CAPITOLO 13

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Poseidone aveva spesso preso decisioni avventate, con lo scopo di difendere quello che riteneva suo.

Questo, ovviamente, non era fatto con lo scopo di ferire il proprio figlio, ma solo di proteggerlo dalla brutalità del mondo mortale, mondo in cui vivevano tutti i suoi figli mortali.

Le catene della mortalità impedivano loro di vedere la ragione, riflettè il dio, pensieroso, la sua ira ribollente dentro di sé, mentre si rendeva conto di non avere modo di raggiungere il figlio amato.

Non appena Poseidone si era liberato della curiosità del fratello, dovendo spiegare al Consiglio cosa lo aveva portato a interferire, era andato ad Atlantide, sperando di vedere il figlio insieme al proprio erede, in salute e lontano dal canto insidioso della figlia di Atena.

Invece, quello che lo aveva accolto era stata la vista del suo coraggioso, impetuoso e incontrollabile figlio che giaceva rannicchiato sul proprio fianco, lo sguardo fisso nel vuoto.

L'ira di Poseidone era scattata, impetuosa e senza confine, tanto potente da meritare una seconda convocazione da parte del fratello.

Sorpreso, apparve al Campo Mezzosangue, dove Zeus guardava poco impressionato Apollo.

"Fratello, pensavo che tuo figlio fosse ad Atlantide, in questo momento. Che motivo hai di terrorizzare i mortali?"

Poseidone strinse le labbra.

Zeus, a volte, sembrava dimenticare che gli era stato concesso di essere re.

Poseidone sarebbe stato meglio accolto anche dai loro fratelli, dal momento che conoscevano la sua indole e quella del fratello minore.

"La figlia di Atena ha compromesso mio figlio."

Agitò una mano e l'immagine spezzata di Percy venne rivelata ai due dei.

Apollo emise un verso morente e persino Zeus sembrava colpito dalla vista.

L'immagine rannicchiata dell'Eroe dell'Olimpo sembrava sbagliata.

Zeus mormorò. "La figlia di Atena, hai detto? L'architetto, giusto?"

Poseidone strinse i denti al ricordo del giorno in cui aveva provato sollievo, speranza e delusione.

Sollievo nel vedere il figlio vivo, nonostante le parole della profezia; speranza all'offerta del fratello verso il loro comandante; delusione nel rendersi conto che, nonostante l'offerta, avrebbe perso comunque il figlio

"Si, padre." Rispose Apollo, il suo sguardo dorato che non lasciava l'immagine del ragazzo.

Poseidone sentì la propria indole sollevarsi, pronta a colpire il nipote se avesse osato suggerire di avvicinarsi al figlio in quel momento.

A Perseus non serviva un dio qualunque, in quel momento, ma solo il sostegno della famiglia.

Oltre alla lontananza di quella ragazza.

"Devi portarmi da Percy!"

I tre dei si voltarono per vedere Rachel Elizabeth Dare in piedi davanti a loro.

"Come prego?" Poseidone alzò pigramente un sopracciglio.

Poteva essere protetta dallo Spirito di Delfi, ma Ade aveva dimostrato come fosse possibile maledirla.

Quello non era incluso nella protezione.

Apollo si tese e Zeus osservò pigramente la scena, non interessato nel difendere la mortale.

"Devi portarmi da Percy, adesso!"

"Non..."

La minaccia di Poseidone venne interrotta da Rachel, che esclamò. "Sei troppo simile a Percy per spaventarmi, Poseidone. E, soprattutto, se dovessi maledirmi, Percy non ti perdonerebbe mai. Ti odierebbe con tutto il suo essere."

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