18. Un pazzo psicopatico

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Ero tornato alla vita reale, con la mia camera e il mio banco e il mio cibo e i miei compagni di classe

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Ero tornato alla vita reale, con la mia camera e il mio banco e il mio cibo e i miei compagni di classe. Lo stage di Torino sembrava già uno di quei vaghi ricordi di infanzia che non riesci a capire se siano reali o se li hai immaginati dopo che qualcuno te li ha raccontati.

Avevo passato il weekend con gli occhi spalancati sul soffitto a correre con i miei lupi e aggiornarmi su come si era evoluta la situazione politica dei clan mentre ero stato impegnato con il mio stage. Su Avalon tutto bene. Cioè, era sempre una catastrofe dietro l'altra, ma era quello a renderlo interessante.

Poi fu un attimo, ed era già lunedì. 

I miei compagni erano riuniti all'ingresso come al solito, stavano condividendo le loro straordinarie avventure del mese di gennaio. Io ero troppo impegnato per partecipare, dovevo allungare il collo per puntare gli occhi sopra la folla e individuare le orecchie di Nicola.

Niente da fare. Al suono della campanella, ancora nessuna traccia del mio compagno di stanza.

Ex-compagno di stanza.

La prima ora era matematica e la passai con la guancia sul banco e gli occhi verso il muro. Nicola aveva detto che sarebbe passato a ricreazione, quindi sarebbe passato a ricreazione. Ma se non fosse passato a ricreazione, che cosa avrei dovuto fare?

"Gioele? Ce l'hai il libro di letteratura?" Questo era Matteo, il mio compagno di banco, che dopo il nostro giornaliero "Ciao, come stai? Bene, tu? Bene." mi rivolgeva la parola solo per chiedermi di aprire il libro giusto, il che lo rendeva un compagno di banco meraviglioso. E a quanto pare eravamo passati a letteratura. Tirai fuori dallo zaino il libro e lo posai nella sua metà di banco. Poi tornai a sdraiarmi e fissare il muro. 

Quindi, se non fosse passato a ricreazione, gli avrei scritto. Ecco. E cosa gli avrei scritto?

La terza ora la passai a toccare tutti i polpastrelli delle mie dita con il pollice e a sentire il tum tum del mio cuore nelle orecchie. Era più forte della voce della prof, quel tum tum

Chissà se anche il cuore di Nicola faceva tum tum. Forse il suo faceva un suono diverso, come la sua pioggia.

Risuonò nelle mie orecchie, ancora e ancora, quel tum tum

Immaginai di appoggiare la testa sul petto di Nicola e ascoltare il suo cuore. Immaginai quel battito doppio, sovrapposto, due note identiche una sull'altra.

...

Mi resi conto che doveva essere suonata la quarta campanella perché tutti i miei compagni si alzarono in piedi e tirarono fuori da mangiare. Era ricreazione. Io ero seduto proprio accanto alla porta, perciò tirai fuori i miei biscotti, aprii il pacco, scartai la plastica e persi a fissare dritto davanti a me, da dove sarebbe dovuto entrare Nicola.

Mi irritai dopo il primo minuto che non apparve. Aveva detto a ricreazione. Era ricreazione e lui non era lì.

Ma la scuola era grande, e non avevo idea da dove Nicola partisse, era probabile che dovesse fare un po' di strada per arrivare.

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