XXXVI. Ricerche

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Orion

Stava cercando di riabituarsi alla vita in casa

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Stava cercando di riabituarsi alla vita in casa. Non era facile riuscire a farsi accettare come prima, ma stava andando decisamente meglio del previsto.

Il più grande intoppo era Altair, che sembrava ancora arrabbiato, al punto da bocciare qualsiasi sua proposta. L'aveva abbandonato e aveva distrutto il loro rapporto. Stava cercando in ogni modo di riavvicinarsi a lui, ma era complicato.

Quel mattino, tra l'altro, aveva intenzione di spiegare a tutti quali fossero le sue intenzioni. Dovevano iniziare ad agire e anche piuttosto in fretta.

Si mise seduto, alzandosi dal divano letto del proprio ufficio. Alla fine, aveva deciso di relegarsi lì, accartocciato tra tutte le sue cose. La sua camera era diventata quella di Arthur e la cosa non gli dispiaceva affatto. Avrebbe potuto occupare quella di Pollux, ma non aveva il coraggio.

Deglutì a fatica al solo pensiero. Si mise seduto sul divano, dopo aver sistemato tutto. Fissò per un po' il vuoto e arricciò il naso.

Pollux era di fronte a lui, come sempre. «Come fai a dormire con la consapevolezza di essere una totale delusione per tutta la tua famiglia?»

Orion sospirò piano. Si passò una mano dietro il collo e prese a massaggiarsi le tempie. «Non lo so,» farfugliò «tu perché non sparisci?»

Sapeva fosse solo la proiezione del suo dolore, del male che aveva inflitto al mondo. Stava cercando -di conseguenza- di espiare da solo tutti quei peccati, auto flagellandosi. Non avrebbe mai potuto perdonarsi ciò che era successo a Pollux: era suo fratello, dopotutto. Al di là di qualsiasi discussione, era cresciuto con lui. Aveva imparato a credere in se stesso e nella propria forza grazie a lui. Si era semplicemente rotto qualcosa e il loro legame era scomparso.
E Orion l'aveva reciso, infrangendo la più grande regola. Per una volta non aveva scelto la famiglia.

«Vuoi pugnalare anche mio figlio?» Pollux fece un sorriso sinistro e Orion rabbrividì. Era così reale. Sembrava che lo seguisse ovunque, anche quando non era con lui.

Si tirò in piedi, cercando di ignorare tutte quelle paranoie.
Di colpo, la porta dell'ufficio si aprì. Le paure spazzate via come foglie al vento. Arthur lo guardava con un cipiglio perplesso.
Gli occhi chiari lo scrutarono dall'alto, con attenzione. Sembrava volesse captare tutto quelle che gli stesse succedendo, silenziosamente. «Stai bene?»

Orion forzò un sorriso. «Sì, sì. È successo qualcosa?»

Arthur si lanciò un'occhiata alle spalle e richiuse la porta. Gli andò incontro e si sedette su quella che di solito era la poltrona di Orion. «C'è stato poco tempo per parlare. Come stai? E sul serio, Orion. Non dire le solite cazzate.»

Orion serrò la mandibola. Si mosse a disagio e iniziò ad agitare su e giù la gamba. Si morse l'interno guancia e sospirò frustrato. «Lo vedo. Lo vedo ovunque. Mi parla, mi tormenta. Non so come fare.»

𝐅𝐚𝐦𝐢𝐥𝐲 𝐜𝐨𝐦𝐞𝐬 𝐟𝐢𝐫𝐬𝐭Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora