𝗺𝘆 𝗲𝗺𝗼𝘁𝗶𝗼𝗻𝘀 𝗮𝗿𝗲 𝗻𝗮𝗸𝗲𝗱

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Quando Kageyama varca la porta d'ingresso, al mattino dopo, con Hinata che lo attende appoggiato allo stipite, mi rendo conto di come la mia rabbia si sia tramuta in sollievo.

Tooru posa il fucile di lato, vicino al porta ombrelli. Mi guarda in silenzio, abbassa un po' la testa prima di lanciare una rapida occhiata a Kageyama che trascina Hinata in cucina, l'uno stretto nell'altro, che sussurrano sottovoce.

Stringo i pugni.

Avanzo piano, lo guardo ancora.

Le ciocche azzurre gli ricadono sull'occhio destro, sulle labbra c'è un piccolo sorriso.

Vuole rassicurarmi, vuole farlo. Lo so, lo conosco abbastanza da sapere che sta per cercare di rassicurarmi che non è successo.

Ma è successo di tutto, ieri.

Anche se potremmo fare finta che non è così.

«Mi dispiace per non essere tornato, ma era l'unica opzione per non fargli scoprire il nostro nascondiglio. So che sei arrabbiato, però devi cercare di capire che l'ho fatto per tutti.»

Ciondolo con la testa di lato, lo guardo un'ultima volta.

«Chiudi la porta e poi vai a cucinare la colazione per tutti.»

Salgo le scale che scricchiola sotto di me, non mi volto nemmeno una volta.

Non credo di avere le forze.

Sono sollevato che siano integri? Si, da morire.

Ma sono anche incazzato, di nuovo.

Io non comando, è vero. Però, cazzo, è così difficile cercare di aiutarci a vicenda? Sono settimane che viviamo sotto lo stesso tetto, che mi porta la colazione, che guardiamo assieme Hinata dormire sul divano con Kageyama addormentarsi velocemente quando guardano un film di qualche videocassetta.

È come essere tornato alla normalità, e lui ha cercato di distruggerla... di... rendermi così, cazzo.

Sono patetico, merda.

Mi sto facendo condizionare per colpa di una persona che a malapena conosco.

Apro la porta della camera da letto, ma prima che possa chiuderla dietro di me, mi rendo conto che non riesco. C'è qualcosa che spinge dietro, premo la punta del piede sul basso di quest'ultima, fino a quando non mi scontro con gli occhi perplessi di Tooru, che con una mano l'apre e mi guarda in silenzio.

Fanculo.

«Ho bisogno di parlarti, Hajime.»

«Non abbiamo niente di cui parlare, ora esci da qui.»

Mi prende per mano, chiude la porta con la schiena e mi tira verso di sé.

D'istinto appoggio una mano sulla superficie di legno, mi chino con la testa verso al suo viso.

Deglutisce.

«Hajime...»

«Che c'è?»

Non voglio che succeda.

Non voglio credere che possa cercare di ritornare ad essere un ragazzo, come una volta, prima dell'epidemia.

Non voglio... vivere in questo modo, con la paura costante che possa sfuggirmi tra le mani.

«Tooru, che c'è?» Ripeto sottovoce.

Fa scorrere un braccio dietro al collo, si avvicina piano a me.

«Hajime, puoi guardarmi in faccia, per favore?»

Sospiro.

«Che cos'hai?»

☽ 𝗶 𝗳𝗼𝘂𝗻𝗱 𝘆𝗼𝘂 ᶦʷᵃᵒᶦDove le storie prendono vita. Scoprilo ora