CAPITOLO 3

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Percy stava sistemando la sua borsa per tornare a casa, da sua madre, quando una voce dietro di lui non risuonò.
"Spero che tu non stia davvero considerando di andare in un college a New York quando saresti estremamente più al sicuro a Nuova Roma."
Percy sobbalzò, la mano che correva a sbloccare Riptide, girandosi velocemente e puntando la spada alla gola della persona che lo aveva colto di sorpresa, spingendolo con una mano contro la parete vicina.
Poi sbattè le palpebre quando riconobbe chi era stato.
"Apollo?"
Il dio, ancora spinto contro la parete della cabina 3, fece l'occhiolino al ragazzo. "Però, che riflessi. È stato incredibilmente caldo."
Percy arrossì, lasciando andare il dio di scatto, richiudendo Riptide. "Mi hai colto di sorpresa..."
Apollo sorrise, scrollando le spalle. "Non scusarti con me per quello. Immagino sia il mio errore nel cogliere di sorpresa l'eroe dell'Olimpo."
Percy fece una smorfia, distogliendo lo sguardo.
Apollo continuò a parlare. "Spero davvero che tu non stia considerando di frequentare un college a New York."
Percy lo fissò, concentrandosi su un dettaglio diverso dalla sua decisione per il proprio futuro. "Come fai anche a sapere che ho un dubbio?"
"Oh, ero solo di passaggio. E ho potuto sentire le lezioni della bionda figlia di Atena per il tuo futuro."
Percy sospirò, sapendo che non c'era molto che potesse fare in quel momento. Gli dei potevano fare quello che volevano quando volevano e nessuno poteva dire niente loro.
Soprattutto non i semidei.
"È solo la cosa migliore." "Per chi? Per i semidei che proteggi o per te che saresti lasciato a difenderti tutto il tempo?"
Percy scosse la testa. Non voleva parlare con Apollo di questo, quindi avrebbe solo aspettato che il dio lasciasse cadere la questione.
"Sai, mio padre aveva ucciso uno dei miei figli prediletti."
Percy alzò lo sguardo, guardando il dio.
In quel momento Apollo sembrava un semidio, un ragazzo normale, il dolore evidente nei suoi movimenti.
"Mi dispiace."
Apollo gli rivolse un sorriso acquoso, prima di prendere un respiro profondo e andare avanti.
"Ero molto arrabbiato con lui..." "Ha ucciso tuo figlio e non potevi fare niente per lui. Avevi tutte le ragioni per essere arrabbiato."
Apollo lo guardò, sorridendo dolcemente. "Ti ringrazio, Percy. Ma il motivo per cui te ne ho voluto parlare è che... Non è giusto che tu butti via la tua vita, per esserti difeso."
Percy scosse la testa. "È diverso, sono pericoloso per i miei amici, Apollo, potrei fare loro del male e..."
Apollo afferrò la mano del semidio, interrompendo efficacemente il suo discorso.
"Sono il dio della medicina, Percy. Posso vedere che stai soffrendo e posso garantirti che è l'unico motivo per cui perdi il controllo delle tue emozioni. Con il giusto aiuto, puoi tornare alla tua vecchia vita."
Percy si rifiutò di incontrare lo sguardo intenso e blu del dio, ma una mano sul mento lo costrinse a alzarsi, a incontrare lo sguardo sincero di Apollo. "Non hai niente di cui vergognarti."
Percy arrossì, non volendo però perdere il calore del tocco del dio.
Un tocco privo di ogni paura, qualcosa di cui Percy sentiva la mancanza da molto tempo.

Allo stesso tempo, Annabeth venne fermata da un Nico estremamente serio nel suo tragitto verso la mensa.
"Nico?"
"Non lo puoi capire. Non importa il legame che pensi di avere con lui. Non puoi aiutarlo."
Annabeth iniziò a irritarsi. Non apprezzava ancora molto che le venisse fatto notare che non poteva fare tutto, che a volte sbagliava.
Nessun semidio superava mai il proprio difetto fatale.
"Di cosa stai parlando, Nico? Non ho davvero tempo per gli indovinelli, adesso."
Nico le si avvicinò, dandosi un'occhiata intorno prima di dire, serio. "Percy. Non puoi capire quello che ha passato nel Tartaro."
Annabeth sentì un brivido attraversarla alla menzione di quel posto. Si chiese, ancora una volta, come Nico potesse parlarne senza soffrirne. Forse era per l'essere il figlio di Ade, il dio più vicino al Tartaro, o per non aver dovuto attraversare effettivamente il posto, ma essendoci solo caduto per un breve periodo di tempo.
"Cosa intendi? Ero lì con lui, sono quella che lo può capire meglio. L'unica che lo può fare!"
Nico, però, scosse la testa.
"Avete avuto due esperienze estremamente diverse, Annabeth, e non solo nel Tartaro stesso, ma anche prima. Percy era stato rapito dal Campo, è stato per le strade, solo, senza nessuno."
Annabeth annuì, già consapevole di tutto quello.
"Non cambia il fatto che lo posso capire meglio di tutti gli altri, Nico." "Annabeth."
La ragazza annuì verso Nico, aspettando che andasse avanti.
Ma il figlio di Ade disse soltanto. "Non rovinarlo."
Annabeth annuì. Era ovvio che non avrebbe mai fatto del male a Percy, amava il suo migliore amico, anche se non più in modo romantico.
Con un ultimo cenno, Nico si diresse velocemente verso il proprio fidanzato, iniziando a parlare a bassa voce con lui.
Lasciata in pace durante il pasto, Annabeth ebbe tutto il tempo per riflettere sulla situazione con maggiore calma.
Sua madre era la dea della logica e della moderazione, la ragione unica e incontestabile.
Annabeth era orgogliosa della sua ascendenza, e in quel momento ne era anche molto grata, sapendo che le avrebbe concesso di aiutare al meglio Percy.
Sapeva che la sua strategia lo avrebbe aiutato.
I suoi poteri e il luogo in cui viveva erano il vero problema per la sua situazione, quindi eliminarli dall'equazione lo avrebbe aiutato a guarire, con il giusto tempo.
Annuendo a se stessa, Annabeth finì con entusiasmo la sua cena.
Arrivata nella cabina sei, Annabeth prese il telefono e compose il numero di casa Jackson, superando di poter spiegare meglio a Sally l'idea che Percy aveva spiegato sicuramente in modo confuso.
Al primo squillo, la voce di Sally raggiunse Annabeth.
"Pronto?"
"Salve, Signora Jackson, sono Annabeth."
"Annabeth, va tutto bene?"
Annabeth sorrise leggermente. L'ultima volta che aveva chiamato la donna era stato per avvertirla che Percy era scomparso. E Sally aveva reagito nello stesso modo.
"Sto bene, grazie. Chiamavo per spiegarle meglio la mia idea per Percy..."
"Percy? Non vedo mio figlio da quando non è partito per il Campo."
Annabeth si fermò, prima di sospirare. "Deve essersi fermato prima ad aiutare Grover. Mi scuso per l'ora tarda, signora Jackson. Chiamo subito Percy per fargli capire che deve avvertire quando cambia i propri piani."
Una risata sollevata lasciò la donna, e Annabeth sorrise di rimando.
Se avesse saputo che Percy non era ancora tornato a casa, non avrebbe chiamato sua madre. Percy era sempre stato piuttosto protettivo verso di lei, confondendo Annabeth, e aveva sempre calibrato con notevole attenzione le informazioni che comunicava alla madre delle proprie missioni.
Se avesse spiegato Annabeth, avrebbe lasciato che la voglia di comunicare tutte le informazioni vincesse e avrebbe detto tutto a Sally, forse preoccupandola più del necessario.
Non appena le due donne si salutarono, Annabeth chiamò il ragazzo, pronta a rivolgergli un enorme quantità di rimproveri.
Percy rispose praticamente subito, rendendo evidente che stava sorridendo.
"Ehy, Annabeth, non mi aspettavo di sentirti tanto presto. Ti manco?"
"Perseus Jackson, perché non sei da tua madre?"
"Hai chiamato mia mamma? Cosa le hai detto?"
"Certo che l'ho chiamata, volevo spiegare meglio la mia idea, sapevo che avresti lasciato fuori qualcosa di importante."
"Aspetta un momento." La frase era detta a qualcun altro, e poi la voce di Percy tornò forte e chiara. "E cosa le hai detto, Annabeth?"
"Niente! So che sei oltremodo protettivo di quello che lei sa o non sa."
Un sospiro di sollievo raggiunse Annabeth.
"Comunque, per la mia idea..."
Annabeth venne interrotta da Percy.
"A proposito della tua idea..."
La voce di Percy era titubante. Annabeth si innervosì. Percy aveva quel tono di voce quando aveva combinato qualche casino e non voleva dirglielo.
"Ci stavo pensando sulla tua idea, e onestamente... voglio dire la tua idea è ottima, ma forse potevo... voglio dire..."
"Percy?"
Annabeth sentì una voce rassicurante parlare con l'amico e poi la voce più sicura di Percy che la raggiungeva.
"Ne ho parlato con un... amico?... e la sua idea è valida, mi piace. Davvero."
Annabeth voleva chiedere di quale amico stesse parlando e soprattutto se in quel momento fosse con lui.
Percy disse. "Te lo spiego bene domani sera, quando torno al campo. Va bene?"
"Certo, va bene. A domani, Perce... Stai attento." "Quando mai non lo faccio?"
La chiamata finì e Annabeth iniziò a preoccuparsi, domandandosi in quale situazione si fosse cacciato Percy in quel momento.

Angolo autrice
Allora, alcune note...
Percy non mette in dubbio il fatto che Apollo lo stesse spiando solo perché aveva altro da tenere a mente. Era ancora confuso e provato emotivamente, per non parlare della vergogna che provava.
Quindi non si rende davvero conto che non è normale, nemmeno per un dio.
Il restare sotto il tocco del dio è solo un bisogno di affetto che Percy ha sin dalla sua infanzia. Crescere in condizioni abusive porta a quello, e inoltre sentire che gli altri hanno paura di te, un tocco privo di timore fa miracoli.
I due passano la giornata insieme ed è il motivo per cui Sally non ha visto il figlio per la giornata
Spero vi piaccia
Alla prossima
By rowhiteblack!

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