Luce

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5 mesi prima

-Scopriamo il valore
di una cosa solo quando
la perdiamo-

"Così... Questa nostra prozia, non ha figli?"

Mi tormentavo le mani in grembo, impedendo loro di tremare.

Eravamo tutti seduti attorno al tavolo, ognuno con pensieri diversi nella testa, ognuno con le proprie idee.

Eliza sedeva composta e seria come sempre: la schiena leggermente curva sotto il peso dell'abbondante pancione e la solita espressione pensierosa sul volto chiaro e perennemente corrucciato.

Non sapevo che stesse pensando.
Era felice per me?

Sempre così impassibile, così seriosa, non lasciava nessuno interrompere i suoi pensieri.
Forse, con la domanda che feci, disturbai i suoi ragionamenti, e infatti mi guardò con rimprovero.

"Non hai ascoltato ciò che ti abbiamo detto? Lei e suo marito non hanno mai avuto figli. A quanto pare erano troppo occupati l'uno con l'altro" mi disse schioccando la lingua con uno sguardo sprezzante. "Soprattutto Beryl".

Da sempre, lei con le sue idee primitive, reputava una donna in carriera una pazzoide.

Non riuscivo a guardarla; le sue parole erano dure, amare. Lei era così, ma come potevo incolparla di ciò?

Appena compiuta la maggiore età, non aveva perso tempo e si era sposata solo due mesi dopo.

In quel momento, a ventidue anni, portava in grembo il suo secondo figlio.
Le volevo bene, ma mai avrei trovato una persona tanto diversa da me.

"Sarà lei ad ospitarti. Ha una grande casa in centro, e fa parte dell'alta società. In futuro non avrai problemi se ti fai vedere con lei.".

La mamma mi prese la mano e mi sorrise speranzosa.
Lei aveva sempre desiderato per me una vita da signora.

"Con lo studio, si raggiungono grandi vette" mi diceva sempre quando ero piccola.

Con la busta d'accettazione all'istituto di formazione femminile Hale in mano, finalmente il suo sogno si era realizzato.

Ma io non avevo mai pensato seriamente l'idea di frequentarlo.

Mi dicevo sempre che era impossibile che prendessero me, una ragazza dell'estremo nord dell'Inghilterra senza particolari posizioni sociali e nessun titolo.

E invece, quando quella mattina mia madre mi aveva detto di sedermi, avevo capito che mi avevano accettato.

L'indomani sarei partita per Birmingham, e sarei stata via per ben tre stagioni.

Mi mancheranno pensavo.

Ma non avevo idea di quel che avrei passato.
Neanche minimamente.

Stavo mettendo i miei vestiti dentro la valigia, e Lizzie era seduta nel mio letto e mi osservava emozionata.

"Che fortuna che hai" ripeteva esasperata e trascinando la voce. "Io me ne starò qua da sola per un'infinità. L'anno prossimo compio diciotto anni e mio padre mi ha già promessa al figlio di uno giù in città.
Tu, invece, puoi fare quello che ti pare!"

Poi con un'espressione di finta rabbia si avvicinò a me e quasi mi urlò addosso.

"E poi chissà quanti bei ragazzi ci sono a Birmingham! Non ci voglio credere".

Scoppiai a ridere e la tirai verso di me in un abbraccio stretto.

Era ormai una donna a tutti gli effetti, ma si ostinava e mantenere il tono di una bambina.

Penso fosse un qualche genere di corazza, un modo per proteggersi da ciò che accadeva fuori.

Le diedi una veloce carezza sulla testa e la guardai con un sorriso triste.

"Io invece invidio te" le dissi. Girai la testa verso la finestra e guardai lontano, oltre i campi e le montagne. "Tu rimani qui".

Lizzie sbuffò e finì di aiutarmi a piegare le mie cose.

Quando finimmo, mi fermai ad osservare il mobile davanti a me.
Lizzie seguì il mio sguardo.

"Non avrai mica intenzione di portarti fin laggiù tutti quelli".

Scossi la testa, sorridendo.

"Sarebbe da matti" notai. "No, ne porterò solo alcuni, i miei preferiti."

Lei sgranò gli occhi.

"I tuoi preferiti? Ma ne avrai almeno venti!"

Allora presi dalla mia libreria un libro. Rigirai nelle mani il volume rilegato in pelle, e lessi il titolo.

"Ecco" dissi. "Mi hai convinto. Porterò solo questo, gli altri non mi stanno in valigia."

Lizzie sbuffò e si lanciò all'indietro sul mio letto.

"Tu e le tue strane manie".

Chiusi bene la cerniera e sospirai soddisfatta.
Mi misi mani sui fianchi e lanciai un'occhiata alla ragazza.

Lei capí subito e la sua espressione cambiò di botto.
Si lanciò verso di me e mi strinse in un abbraccio disperato.

"Oh no, ti prego non andare. Come farò da sola?"

Risi e le carezzai la testolina mora con la mano.

Lei mi prese i capelli biondi e li strinse con le dita.

"Mi mancherai Eileen" disse con voce sottile. "Ricordati di me quando sarai ricca e famosa."

"Di sicuro lo farò. Scrivimi, Lizzie, ti ho lasciato l'indirizzo di zia Beryl"

Lei annuì lenta, con gli occhi azzurri colmi di pianto.

Scendemmo al piano di sotto e i miei genitori erano già lì ad spettarmi.
Salutai tutti, ricevetti baci e abbracci, e poco dopo mi ritrovai su un treno diretto a Birmingham.

Mi portai la mano sul cuore, e lo sentii battere forte.
Le lezioni sarebbero iniziate due giorni dopo e entro poche ore sarei arrivata a casa di zia Beryl.

Mentre il paesaggio scorreva dietro al vetro, guardavo piano piano il paesaggio cambiare e ingrigirsi.

Il tempo passava veloce, pensai. Se avessi chiuso gli occhi cosa sarebbe cambiato?

Così cercai qualcosa, laggiù, nei miei occhi verdi riflessi nel vetro.

Una luce. Qualcosa che rimaneva sempre uguale nel tempo.
Qualcosa a cui aggrapparmi in quel viaggio che non sapevo dove si sarebbe concluso.

Mi addormentai prima di trovarla.

Siamo Sotto la Stessa PioggiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora