Benvenuto

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-"Io sogno perché
voglio vivere in un
mondo diverso dal vostro"-


"Signorina?"

Scossi la testa, contrariata.

"Siamo arrivati, signorina"

Aprii gli occhi, e subito tornai alla realtà. Il treno era vuoto.
Tutti i posti erano liberi, e l'unica ad essere ancora lì, ero io.
Alzai gli occhi e incontrai quello del controllore, visibilmente in difficoltà davanti ad una ragazza da sola e addormentata.

"Oh, mi scusi. Devo essermi addormentata."

Mi alzai, e con una borsa sotto mano e trascinando la valigia, uscii all'aria aperta della stazione.
Poco dopo il treno che mi ero lasciata alle spalle ripartì, e io ero sempre ferma con lo sguardo perso tra la folla.
Non avevo mai visto tanta gente tutta insieme.
C'erano donne con vestiti eleganti che parlavano tra di loro, bambini che correvano vicino alla biglietteria, uomini in uniforme che fumavano pipe tenendo d'occhio la situazione.

Ogni tanto, quando i bambini si avvicinavano troppo al bordo, urlavano qualcosa con un accento marcato, e loro scappavano.
La stazione era davvero grande.
Mi ci sarei potuta perdere facilmente, se non fosse stato per l'uomo che mi picchiettó la spalla.
Mi girai di scatto.

"Signorina Harrison? Sono Nelson, mi ha mandato la signora Brightwood a prenderla. Prego, posso prendere i suoi bagagli?"

Annuii e, un po' confusa, lo seguii fuori.
Ad aspettarmi, c'era un auto nera.
Salii dietro e guardai dal finestrino le case.
Sarei mai riuscita ad orientarmi in quella grande città?
Le vie sembravano tutte uguali, con gli stessi colori, con le medesime persone vestite allo stesso modo.
Mi sentii un attimo inadeguata, con il mio vestito azzurro troppo appariscente e la lunga treccia bionda laterale che mi aveva fatto Lizzie.

Rivolsi la mia attenzione al signore che guidava.
Era un maggiordomo, o solo un autista?
In quel momento pensai che la prozia Beryl fosse davvero messa bene economicamente se aveva qualcuno al suo servizio.
Avevo visto la zia solo poche volte in vita mia.
Da quanto ricordavo, era una bella donna, con i capelli grigi e gli occhi chiari.
Aveva un temperamento calmo, ma era una donna senza peli sulla lingua, per così dire.
Avevo qualche ricordo sfuocato di lei che mi diceva di mettere da parte i libri e di pensare alla realtà.
Avevo solo sei anni all'epoca, ma la sua frase mi rimase in testa per molto tempo.

"Non ha senso immaginare castelli sulle nuvole e principesse rapite, se poi devi affrontare le cose come stanno" mi diceva.
E aveva ragione, ma io non le diedi ascolto.

La macchina accostò lentamente davanti ad un cancello di ferro.
Eravamo in centro città, e dentro, tanti alberi scuri fuoriuscivano dal muretto che separava la proprietà dalla strada.
Il cancello di aprì e Nelson mi aprì la portiera.

"Prego signorin... Eh? Ma che fa?"

Era scioccato.
Stavo aprendo il bagagliaio e tirando fuori le mie valigie. Subito non capii che cosa lo turbasse.

"Lasci fare a me" mi rubò dalle mani le valigie e si avviò all'entrata.

Credeva forse che non fossi abbastanza forte per portarle da sola?
Mi stranii il suo comportamento.

Non ero abituata a tutto quel lusso e di certo a casa non avevo qualcuno che portasse le cose per me.
Lo seguii all'interno del giardino e lanciai un'occhiata alla dimora.
Era in mattoni rossicci, e aveva un porticato elegante, con una sedia a dondolo e qualche vaso di fiori.
Il giardino era costituito in gran parte da prato, e alberi fitti fitti e scuri.

Salite le scale della piccola terrazza sotto il portico, arrivammo davanti ad una porta bianca.
Il signor Nelson la aprì, ed entrammo lenti.
Appoggiò i miei bagagli ai piedi delle scale, e si girò.
Non mi degnò di uno sguardo, ed uscì in fretta.

Ero rimasta sola nel grande ingresso. L'aria che mi circondava era fioca e polverosa.
Qualche raggio di sole filtrava dalle tende di seta  grigia e mi finiva sul vestito stropicciato.
Mentre cercavo invano di metterlo apposto, una persona di schiarì la voce davanti a me.
Alzai in fretta lo sguardo.

"Benvenuta signorina Harrison, spero abbia passato un bel viaggio" mi sorrise una donna e mi fece segno di seguirla.

Arrivammo in una grande stanza con un divano e delle poltrone.
C'era qualche vetrina con delle cose dentro, e un tappeto rosso a motivi asiatici.
La donna che mi aveva accompagnato mi annunciò alla stanza.
Solo allora vidi una figura appollaiata su una poltrona rivolta alle finestre.
Si girò e incontrai lo sguardo della prozia Beryl Brightwood.

Arcigna come sempre, mi scrutò con i suoi occhi freddi. Si soffermò sul mio misero vestitino e alzò un sopracciglio.

"Vestita così, non farai una gran bella figura, ragazza mia."

Abbassai la testa, cercando di nuovo a stirare il tessuto.

"E non abbassare lo sguardo! Non devi farti intimorire da nessuno!"

Annuii e continuai a guardarla.

"Grazie dell'ospitalità, signora Brightwood, le sono riconoscente."

"Penso che zia Beryl possa bastare, ragazza mia.
E ora, vedo che hai già conosciuto Mariam, bene. Lei è la governante, provvederà ad ogni tuo bisogno. Ti mostrerà la tua stanza, e potrai... sistemarti prima di scendere a cena"

Lanciò un'altra occhiata ai miei vestiti e poi continuò.
"Sarà alle sette in punto, e ricorda bene, io non ammetto ritardi.
Detto questo, spero che il tempo che passerai qui sia di tuo gradimento."

Abbassai il capo in segno di ringraziamento.

"La ringrazio, zia Beryl"

"Vai pure ragazza"

Mariam mi portò fuori dalla stanza e mi condusse su per le scale di legno scuro.
Arrivate al piano superiore, mi accompagnò dentro una stanza soleggiata e abbastanza grande.
C'era un letto a baldacchino con le lenzuola color crema.
Sopra una piccola scrivania appoggiata al muro c'erano appoggiati molti libri.
Mi avvicinai e cominciai a sfogliarli.

"La signora Brightwood si è presa la libertà di ordinarle i libri per la scuola, signorina."

Sorrisi riconoscente.

"La ringrazierò stasera a cena."

Fece un piccolo inchino e uscì dalla stanza.
Quando fui sola, però sentii Mariam parlare con qualcuno.

"Oh, salve signorino Brightwood. Sua zia l'aspetta in soggiorno."

Poi non sentii una risposta, solo dei passi per le scale.
Giurai di sentire un respiro vicino alla porta, ma poi nulla.

Solo silenzio.

Siamo Sotto la Stessa PioggiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora