I. Prologo

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«Prenditi il tuo tempo, non c'è fretta

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«Prenditi il tuo tempo, non c'è fretta.»

Aprì lentamente gli occhi. Legato a una sedia, i muscoli si tesero subito, dopo un brusco risveglio. Il fianco gli doleva e aveva ancora i vestiti sporchi del suo stesso sangue rappreso. La luce a neon gli accecava la vista e, d'istinto, chiuso di nuovo le palpebre con violenza. Storse il naso.
Lì dentro puzzava.
Il tanfo era asfissiante e infestava ogni angolo della stanza, tutta l'aria. Avrebbe voluto vomitare.
Puzzava di morto.
Forse sarebbe stato il prossimo.
Non si sarebbe stupito se avessero ucciso qualche altro prigioniero prima di lui.

Di fronte a sé quel bastardo perse la pazienza. Lo colpì con uno schiaffo, che gli fece sanguinare ancora le labbra. Osservò il suo anello d'oro tingersi di rosso. Raffigurava un macabro leone. Così plateale. Alzò di nuovo lo sguardo su di lui.

«Allora, hai voglia di una chiacchierata adesso? Mi hanno detto le guardie che dai loro molto filo da torcere, non è vero?» Inclinò il capo, osservandolo bene. I suoi occhi si tinsero di uno strano scintillio, quasi folle. Era familiare. Aveva anche lui lo stesso sguardo un tempo.

Sputò il sangue ai suoi piedi. Un sorrisetto compiaciuto gli increspò le labbra spaccate. La schiena gli faceva male e qualsiasi movimento gli provocava dolori e brividi lungo il corpo, ma era forte e avrebbe sopportato anche quello. «Non so nulla. Non ho idea di dove siano nascoste.»

Un altro schiaffo lo colpì in pieno volto, facendolo voltare dal lato opposto. Socchiuse gli occhi, doveva solo restare calmo, respirare e resistere. Non era niente di impossibile. Avrebbe potuto agitarsi, distruggere tutto, ma non aveva più forze, erano prosciugate. Le braccia erano legate ai braccioli della sedia, sentiva ogni muscolo del suo corpo cedere alla stanchezza. Una goccia di sangue si liberò dalle sue labbra e sporcò il pavimento. L'uomo si sistemò le cravatta elegante. Gli occhi scuri lo guardavano con odio. Si passò una mano su quella zucca vuota, la luce risplendeva sulla testa calva. Poggiò le mani sui bordi della sedia su cui era seduto. Lo fissò intensamente. Un tempo avevano anche lavorato insieme, erano amici o qualcosa di vagamente simile; così credeva. «Amico mio, non farmi perdere tempo, dove cazzo sono?»

Scosse il capo. «Ti ho detto che non lo so, Paul-» L'ennesimo pugno sul naso lo colpì con una tale violenza che chiuse gli occhi e si irrigidì di colpo. Bruciava e gli occhi sembravano pronti a gonfiarsi di lacrime.

«Va bene. Sei testardo. Sei sempre stato il mio preferito sai? Violento al punto giusto, scaltro e furbo.» Tirò una sedia, trascinandola sul pavimento. Si sedette di fronte a lui e un sorriso cattivo gli illuminò lo sguardo tetro. Avrebbe tanto voluto staccargli quegli occhi del cazzo. «Allora, ricapitoliamo. Tutte le persone che ami moriranno. Una ad una. Mi occuperò personalmente di seppellirle e far sapere loro qual è stata la causa della loro morte: tu.» Una ferita che non si sarebbe mai rimarginata. Se avesse eseguito semplicemente gli ordini, se non avesse voluto mettere fine ad ogni cosa, provare a insabbiare tutto, probabilmente non avrebbe mai messo tutti in pericolo. Se non avesse mai accettato quel patto infernale anni prima, probabilmente avrebbero avuto tutti ancora una vita normale, non da fuggitivi. Doveva morire. Forse era giusto così. «Non hai più nessuno. Sei solo, lo capisci? Adesso ti sto offrendo l'opportunità di essere di nuovo libero. In cambio mi devi dire dove hai fatto scappare i tuoi complici. Non è così complicato. Impegnati, so che in quella testa vuota e inutile ci sono informazioni utili.»

Sgranò appena gli occhi, prendendo un forte respiro. Aveva la sensazione di star collassando su se stesso. Tirò il capo all'indietro e iniziò a ridere. Il sangue gli macchiava tutto il viso, i dolori lo laceravano da ogni parte. La sua risata, pesante e inquietante simile a un latrato, rimbombava nella stanza vuota, dov'era solo insieme al suo aguzzino. L'uomo si innervosì, vide un lampo di rabbia squarciare i suoi occhi, e lo colpì ancora una volta in pieno volto.
Si accasciò col capo verso sinistra, sputando a terra mentre ridacchiava ancora.

«Allora dove cazzo sono?!» sibilò con rabbia al suo orecchio. «Cosa cazzo ridi, non sai di essere un uomo morto?»

Sorrise sarcastico. «Sono morto già da tempo. Sono morto quando ho accettato di esserti amico. Colpiscimi più forte non mi lascerai credere di non saper fare di meglio? Uccidimi, dai.» Ridacchiò ancora, era un modo per stemperare la paura e darsi coraggio.

AngolinoBenvenuti in questa nuova storia! Spero che il prologo vi abbia incuriositi abbastanza da voler continuare❤️‍🩹Alla prossima

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Angolino
Benvenuti in questa nuova storia!
Spero che il prologo vi abbia incuriositi abbastanza da voler continuare❤️‍🩹
Alla prossima.
Questo è un regalo per Cla_Lig

𝐅𝐚𝐦𝐢𝐥𝐲 𝐜𝐨𝐦𝐞𝐬 𝐟𝐢𝐫𝐬𝐭Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora