Non c'è speranza

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-Ho chiuso gli occhi,
e sotto la pioggia
ho visto i tuoi nei miei-

Tristan Brightwood's POV

Un passo.
Poi un altro.
Mi girai.
Ne feci altri due in avanti.
Mi fermai.

Erano arrivati e lui era già entrato dalla porta d'entrata.
Feci un respiro, ma la sola aria che respirai fu tesa e amara.
C'era qualcosa anche non andava, lo sapevo.
Fuori pioveva forte, lo aveva fatto tutta la mattina.

Buio fuori, buio dentro.
Ormai non capivo più la differenza.

Qualcosa collassò nel mio petto, e mi distrusse a tal punto che uscii dalla stanza in preda al dolore.
Erano lì.
E aspettavano solo che li raggiungessi.



Eileen Harrison's POV

Per quanto provassi a regolarizzare il mio respiro, questo usciva sempre affannato e pesante.
Strinsi la fascia verde attorno alla vita e la legai dietro la schiena con un fiocco.
Mi guardai allo specchio e feci una smorfia.

Avevo sentito la porta della sua stanza chiudersi piano, mentre i suoi passi delicati risuonavano nel corridoio.

E c'era qualcosa di immensamente sbagliato nell'aria.
Era malfermo e silenzioso, ma voleva risultare deciso e rumoroso.

Ma Tristan non era così.
Lui non era rumoroso.

Agiva nell'ombra e feriva con lo sguardo, e quei passi non appartenevano al solito Tristan.
Era lo stesso rumore di quelli di quel pomeriggio, quando se n'era andato dal soggiorno.

Le tempie cominciarono a pulsare.
Sentii caldo e mi avvicinai alla finestra.
Dopo alcuni istanti passati a guardare il cielo scuro che piangeva, delle voci si alzarono dal piano di sotto.

Non capivo cosa dicessero, ma riconobbi quella di Tristan nitida e chiara.

Il tono si alzò progressivamente, e quel sussurro che poco prima si perdeva nell'aria, diventò tuonante e rumoroso.

Un'ansia improvvisa mi colse alla sprovvista.
Ecco che le voci si alzavano ancora.
Raggiunsi la porta fermandomi immobile davanti ad essa.

Cosa stava succedendo al piano di sotto?

Il respiro per poco non mi mancava, e la mano cominciò a tremarmi nervosamente.
La appoggiai alla maniglia per cercare di farla calmare, ma questa riuscì solo ad abbassarla e a ricadere inferma sul mio fianco.

La porta si aprì e le voci diventarono più forti ed insistenti.

Feci un incerto passo avanti.
Tesi l'orecchio, e al piano di sotto c'era un gran trambusto.
Sentivo passi girare intorno, tormentati e ripetitivi, e sbuffi scocciati richiamare l'attenzione.

Arrivai al primo gradino.
La porta del soggiorno era socchiusa, e si intravedevano ombre veloci muoversi meccanicamente di qua e di là.
Voci adulte rimproveravano e si scusavano, urlavano e sussurravano.

Poi Tristan parlò.
Nonostante fossi parecchio lontana e dovessi ancora muovermi dal gradino, il tuo timbro roco mi fece tremare come se avessi il suo viso a pochi centimetri dal mio.

La mano non smetteva di tremare e più lui andava avanti a parlare, più la mandibola mi si contraeva.
Non capii ciò che aveva detto, ma mi colpì l'apatia e l'indifferenza con cui si esprimeva.
Ad ogni sua pausa, sentivo tutti i presenti trattenere il respiro.

Arrivai a metà della scala.
Forse non mi sarei dovuta intromettere, né origliare una conversazione che sembrava tanto importante, ma dopo aver visto la sua espressione quando poco prima gli era stato detto che i suoi genitori sarebbero arrivati, io mi ero preoccupata parecchio.

Siamo Sotto la Stessa PioggiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora