo le ali da pipistrello.
"Esatto. Stai provando il dolore
che hai inflitto a Gerione" dissero.
"Ti sono state lanciate così tante
maledizioni, Percy Jackson. Quale
sarà a provocare la tua morte?
Scegli, o ti faremo a pezzi noi."
In qualche modo, Percy riuscì a rimanere in piedi. Smise di sanguinare, pur sempre con la sensazione di avere un palo di metallo rovente conficcato nelle costole. Il braccio con cui impugnava la spada era debole e pesante. "Non capisco" mormorò.
La voce di Bob sembrò riecheggiare dal fondo di una lunga galleria. "Per ognuna che uccidi, riceverai una maledizione."
"Ma se non le uccidiamo..." fece Annabeth.
"Ci uccideranno loro" concluse Percy.
"Scegli!" gridavano le arai. "Vuoi
essere schiacciato come Campe? O
disintegrato come i giovani telchiniche hai massacrato sotto il Monte Sant'Elena? Hai seminato così tanta morte e sofferenza, Percy Jackson. Permettici di ricambiare!"
Le megere alate si avvicinarono
minacciose, con il fiato inacidito e
gli occhi che sprigionavano odio.
Somigliavano alle Furie, ma erano
perfino peggio, stabilì Percy.
Almeno le tre Furie erano sotto il
controllo di Ade. Quelle creature
invece erano selvatiche, e continuavano a moltiplicarsi.
Se incarnavano davvero le
maledizioni lanciate in punto di
morte da ogni singolo nemico che
lui avesse mai ucciso... be', allora.era in guai seri, si disse. Aveva affrontato un sacco di nemici.

Qualcuno lo stava scrollando, cercando di svegliarlo da un incubo.
Percy si sollevò, il respiro pesante, gli occhi che correvano alla ricerca di una minaccia.
Non trovò niente se non il viso di Annabeth davanti a lui.
"Non sei venuto a cena, alla fine." La sua amica stava sussurrando, probabilmente per non avvertire Chirone e Signor D della sua presenza nella cabina.
"Non avevo fame." Rispose Percy, che per la prima volta non mentiva dicendo quella frase.
Al pensiero di andare nel padiglione, affrontare tutti gli altri, compresi i ragazzi che aveva ferito nell'arena, il suo stomaco si chiudeva e Percy provava un profondo desiderio di sparire.
Le arai avevano ragione, aveva sparso molto dolore e sofferenza. Non era migliore di tutti i mostri a cui dava la caccia.
Annabeth stava porgendo un impacco di carta.
Percy lo aprì, confuso, sorridendo quando vide le fette di pane infilate all'interno.
"Non volevo farmi notare da Chirone e il signor D. Prendere troppe cose avrebbe... sai, mi avrebbe un pochino smascherata."
Percy ridacchiò, un suono che usciva difficilmente dalla gola. "Sei un ottimo agente sotto copertura."
"Perché, grazie, Signor Jackson."
Annabeth si sedette a gambe incrociate davanti al ragazzo, che emulò la posizione con la schiena appoggiata alla testata del letto.
Mangiando, Percy approfittò del tempo per non dover guardare la ragazza in faccia.
Si vergognava della scena che aveva portato avanti nell'arena, si vergognava di aver dovuto essere svegliato da un incubo. Si vergognava di quello che aveva fatto nel Tartaro, e sapeva che Annabeth lo doveva odiare per quello.
Solo i mostri potevano compiere quelle azioni.
Aveva soffocato Akhlys con il suo veleno, aveva provato una scarica di potere e piacere nel vederla soffocare, annaspare, ricercare con disperazione aria pulita da respirare.
Aveva provato soddisfazione di essersi vendicato con lei, e una parte di lui avrebbe solo voluto continuare, con Nyx e i suoi figli, con il Tartaro stesso.
Avrebbe solo voluto distruggerli tutti dall'interno.
Ma lo sguardo sul viso di Annabeth lo aveva fatto fermare. Era pieno di disgusto per dei poteri troppo forti, di paura per quello che Percy avrebbe potuto fare.
Annabeth aveva avuto paura di lui.
Perché era un mostro, come tutti i suoi fratelli, il figlio del padre dei mostri, la minaccia per la sua esistenza.
Aveva abusato dei poteri che gli erano stati concessi, un'arroganza che non avrebbe nemmeno dovuto considerare di possedere.
Lo rendeva il pericolo che Atena aveva predetto, tanto tempo prima, dopo che Atlante era stato affrontato sulle rovine del Monte Otri.
Imprevedibile, potente e crudele. Una combinazione pericolosa che portava i suoi amici a fare un passo lontano da lui, dalla distruzione che avrebbe inevitabilmente causato, lasciandogli il tempo giusto.
Un anno, due anni, non si sapeva quando avrebbe potuto diventare troppo pericoloso, quando sarebbe stato troppo tardi per fermarlo e salvare tutti gli altri da lui.
"Percy? Ti sei allontanato da me."
Percy alzò di scatto la testa, guardando la sua migliore amica. "Scusa, Annabeth, solo che...poteva finire molto male, oggi."
Con sua delusione, Annabeth annuì. "Lo so, infatti stavo pensando... qui ci sono troppi input per flashback, Percy." "Input? Di che parli?"
Annabeth aveva assunto il tono che Percy definiva mentalmente da 'maestra'.
La cadenza della sua voce cambiava, diventava più simile a quella di Atena, logica e inflessibile. A Percy piaceva quella voce in Annabeth, voce che lo riportava a quando tutto era molto più facile.
"Sei stato rapito dal Campo, dalla tua cabina. Ovviamente non lo reputi un posto sicuro per superare i traumi passati durante la guerra." "Pensi che dovrei accettare l'offerta di Reyna? Di andare al college lì?"
A Percy non dispiaceva, ad essere onesto. Avrebbe voluto finire gli studi, uno scherzo interno tra lui e sua mamma, un miracolo secondo il bambino di cinque anni che era tanto tempo prima.
Sembrava passata un'eternità.
"No, anche lì dovevi provare te stesso, e hai combattuto una grande battaglia, contro il gigante nato per opporsi a tuo padre. Non è adatto a superare le difficoltà che devi fare tu."
Percy annuì, sapendo che Annabeth aveva ragione e consapevole che il vero motivo era il pericolo che comportava lui stesso per i loro amici e conoscenti.
Mandarlo in un Campo diverso avrebbe solo cambiato le possibili vittime.
"Si chiama PTSD, Percy. Molti veterani ce lo hanno e tu sei uno di loro. Devi solo... superare il trauma, ecco tutto." "Come?"
Annabeth si morse il labbro inferiore, prima di dire, esitante. "Il problema di base sono i tuoi poteri, Percy. E se... per adesso, non li usassi? Escludendo i casi di necessità, ovviamente. Ma... stanno prendendo il controllo di te, ti stanno cambiando. Devi riprendere il controllo, Percy. Ecco tutto."
Percy annuì, distogliendo lo sguardo. Annabeth non aveva i suoi stessi problemi, aveva superato abbastanza bene il Tartaro tutto sommato. Forse accettare i suoi consigli non era una cattiva idea.
"Un college a New York, allora?" "Si, potrebbe essere una buona idea. Magari vai a trovare tua madre prima, e sentire lei cosa ti suggerisce di fare. Possiamo sistemare la tua stanza insieme, se vuoi."
Percy sorrise, sapendo che la ragazza amava sistemare anche gli interni di un posto. Era carino, in qualche modo.
"Possiamo decisamente farlo. Magari dopo che ne ho parlato con mia mamma, però. E ho deciso che corso voglio seguire..." "Non preoccuparti dei corsi, troverai qualcosa in cui eccelli."
Percy poteva sentire il sottinteso oltre a ferire gli altri.
Non poteva di certo darle torto, ma sarebbe stato più carino se non avesse deciso di isolarlo da tutti i suoi amici.
Non che non fosse il modo migliore per tenerli al sicuro.
Percy lo sapeva ed era arrivato il momento che smettesse di essere egoista e pensasse anche alla sicurezza degli altri.

Angolo autrice
Allora, l'inizio del capitolo è un flashback del Tartaro, le Arai.
Poi Annabeth lo sveglia e loro parlano.
Penso che Annabeth come figlia di Atena abbia fatto delle ricerche per aiutare al meglio Percy.
Situazioni che innescano flashback sono necessariamente da evitare per i veterani di guerra, altrimenti ricadono nella condizione di fuga-attacco e non riescono a riconoscere il passato dal presente e confondono il vero pericolo.
Quindi, entrambi i Campi non sono adatti per affrontare il problema.
Andare dalla madre è il modo migliore per Percy per sentirsi al sicuro, anche se un mortale non può fare niente contro gli dei, anche un mortale incredibile come Sally.
Nel prossimo capitolo appare Apollo in tutto il suo splendore! (Certo, è il dio del sole... Non intendevo in quel senso...)
Alla prossima
By rowhiteblack

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