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La prima cosa che fa Greta quando si sveglia, è controllare le notifiche del suo cellulare.

Controlla Facebook, controlla Instagram, controlla TikTok, ma soprattutto controlla Whatsapp.
Stamattina non ci sono notifiche. Chiude l'applicazione e la riapre, magari deve aggiornarsi. Ancora nulla. Allora si alza, tira via violentemente il lenzuolo bianco e scopre il fratello, che dorme accanto a lei con le gambe spalancate, la bava alla bocca e il torace che si muove lievemente verso l'alto e verso il basso.
Cammina a passi rapidi sulle mattonelle azzurre del pavimento ed apre la portafinestra per andare sul pianerottolo. Sicuramente in casa non c'è linea.

Il sale le riempie le narici, il verso dei gabbiani fende l'aria e la superficie del mare è appena increspata: è una giornata calda e limpida.
Ma ancora non appaiono nuovi messaggi.
Apre la chat con Bruno, dove l'ultimo messaggio è il suo: una foto del golfo che si vede dal suo residence. Bruno l'ha visualizzato, si vedono le spunte blu. Greta clicca sulle info: messaggio consegnato ieri sera alle 20.36, letto stanotte alle 00.21.
S'innervosisce e spenge impulsivamente il telefono.

Ah, che bella sorpresa quando proverà a chiamarla e nell'orecchio sentirà rimbombare la segreteria telefonica; che goduria quando vedrà le sue storie su Instagram, le spiagge bagnate dall'acqua cristallina, i fritti di mare, le gite in barca e qualche foto con dei ragazzi del posto.
Magari s'ingelosirà, magari le manderà un messaggio vocale arrabbiato, pretendendo spiegazioni; ed allora sarà lei a dare risposte elusive, a mostrarsi scocciata, a sminuire, a farlo passare per paranoico.

Eppure, tra i due, era lei quella ad essere sfuggente.
Lui gliel'ha anche detto la sera in cui si sono baciati per la prima volta: «Greta, che fatica ho dovuto fare con te: da cosa fuggivi?».

Erano sul divano della casa di un amico in comune, in sottofondo c'era la playlist del Mac di uno di loro, con una canzone di Gazzelle di cui non riuscivano nemmeno a capire bene le parole -forse era Meglio così.
Attorno a loro lattine vuote posate su un tavolo basso di vetro e chiacchiericci, e strimpellate alla chitarra, e qualcuno che aveva tirato fuori dei bonghi e adesso li violentava, tra l'ilarità di tutti.
Ma questo potevano solo immaginarlo, perchè la porta era socchiusa ed entrava giusto un filo di luce che delineava i loro profili, il naso dritto di Bruno, i suoi occhialini tondi, i capelli neri mossi e la camicia col colletto alla coreana.

«Non stavo fuggendo», aveva risposto fievolmente Greta quella sera, mentendo e non sapendo nemmeno il perchè.

Come d'altronde non avrebbe saputo spiegare perchè avesse rifiutato Bruno così a lungo, per poi cedere ad una festicciola delle tante che avevano organizzato; era forse un Bruno diverso dal solito? Era più bello, più simpatico, più affascinante, più intelligente? Com'è che per settimane aveva risposto svogliatamente ai suoi messaggi, aveva indugiato oltre modo sul neo che aveva sul labbro superiore, sulla sua erre moscia -d'altronde non era nemmeno colpa sua: era per metà di origini francesi-, sul suo essere troppo contenuto, sul suo prendersi troppo sul serio. Cos'era cambiato?

Greta non sapeva spiegarselo, eppure fin da quando aveva aperto la porta di casa e l'aveva invitata ad entrare, le era parso tutto un'altra persona. Il suo sorriso le era sembrato più smagliante, il modo in cui teneva in mano il bicchiere era più accattivante e perfino le battute che faceva erano più sagaci.

Com'era bello Bruno nel suo modo di stare in piedi poggiato sul davanzale della finestra, com'era eccitante vederlo accendersi una sigaretta, accavallare le gambe, portarsi verso il frigo e tirar fuori delle bottiglie di birra. E le persone che lo stavano ad ascoltare, i loro amici, in che modo pendevano dalle sue labbra.

Certo, forse aver saputo da Flavia, la sua migliore amica, che Martina Grignani -terza C- gli stava facendo il filo, l'aveva reso un tantino più interessante, ma chi può dirlo? Adesso le sembrava assurdo averlo tenuto in bilico per così tanto tempo.

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