4. È troppo tardi per il niente.

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La prima volta che ci eravamo baciati, mi era sembrato di non averlo mai fatto davvero, come fosse il primo bacio di tutta la mia vita.

Era appena sera, passeggiavamo tra i vicoli un po' alla cieca, senza una vera destinazione.

Manuel faceva attenzione a non guardarmi troppo a lungo, mentre io, al contrario, non mi preoccupavo di quanto spudorato potesse sembrare il mio sguardo insistente.

Quasi stentavo a riconoscermi. Eppure qualcosa nella sua reticenza, mi spronava ad essere più coraggioso, a osare di più, a non temere di lasciar intendere troppo. Era stato facile indovinare le sue difficoltà e rispecchiarmi nelle sue stesse paure, il timore nel suo sguardo mi era ancora familiare: proprio per questo non potevo permettermi di rincarare la dose. Non c'era più spazio per le mie ansie.

Manuel aveva bisogno di vedere che le cose potevano andare meglio e io avevo deciso di essere impavido per conto di entrambi già durante il nostro primo incontro.

Ci stavamo allontanando dalla piazza e la strada principale, la musica dei locali ci seguiva, mescolandosi al vociare dei turisti.

Manuel aveva affrettato il passo superandomi, come fosse di fretta, e di tanto in tanto si era voltato come ad assicurarsi che lo stessi seguendo. Io avevo continuato a camminare dietro di lui in silenzio, curioso e cauto al tempo stesso.

Quando aveva preso le scale, avevo capito che ci saremmo diretti alla spiaggia. C'era poca gente ormai che passeggiava vicino al mare. Manuel aveva proseguito fino agli scogli e lì aveva trovato un posto appartato e si era abbandonato sulla sabbia.

«Non ti ho mai visto su questa spiaggia, comunque» avevo buttato lì, mentre mi sedevo accanto a lui.

«Di solito resto nelle vicinanze del ristorante»

Aveva cominciato a guardarsi le mani, come se fosse nervoso. Mi ero chinato in avanti e avevo atteso pazientemente che tornasse a guardarmi, poi avevo sorriso. «Lo sai, avevo pensato di portare mia madre fuori a cena, il giorno dopo che ci siamo conosciuti. Dopo tutti questi anni di vacanze qui, andiamo sempre negli stessi posti, perciò pensavo che sarebbe stato difficile convincerla...»

Manuel distolse di nuovo lo sguardo. «Ma non sei mai venuto»

«Ti ho incrociato in piazza prima di riuscire a chiederglielo e a quel punto non aveva più importanza»

Non mi ero fatto sfuggire la sua sorpresa a stento percettibile e subito mascherata da un cenno e un sorriso storto. «E dopo?»

Sapevo a cosa si riferiva: dopo quella volta, era trascorsa una settimana di silenzio e io non avevo fatto alcun tentativo di beccarlo fuori dal ristorante o comunque di bazzicare da quelle parti.

«E dopo ho aspettato»

Incapace di trattenere oltre il nervosismo, si era alzato in piedi e aveva fissato ostinatamente il mare. «Perché?»

«Perché non volevo che pensassi che avrei potuto crearti qualche difficoltà. La gente con cui lavori sembra... complicata»

Temevo che suonasse quasi come un'accusa o come se lo stessi compatendo, perciò mi ero morso le labbra, sperando di non averlo turbato.

La sua risposta brusca ed evasiva non mi aveva colto alla sprovvista. «Mica è 'n reato averce n'amico»

Era stato un bene che non mi stesse guardando, perché ero certo che altrimenti avrebbe mal interpretato il mio sorriso. «Lo sai che sono anch'io di Roma?»

Questo parve spiazzarlo abbastanza da costringerlo a girarsi. «Pensavo abitassi a Milano?»

«Infatti,» confermai, annuendo «sto a Milano da quando facevo la terza media. Roma a volte mi manca, è bello conoscere un amico che mi ci fa sentire più vicino»

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