Prologo - L'ultima notte d'estate

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Ci stavamo già baciando da un po' quando mi resi conto che probabilmente non era una grande idea lasciarsi andare in quel modo, l'ultimo giorno di vacanza.

Solo una settimana prima avevamo sacrificato ben quattro preziose ore per riflettere da persone adulte sulle implicazioni dell'eccessivo coinvolgimento che entrambi sentivamo per l'altro e delle eventuali conseguenze emotive che il distacco avrebbe potuto provocare. Ma tutte quelle chiacchiere non sembravano aver sortito l'effetto desiderato.

I suoi baci mi sarebbero mancati.
Cavolo, i baci di Manuel Ferro. Avrei potuto scriverci su un intero libro di poesie.

Anche quella sera ci salutammo davanti al porto. Manuel non aveva mai lasciato che mi avvicinassi troppo al ristorante, convinto com'era che i suoi amabili colleghi avessero gli occhi anche dietro la testa.
Li avevo intravisti solo un paio di volte e mai da vicino - ma mi era bastato.  Il ristorante era parecchio lontano dalla spiaggia che frequentavo di solito e se Manuel non avesse cominciato a gironzolare per il paese, probabilmente non avrei visto più neanche lui.
Il porto era una sorta di territorio neutrale: non era troppo lontano dalla casetta che mia madre aveva preso in affitto, né abbastanza vicino al ristorante da permettere incontri spiacevoli.

Di solito era buio quando ci separavamo, abbastanza da poterci rubare un bacio o due senza doverci preoccupare di nasconderci da occhi indiscreti.

I baci di commiato erano sempre stati i miei preferiti: duravano sempre troppo, erano sempre troppo impetuosi ed eccessivamente sentimentali. Appena uno tentava di mollare la presa, l'altro faceva di tutto per impedire che succedesse. Arrivava poi il momento di salutarsi sul serio e succedeva sempre allo stesso modo: stringevo il volto di Manuel tra le mani, mentre lui mi accarezzava i capelli; gli sussurravo "Resta" e lui annuiva, tutte le volte, "Tutto il tempo che vuoi" bisbigliava poggiando la fronte sulla mia ed era così sincero, così dolcemente sconsiderato, che alla fine sapevo di dover essere io a lasciare la presa. "Vai. Stai attento. Ci vediamo domani."

Quell'ultimo giorno della più bella estate della mia vita, il nostro commiato non andò diversamente, tranne che calde lacrime solcavano il volto di entrambi. Avevamo promesso di non farlo, di non salutarci, di dividerci dopo cena senza dire addio... nessuno dei due aveva rispettato la parola.

Avevamo rischiato più di tutte le altre sere, trattenendoci fino a tarda notte. La torretta di sorveglianza del bagnino era il nostro nascondiglio preferito quando, di sera, le spiagge erano vuote. Giuseppe, il vecchio bagnino, era un amico di famiglia e quando gli avevo chiesto il permesso di utilizzarla mi aveva passato le chiavi del Lido senza fare domande, con l'unica promessa di non fare niente di pericoloso e lasciarla immacolata per la mattina seguente.

Uno spazio così piccolo era stato capace di diventare il posto più sicuro del mondo.

Così era stato anche quell'ultima notte.
Con il mare da sfondo e la certezza di essere protetti, avevamo fatto l'amore per l'ultima volta.

La passeggiata fino al porto era stata lenta. Ci eravamo rallentati di proposito, avevamo scelto il percorso meno veloce.

Una volta lì, i baci era stati troppi e interminabili, il che era stato anche incredibilmente sconsiderato.

Quando le mie mani incerte avvolsero finalmente il viso di Manuel, stavo già piangendo.

«Resta» sussurrai con un tremolio di voce.

Manuel annuì e mi gettò le braccia al collo tenendomi stretto e affondando la faccia nell'incavo del mio collo. Le sue spalle erano scosse da tremiti impercettibili. «Tu-tutto il tempo che vuoi», balbettò.

Quella volta, non riuscii ad essere abbastanza forte per entrambi e non smisi di stringerlo finché delle voci troppo vicine non ci costrinsero a mollare la presa.

Il fiato mi si bloccò in gola, quando il calore del suo corpo mi abbandonò. «Vai...» dissi, stringendo gli occhi. Sentii le sue dita delicate sfiorami una guancia.

Neanch'io voglio lasciarti, avrei voluto dire, ma non lo feci. Non potevo renderla ancora più dura e sapevamo entrambi di non avere altra scelta.

«... stai attento. Non permettere mai a nessuno di costringerti a essere qualcuno che non sei... sei ... sei splendido... » continuai, senza aprire gli occhi.

Potevo sentire i singhiozzi che scuotevano il petto di Manuel, adesso. Mi si spezzò il cuore.

«Spero—... spero che ci rivedremo» urlai, voltandomi di spalle.

Manuel non mi fermò quando cominciai a camminare. Avevo fatto appena tre passi però, quando sentii un sussurro che mi congelò sul posto.

«Ti amo»

Quando mi voltai di scatto, Manuel stava correndo via.

Mi accasciai in avanti, con le mani sulle ginocchia.

Non avevo idea di come fosse possibile provare così tanto per una persona che conoscevo da poco più di tre mesi, eppure lo amavo anch'io. Tantissimo.

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