Avevo i brividi su tutto il corpo, nonostante in caldo soffocante che permeava la stanza adiacente al bancone di ricevimento del Lido, rimasta chiusa a chiave fino al nostro arrivo.
Avevo avuto la brillante idea di chiedere le chiavi della struttura a Giuseppe — un vecchio amico di famiglia con cui io e la mamma avevamo pranzato il giorno prima — dopo che Manuel aveva declinato con rammarico il mio ennesimo invito a passare del tempo da soli in casa mia, quando mia madre non c'era.
Non riusciva proprio a sentirsi tranquillo al pensiero che potesse tornare all'improvviso e coglierci in flagrante. Allo stesso tempo, però, soffriva quanto me l'impossibilità di trovare un posto che ci concedesse un minimo di serenità.
Giuseppe, sua moglie Carmela e i loro figli, gestivano un lido lì a Tropea da tanti anni. Giuseppe, che aveva cominciato da giovane come bagnino, se ne stava tutte le mattine sulla sua torretta ad osservare i bagnanti e ricordavo con affetto i momenti in cui, da bambino, aveva lasciato che mi arrampicassi accanto a lui fingendo di dargli una mano a scrutare l'orizzonte.
Era stato proprio quel dolce ricordo a far volare la mia fantasia. Avevo immaginato me e Manuel, stretti in quel cubicolo sospeso sulla sabbia, troppo in alto per essere notati e abbastanza al sicuro da scorgere il pericolo con largo anticipo. Liberi, in quel piccolo spazio miracoloso, esposto eppure nascosto. E quella visione mi aveva esaltato talmente tanto che appena Carmela e mia madre non erano state a portata di voce avevo supplicato Giuseppe di concedermi quel piccolo spazio a tarda sera, quando ormai il lido era chiuso.
La facilità con cui aveva accettato mi aveva sorpreso. Mi aveva detto: «Ho un mazzo di chiavi in più per le emergenze. Mi sento più tranquillo a saperti lì, piuttosto che in mezzo alla strada. Qua non si sa mai.»
Manuel non aveva reagito col mio stesso entusiasmo all'idea, ma me lo ero aspettato. Temeva ancora che qualcuno azzardasse passeggiate clandestine in riva al mare, raggiungendo la spiaggia privata che sarebbe dovuta essere il nostro nascondiglio.
Era una possibilità, naturalmente, ma dubitavo vi fosse un alto rischio che accadesse così spesso, di notte e al buio. E nel caso, ero certo che avremmo potuto notarlo per primi e dunque comportarci di conseguenza.Nonostante ciò, avevo messo in conto che l'idea della torretta potesse risultare ancora troppo audace ai suoi occhi e avevo suggerito la stanza che i dipendenti utilizzavano per cambiarsi.
Faceva caldo e non c'erano finestre, ma quando ci eravamo finalmente chiusi la porta alle spalle, quei piccoli disagi erano parsi insignificanti.
Manuel mi baciava con un abbandono che non si era mai concesso in precedenza. Strattonandomi e stringendomi a sé come se temesse di vedermi scomparire.
Io ero estasiato dalla sua foga, che era sempre stata frenata dal terrore di essere scoperto. Avevo lasciato che quasi mi consumasse a forza di baci e abbracci ardenti, incoraggiandolo quando sembrava perdere fiducia e guidandolo quando temeva di non essere capace a donarmi tutto l'ardore che desiderava che percepissi.
La prima volta che avevamo fatto l'amore, avevo saputo che Manuel mi stava concedendo tutta la fiducia di cui era capace. Spogliarlo era stato come guardarlo dentro, come scoprire, strato dopo strato, tutte le sue fragilità.
«Manuel...» avevo sussurrato, accarezzandogli il volto mentre giaceva tremante su di me, col respiro corto. Manuel aveva aperto gli occhi e mi aveva guardato senza dire una parola. «Io... è stato—grazie. Grazie.»
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L'universo che si svela
FanfictionQuella che sembrava l'annuale vacanza con sua madre diventa l'estate più bella della sua vita, quando Simone incontra un ragazzo che sembra essere capace di fargli affrontare la vita con più coraggio di quanto non abbia mai fatto. Ma l'estate non du...