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- Never let me go, never let me goNever let me go, never let me goAnd the arms of the oceanare carrying meAnd all this devotionwas rushing over meAnd the questions I have fora sinner like me

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- Never let me go, never let me go
Never let me go, never let me go
And the arms of the ocean
are carrying me
And all this devotion
was rushing over me
And the questions I have for
a sinner like me


Apro gli occhi vedendo il soffitto bianco, non era la mia stanza e si sentiva un suono che si ripeteva in continuazione, "bip" "bip" "bip" ero in una stanza d'ospedale.

«Dottore!» grida una voce famigliare, giro la testa e vedo mia mamma insieme a mio padre. «Tesoro» sorride mentre mi accarezza la testa, le lacrime cadono dal suo viso angelico e ogni volta che i miei occhi incontrano i suoi mi sento al sicuro.
«Va tutto bene» continuava ad accarezzarmi e darmi baci sulla fronte mentre mio padre era rimasto davanti il lettino, fermo a guardarmi con gli occhi lucidi.

Il dottore irrompe nella stanza con il suo camice bianco e una cartellina marroncina con dei fogli all'interno.
«Ben tornata signorina Khalida» si avvicina ai macchinari e controlla qualcosa prima di segnarlo nei fogli.
«Come ti senti?» il suo tono sembrava sollevato, non ricordo assolutamente niente ho solo un forte dolore al fianco e la testa mi fa male come se mi stessero colpendo più volte con un martello.
«Cos'è successo?» chiedo provando a sedermi ma il medico mi dice che è meglio restare sdraiata e così decido di ascoltarlo.
«Sei caduta dalle scale sbattendo la testa fortemente, per fortuna non hai avuto nessun problema celebrale se non un bernoccolo e un gran livido sul fianco» nella mia testa provo a immaginare quel giorno ma vedo solo un immagine nera.
«Da quante ore sono qui?» chiedo al dottore che guardava i miei genitori come se mi stessero nascondendo qualcosa.
«Tesoro se qui da tre giorni» risponde mia mamma tenendomi per mano e sposto lo sguardo notando le dita intrecciate con le sue. La sua mano calda a contatto con la mia fredda mi fece rabbrividire, sento freddo nonostante la coperta pesante ma sembra di avere le finestre spalancate.
«Forse è meglio se la lasciamo un momento da sola» dice mio padre e per la prima volta lo guardo, indossava un abito elegante come se fosse appena uscito da lavoro, aveva ancora la fede al dito e lo notai dato che le sue mani erano appoggiate alla fine del letto.

«Hai ragione ma Khalida c'è qui fuori una persona che non vede l'ora di vederti» dice mia madre sorridendo e dalla porta entra un ragazzo alto e con i capelli neri, teneva in mano un mazzo di cinque rose rosa si avvicina e sento la mano di mia mamma lasciarmi. Solo in quel momento capii di essere in una camera d'ospedale da sola con Alexander.

«Ei piccola come stai?» si siede sulla sedia vicino al letto e mi prende la mano, provo a toglierla bruscamente ma lui con forza riesce a tenerla sul materasso, coprendola con la sua calda così che da fuori sembra che non mi stia costringendo.
«Non toccarmi» dico guardandolo negli occhi.
«Piccola hai preso una bella botta capisco che sei così nervosa» con l'altra mano mi accarezza la testa ma provo a toglierla ma blocca anche l'altra mano dal polso.
«Non provare a ribellarti piccola» dice con tono calmo ma con una punta di sfida.
«Smettila di chiamarmi così» Alexander prova ad avvicinarsi per baciarmi, giro la testa e lui mi prende dal collo costringendomi a baciarlo. Era un bacio passionale per lui quando in realtà mi mancava l'aria e la presa sul mio collo si faceva più forte facendomi respirare a fatica e sentii un dolore al fianco che mi fece piegare in due. Solo in quel momento una lacrima riga la mia guancia mentre lui si prendeva tutto di me.

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