6. Quell'amore che cambia la vita.

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«Stai bene?»

La voce di Manuel era arrivata ovattata alle mie orecchie. Il suo viso bellissimo era segnato dalla preoccupazione.

Una parte di me, quella che si era impegnata ad ogni costo a tenere la negatività al di fuori del nostro rapporto, desiderava proteggerlo anche dai miei fantasmi. Ne ha già passate tante, mi ripetevo, non può farsi carico anche del mio dolore.

Ma lui non sembrava dello stesso avviso: era rimasto lì in silenzio, in attesa che io mi sentissi pronto a parlare o anche solo a lasciare che provasse a farmi sentire meglio.

Quando finalmente mi ero proteso nella sua direzione, poggiando la testa alla sua spalla con un sospiro, Manuel sembrò interpretarlo come una piccola apertura in cui farsi spazio con cautela e azzardare qualche parola.

«Simo... sei 'a prima persona a cui abbia mai detto de esse' bisessuale. Prima di te, non riuscivo manco a dirlo.»

Non sapevo esattamente dove volesse arrivare ma ero consapevole di quanto fosse difficile per lui tirare fuori quell'argomento, perciò avevo annuito. «Lo so»

Il suo tocco gentile tra i miei capelli aveva accompagnato le parole successive. «Sei 'a prima persona a cui ho detto d'ave' paura»

Lo avevo guardato con confusione, ma lui mi aveva sorriso soltanto. «Sei 'a prima persona a cui ho raccontato de tutti i guai che ho combinato. Sei 'a prima persona co' cui me so' messo a nudo, in tutto e per tutto. T'ho detto cose che m'hanno perseguitato pe' anni e nun ho provato un briciolo de rammarico, nun me so' vergognato, nun so' scappato cercando de scorda' d'averlo fatto: perché tu m'hai fatto senti' come se non ce ne fosse bisogno. Non con te.»

Non stava facendo altro che parlare di sé, eppure non mi ero mai sentito così esposto e fragile.
«Perché mi stai dicendo tutto questo?»

«Perché voglio che tu sappia che vorrei fare lo stesso per te» aveva risposto, con un velo di tristezza nella voce.

Mi ero rimesso dritto e gli avevo stretto forte la mano. «Lo fai. Dico sul serio.»

Si era rilassato in fretta, forse anche un po' rammaricato di avermi mostrato il suo dispiacere. Mi guardava come se volesse imprimermi nel cervello un unico concetto: non importa come mi sento io adesso, oggi sei tu ad aver bisogno di me.

«So che c'è quarcosa che non va e va bene se nun ne voi parla' o nun te la senti» aveva concluso, osservando con preoccupazione i miei occhi gonfi di lacrime. «Vorrei tanto farte senti' meglio, ma mi basta anche solo che tu sappia che sto qua per te.»

Quelle sarebbero potute essere solo parole.
Le avevo sentite spesso, quando la mancanza di Jacopo mi tramortiva un po' più ferocemente del solito: me le diceva mamma, me le diceva papà.

Non sei solo, ci sono io con te. Andrà tutto bene. Insieme ce la faremo.

Frasi sincere ma dolorose, a cui aggrapparsi a volte non sembrava sufficiente.

C'era qualcosa di diverso però, quando era Manuel a dirle.

Forse perché, per la prima volta, sentivo di poter affidare il mio cuore a qualcuno che lo vedeva davvero per ciò che era e sapeva come gestire tutti i pezzi che avevo riattaccato insieme in maniera precaria.

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