15.

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Emiliano adesso la guardava con ammirazione: guardava la frangia bionda appiccicata alla fronte, guardava le labbra lievemente dischiuse, guardava il collo sinuoso proteso verso di lui.

Non sapeva di preciso cosa fosse scattato, se fosse stata l'ultima frase pronunciata da Marilù –detta in tono leggermente provocante-, se fosse stato il modo in cui lo stava guardando, fisso, senza imbarazzo; oppure quell'atmosfera, la pioggia, l'aria umida, la poca luminosità che confondeva i lineamenti, sua moglie che lo considerava un idiota, sua figlia che lo considerava un idiota, tutta la sua famiglia che lo considerava un idiota, un esserino remissivo, e che quindi, nel frattempo, si faceva i fatti suoi; tanto Emiliano non diceva mai nulla: le trombavano la moglie e non diceva nulla; gli insidiavano la figlia e non diceva nulla. Emiliano c'aveva i sensi di colpa, c'aveva la sua pena da scontare –o almeno, questo è quello di cui era convinto da anni-, e loro lo sapevano bene: era quello il vincolo attorno al quale girava il loro permesso di fare quello che volevano. Immaginava che se avesse anche soltanto provato a dire qualcosa, una piccola cosa, una cosina, subito l'avrebbero apostrofato: «Ma come ti permetti? Ma proprio tu parli?».
E perciò, preventivamente, non diceva nulla.

Emiliano in realtà si sbagliava, ma questo, il giorno in cui si era trovato solo con Marilù nell'orto botanico, non poteva saperlo.
Quel giorno, quel momento davanti alla teca della murena, Emiliano sapeva soltanto che si sentiva eccitato. Stavolta in modo chiaro: era un desiderio ben delineato, un progetto mentale preciso, con tanto di punti ed elenchi –«Mo mi avvicino, le metto una mano dietro il collo, le ficco la lingua in gola»-, non più una sensazione vaga, -«Ah, mi piacerebbe scopare questa donna, se»; no, niente se, niente ipotesi, niente possibilità.
Basta stare lì a tubare come piccioni, basta messaggi su WhatsApp –Emiliano non sapeva nemmeno come funzionava quel modo di flirtare, «E che è sta roba dei messaggini», pensava, «io sono per la vecchia scuola, che qui tra allusioni e messaggi velati, con questo vedo non vedo, dico non dico, non si capisce mai un cazzo»-, basta citazioni, basta gonfiare il petto come un pavone.

Emiliano aveva passato tutta l'adolescenza a corteggiare, a sprecare le sue energie per convincere le donne che incontrava che una trombata con lui fosse un'occasione da non perdere. «Guarda che elemento», diceva, tra le righe, mentre citava Karl Popper, «guarda che esemplare che sono».

E adesso, a cinquant'anni, non ne aveva più voglia.

A cinquant'anni, secondo lui, si aveva già un piede nella fossa: non ci si poteva permettere di sprecare tempo in inutili giri su se stessi.
«E che facciamo come i cani», pensava, «ci stiamo ad annusare il culo per ore?».

E adesso, di fronte a quella donna con la maglietta fradicia, col volto nascosto dalla penombra, poteva dirlo chiaramente: voleva averla, voleva averla subito, sotto le volte a crociera, davanti alla teca della murena, tra le gallerie dell'orto botanico dove, per anni, aveva tenuto per mano Francesca.

Perciò aveva detto, mosso da quella stessa eccitazione: «Resta quello che vedi tu».
Ma subito si era maledetto, «No», aveva pensato, «perché l'ho detto, perché ho detto una cosa così stupida, a lei che gliene fotte, cosa vuoi veda in uno stronzo come me, guarda come sto messo, guarda queste scarpe tutte bagnate, e i capelli mezzi grigi, e le occhiaie, e le rughe agli angoli della bocca, e 'sti cazz e cinquant'anni, mannaggiammè».

Marilù, però, si era avvicinata ancora di più: non vedeva le rughe, non vedeva la barba grigia, non vedeva i cinquant'anni; vedeva un uomo come Emiliano –e com'era un uomo come Emiliano? Non sapeva dirlo neanche lei-, che la stava desiderando.
«Non ti illudere», continuava però a ripetere la parte lucida di lei, «stai sicuramente facendo male i calcoli: un conto è parlare e un conto è fare».

Ma, nonostante non ci credesse a sufficienza, aveva sussurrato: «Allora qualcosa resta».

«Cosa?», aveva risposto rapido Emiliano e poi non aveva resistito: le aveva afferrato la faccia con le mani –come a voler dire: «Dillo, sputa il rospo, non perdiamo altro tempo»-, e le si era accostato: bacino su ombelico, petto su petto.

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