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I piatti adesso sono tutti disposti sul tavolo, vuoti, per la maggior parte; c'è giusto qualche avanzo in quelli dei bambini.

Alessio e Gabriele sono seduti a cavalcioni sulla panca, cercano di competere in chissà quale prova di forza; Gioele e Greta si sono fissati per tutta la cena, pur essendo seduti distanti, e adesso stanno parlando in maniera fitta, di chissà cosa: Greta ha la faccia concentrata, Gioele sembra le stia spiegando qualcosa di importante.

In questi giorni Gioele ha fatto di tutto per andare nella stessa spiaggia in cui va di solito la famiglia Russo, o per lo meno, in cui va di solito Greta.

All'inizio l'ha scoperto per caso, vedendola arrivare insieme a sua madre una mattina in cui era stato mandato in paese da Marilù per comprare latte e biscotti: le ha viste scendere a piedi dalla discesa e poi svoltare ad un bivio; il cartello diceva "Spiaggia Barbarossa". Gioele l'ha memorizzato e il pomeriggio, con una scusa, ci ha fatto un salto.
Ed ecco Greta sdraiata sull'asciugamano a prendere il sole, la pelle ed i capelli neri ancora bagnati.

«In costume è carina», ha pensato Gioele.
Poi si è bloccato per un istante: cosa era venuto a fare di preciso? Non lo sapeva nemmeno lui, si era mosso in maniera piuttosto istintiva, forse spinto dal fatto che l'unica prospettiva di passare del tempo con un suo coetaneo, gli fosse offerta da quella ragazzina quattordicenne altolocata.
I suoi amici l'avrebbero chiamata offensivamente "pottina", da "potta" e cioè fica, fregna, patacca: i pottini c'hanno i soldi e coi soldi possono permettersi tutto, anche la fica, e quindi vanno a raccattare fica, vanno a far potta.
Gli avrebbero detto: «Vai appresso a una pottina?», i più politicamente permalosi avrebbero addirittura commentato: «Tenti la scalata sociale?».

Ma la verità è che non lo sapeva nemmeno lui: una parte di quella ragazzina la detestava, una parte l'attirava, ed era la parte che vedeva quando Greta piegava la testa e le ciocche brune oscillavano: si specchiava allo schermo del cellulare e faceva delle smorfie con le labbra, ma non si doveva piacere, perchè metteva su un'espressione depressa e smetteva, mettendosi a guardare il mare. Ecco, in quei momenti, quando credeva di non essere osservata da nessuno, momenti che non avrebbe mai catturato con una fotocamera, con un selfie, con Instagram, Gioele vedeva in lei qualcosa che non sapeva spiegare, una sorta di bellezza intrinseca che non dipendeva dai tratti somatici, ma dalla semplice leggerezza dell'essere: lei era così, le veniva spontaneo essere così, muoversi in una certa maniera, fare certe espressioni. E questo lo incuriosiva, e lo spingeva a non arrendesi, perchè intuiva che, oltre alla leggerezza cosmica che avvertiva quando la guardava, in lei avrebbe trovato molto altro.

Quando Greta l'ha visto, ha fatto un'espressione scocciata.

«Ehi, anche tu qua?», ha esordito Gioele.
«Già», ha risposto Greta fiacca, «che coincidenza».
«Posso sedermi accanto a te?», ha chiesto Gioele, soltanto dopo essersi seduto e Greta ha annuito, «L'hai già fatto».

All'inizio ha parlato più che altro Gioele, il contributo di Greta alla conversazione è stato minimo, monosillabico.
Poi però Gioele ha iniziato a fare una cosa che Greta non si sarebbe aspettata da uno che ha visto sempre arcigno, e sprezzante, e cattivo: ha iniziato a farla ridere. All'inizio per sbaglio, con una battuta involontaria. Poi, insistendo su quel filone, ha fatto partire una vera e propria ridarella.

«Allora sai ridere!», ha commentato ironico.
«Scusa, cosa credevi che fossi, una mummia?», ha risposto Greta, tra una risatina e l'altra. 

Da quel momento in poi hanno iniziato ad aprirsi e, partendo dalle generalità -che scuola fai, che prof hai, conosci tizio, conosci caio- sono arrivati a parlare anche di Bruno, di nuovo, ma stavolta con toni più pacati.

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