Diversità

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-Non importa per chi
corriamo, ma per
chi ci fermiamo-


Quella mattina mi svegliai poco prima dell'orario programmato.

Al piano di sotto, una voce gridava disperata aiuto.
Stordita com'ero dal sonno, non capii subito che quelle urla non facevano parte dei miei sogni.

Ancora in pigiama, uscii allarmata dalla porta della camera con le palpebre che a malapena restavano aperte.
In quello stesso preciso momento, un'altra persona uscì dalla sua stanza.

Per poco, non andai a sbattere contro il petto di Tristan.

Lo guardai confusa.

Lui tese meglio l'orecchio e poi mi guardò. La sua espressione era fredda come il colore dei suoi occhi.

Le grida si erano fermate, ma gemiti di dolore si sentivano ancora al piano di sotto.

"Torna dentro" mi intimò serio.

Detto ciò, mi superò e scese le scale a gran velocità.

Non so perché lo ascoltai, ma fatto sta che tornai in camera e mi vestii veloce.
Presi la borsa con i libri, e mi precipitai giù dalle scale.

Lì, incontrai Mariam e Tristan che parlavano sottovoce.
Stando da parte, li guardai finché non mi notarono.

Lui mi lanciò uno sguardo sprezzante, così diverso da quello che la sera precedenti mi avevano guardata arrossire, e prendendo una borsa appoggiata all'attaccapanni, sparì fuori casa.

Mariam guardò la sua figura allontanarsi e mi fece un debole sorriso. "Sua zia è anziana" disse dolcemente. "Osare troppo la sera provoca... problemi, la mattina".

Trattenni il respiro. "Lei... Sta bene?".

La donna annuì. "Oh, a volte la signora esagera. La porterò dal medico, ma lei non si preoccupi. Sa dove si trova la scuola?"

Annuii distrattamente.
Lei mi sorrise e mi augurò di trascorrere una buona giornata.

Passai velocemente in cucina, presi una mela e poi uscii di casa.

Non avevo idea che la zia soffrisse di qualche problema di salute.
Ma in fondo... Non era più così giovane.

Era una donna a cui piaceva vivere la vita al meglio e lo avevo notato la sera prima, quando aveva bevuto troppo vino per festeggiare.

Suo marito ci aveva lasciato prima che nascessi, e l'unico modo che avevo di riconoscerlo, era per quelle foto che si trovavano sopra i mobili in soggiorno.

Mentre attraversavo le affollate strade della città, un dubbio mi assalì.

Perché Tristan abitava lì con lei?

Non feci tempo a rispondermi che una voce mi interruppe.

"Ehi, ci sei?"

Era una ragazza bassa, con i capelli rossicci, gli occhi nocciola e un'espressione vivace sul volto.

"Si?".

Lei mi fece un sorriso. "Ti ho chiamata, ma stavi persa nei tuoi pensieri" mi disse. "Tu sei Brightwood?"

"Come?" Scossi la testa. "Brightwood, dici?".

Alzò le mani con fare quasi comico."Non pensare che ti abbia seguita, ma venivo da quella parte e ti ho vista uscire da casa Brightwood. Ho pensato fossi parente di Tristan."

Sua parente? Conosceva Tristan?

"No" risposi. "Ma abito lì comunque."

"Sei per caso la sua ragazza?"

Arrossii di colpo e scossi la testa.

"No!" mi affrettai a dire. "Sono ospite da sua zia per frequentare qui la scuola, io e lui non siamo affatto... quello che hai detto tu."

"Quindi sei tu la ragazza nuova! Io sono Shannon, faccio parte del comitato studentesco". Si portò una mano sulla fronte. "Che fortuna! Pensa che avrei dovuto cercarti ovunque per farti fare il giro della scuola!"

Mi offrì la mano e io la strinsi. "Io sono Eileen".

Insieme ci avvicinammo all'entrata e poi lei si girò verso di me, con un sorriso smagliante sulle labbra.

"Bene, questa è la Hale". Alzò le braccia per abbracciare la figura della scuola. "E quell'edificio laggiù e la Jones, dove vanno i maschi."

Poi sbuffò sonoramente e si sedette in una panchina.

"Abbiamo firmato tante petizioni per unire i due istituti, ma non ci vogliono concedere nulla. L'unico momento dove possiamo parlare è qui fuori da scuola."

Una campanella risuonò nell'aria e Shannon si alzò.

"Giusto in tempo. Vieni, ti mostro la scuola!".

Dopo circa mezz'ora, io e Shannon ci trovammo di nuovo appena dentro l'ingresso.

La Hale era un edificio antico e scuro, ma dopo aver visto la grande biblioteca aperta al pubblico e agli studenti, mi piacque moltissimo.

In quel breve giro che avevo fatto con lei, Shannon si era presentata come una persona molto socievole.

Metteva passione nell'impegno che si era presa, e capii subito che era molto conosciuta a scuola.

Avevamo entrambe diciassette anni, e ci piaceva la scuola, ma le nostre cose in comune finivano lì.

Lei apprezzava la confusione, uscire il pomeriggio in centro e parlare finché non aveva più parole in bocca.

Io preferivo il silenzio, un buon libro, e magari un giardino intimo dove leggerlo in pace.

Ma nonostante le diversità, stavo bene con lei perché non serviva che parlassi, ma solo che accennassi un si o un no con il capo.

"Bene, abbiamo finito, Eileen" Mi passò una cartina della scuola. "Dopo torniamo a casa insieme? Io vivo un po' più in là di casa tua, magari potresti farmi altre domande!"

Annuii e sorrisi.

Per ultima cosa, Shannon mi accompagnò alla mia classe, e mi salutò dicendomi di aspettarla fuori da scuola.

La guardai andare via.

Presi un gran respiro ed entrai nella classe seguita da venti paia d'occhi.

Siamo Sotto la Stessa PioggiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora