Cap. 2 Pt. I

1K 60 42
                                    

Restai a fissarlo a bocca aperta, letteralmente, mentre si allontanava dal bancone.

Da me.

I miei piedi si mossero in automatico e lo raggiunsi prima che potesse prendere le scale che conducevano al piano superiore. Lo bloccai afferrandolo per un polso, ma non si voltò e dalla rigidità del suo corpo capii quanto fosse irrequieto.

«Jimin» mormorai, posando la fronte contro la sua spalla. «Quando è successo?» chiesi, temendo la risposta.

«Due settimane dopo aver lasciato il tuo appartamento.»

«Chi è il padre?» Non rispose e lo feci io per lui: «Namjoon? Ho visto quanto vi siete avvicinati». Ogni foto pubblicata sui social era una pugnalata alla nostra amicizia.

«Non sono affari tuoi.»

«Sei il mio migliore amico» gli ricordai.

Fece una risata amara. «Lo ero» sottolineò, ferendomi nell'animo e nell'orgoglio.

Mi scappò un ringhio rabbioso e d'istinto, iniziai a rilasciare i feromoni per impormi su di lui. «È Namjoon?»

«Sì» confessò tra i denti e mi odiai per avergli fatto quella violenza, almeno quanto odiai quella risposta che mandò in frantumi il mio cuore.

Ebbi l'impulso di mordergli il collo appena sopra quel nuovo tatuaggio; di graffiare la sua pelle con i denti e lasciare il mio odore su di lui, ma riuscii a controllarmi perché non avevo alcun diritto di rivendicarlo come mio.

Cazzo! Parlavo come se Jimin fosse un oggetto da contendersi; il premio per l'alpha più forte.

Fu un altro l'istinto che seguii, però: lasciai il suo polso e gli accarezzai i fianchi, per poi posare le mani su quel pancione che mi faceva battere forte il cuore. Nonostante la felpa pesante, riuscii a sentire il piccolo muoversi con vivacità. Spostai le mani e lui sembrò seguirne gli spostamenti. Trattenni a stento le lacrime, mentre Jimin iniziò a singhiozzare tra le mie braccia e potei solo immaginare il suo viso paffuto farsi rosso, perché mi dava ancora le spalle.

Lasciai una mano sulla pancia e con l'altra gli circondai il petto per sentirlo più vicino e dargli conforto. Diedi un bacio sulla luna crescente, che con le sue linee nere spiccava sulla pelle candida, e si rilassò un po' contro di me.

«È una femmina, vero?» Non sapevo perché, ma me lo sentivo.

Annuì. «E anche un maschio. Sono gemelli.»

«Come l'ha presa Nam?»

Portò una mano sulla mia nuca e giocò con i capelli, senza rispondere. «Mi sei mancato» disse invece, cogliendomi di sorpresa e mandando al galoppo ciò che restava del mio cuore.

«Anche tu» mormorai nel suo orecchio. «Voglio esserci per voi tre, non tagliarmi fuori di nuovo.»

«Sei arrabbiato?»

«Sono stato arrabbiato, deluso, fragile e altre milioni di cose, ma mi è passato tutto appena ho ritrovato il tuo odore e sentito quest'esserino scalciare.»

«Sei diventato dolce, hyung?»

«Sei sempre stato il mio punto debole, lo sai.»

Sogghignò, asciugandosi il viso. «Tu il mio, Suga-hyung.»

«Suga

«Suona più virile di zuccherino, non trovi?» mi prese in giro, ridendo.

«Hai ragione, piccolo Mochi.»

Mi pestò un piede in protesta e scoppiai a ridere di pancia, attirando l'attenzione della donna che stava scendendo le sca- Porca miseria, era sua madre!

Fuoco e Stelle [Yoonmin]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora