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Janet

La luce entra diretta nella mia stanza, mi stropiccio gli occhi per il fastidio e mi giro premendo la testa contro il cuscino. L'odore di pulito e miele invade le mie narici cullando il mio risveglio.

Resto ad occhi chiusi per un po' finché la suoneria acuta del mio cellulare non mi sveglia:

<<pronto?>> dico con la voce impastata

<<Buongiorno Janet>> risponde una voce Gaia dall'altra parte

<<chi parla?>> chiedo ancora nel mondo dei sogni

<<Charlotte, Charlotte Siné>>

<<oh mio Dio, signorina Charlotte mi scusi, mi dica pure>>

<<volevo avvisarla che Charles parte, va a Baku, in Azerbaigian>>

<<oh bene, una gara?>>

<<si, tornerà lunedì ed è solo>>

<<vuole che lo raggiunga??>>

<<può farlo?>>

<<certo, bisogna fare le cose fatte bene>>

<<la ringrazio>>

<<di nulla, preparo le mie cose e parto subito>>

Attaccai il telefono e sbuffando andai a fare colazione: una tazza di latte con i cereali e un buon espresso.

Tornata in camera sbadiglio e inizio a preparare la valigia, che cosa potevo portarmi? Non avevo idea, non ero mai stata in Azerbaigian. Presi subito il telefono per controllare le previsioni... insomma faceva caldo, ma dava sempre un leggero vento per cui sicuro mi sarei portata delle pashmine. Sarei dovuta rimanere da giovedì a lunedì mattina, dovevo stare appostata per cui sarei andata comoda: tre jeans, un paio di tute e cinque magliette con le giacche abbinate.

Non riuscivo a chiudere il trolley, dannate scarpe! Dovevo imparare a mettere le cose nella valigia, ancora non ero capace, assurdo. Avrò preparato le valigie milioni di volte e ancora non sono in grado. La cosa fa abbastanza ridere.

Cammino per il corridoio mentre la luce invade le stanze, il sole londinese non è così forte e non c'è nemmeno spesso, ciò mi fa sentire nostalgia di casa...

Il sole del mattino è cosi bello in Costa Azzurra, caldo, forte, lo prendevo sempre nel patio di casa mia insieme a un cappuccino fumante e delle fette biscottate con il burro; la voce di mia mamma che cantava di prima mattina e un fiore di lavanda che papà mi lasciava tra i capelli. Abbiamo un negozio al centro di Antibes dove vendiamo i prodotti che produciamo con la coltivazione dei fiori, finché vivevo lì lavoravo con loro e tecnicamente un giorno l'azienda sarà mia; non mi dispiace, insomma era il sogno di mio nonno, ma la paura di non essere in grado mi assaliva fino a soffocarmi.

Chiusi le tapparelle, presi le chiavi dal mobile vicino la porta e il giacchetto dall' appendiabiti; appena serro l'infisso di casa il mio vicino mi ferma:

<<Parti ancora?>>

<<mi prendo una vacanza>> scrollai le spalle

Incognita rossaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora