C'era un vento leggero, quella sera. Un sollievo, considerato il caldo afoso dei giorni che si susseguivano.
Manuel stava salendo, mentre io me ne stavo già in cima alla torre ad aspettarlo.
Era sempre sorprendente accorgersi della naturalezza con cui, ormai, compiva gesti che qualche settimana prima avrebbe considerato impensabili.
Si era chinato a baciarmi, appena mi aveva raggiunto e io avevo riso, incapace di trattenere la felicità.
«Che te ridi?»
Avevo scosso la testa. «Sono solo contento»
Poi avevo indicato i sacchetti che Manuel stringeva nella mano destra. «Cos'hai lì?»
«Ho comprato du' panini, pe' strada. 'O so che a quest'ora c'hai sempre fame e dato che io nun ho cenato...» si era interrotto per sbirciare in uno dei sacchetti. «Questo è er tuo»
«Perché non hai cenato?» avevo chiesto, accettando allegramente il regalo inatteso.
Manuel si era stretto nelle spalle. «Stasera quei deficienti erano 'nsopportabili. Nun c'avevo proprio voglia de sta' a senti' le loro stronzate. Perciò ho sartato 'a cena. Tanto, pe' quanto gliene frega...»
All'improvviso la fame scemò, sostituita da un masso di rabbia e disagio alla bocca dello stomaco.
I colleghi di Manuel neanche li avevo più visti: mi aveva tenuto a debita distanza da loro e, proprio per questo, potevo immaginare che razza di compagnia fossero.
Tutte le volte che Manuel era di cattivo umore, arrabbiato o in conflitto con se stesso, era colpa di qualcosa che quegli idioti avevano fatto.
Il dolore fa cose strane. Certe volte, le parole della gente ti pugnalano talmente a fondo che cominci a credere che, se fanno tanto male, forse hanno un fondo di verità.
La rabbia, il rancore, la violenza erano tutte emozioni che conoscevo bene. Anch'io avevo reagito alla paura in quel modo. E adesso che Manuel stava cominciando a conoscere la parte migliore dell'essere se stessi, odiavo il fatto che la sua nuova libertà fosse contaminata dal veleno di persone del genere.«Stai bene?»
Manuel alzò gli occhi dal suo panino, mentre masticava. «Mmh-mmh!» mormorò, prima di deglutire. «Me fanno quasi tristezza. Chissà che gli è capitato pe' esse' così stronzi.»
«Mi dispiace che ti rovinino la cena, però. Lavori tanto, hai—»
«Seh, però... nun c'ho voglia di stalli a senti', capisci? Nun è... prima era 'na tortura perché me sentivo quasi in dovere de fa' finta che fossi d'accordo co' loro. Mo è diverso... me fanno venì er vortastomaco e basta.»
«... non sembri turbato» avevo constatato, dopo averlo studiato per qualche secondo.
La sua risata mi aveva colto alla sprovvista. «Non lo sono. Sei sorpreso?»
«No, sono contento. Sai che detesto il fatto che tu debba sopportarli.»
Il vento scosse i suoi ricci mentre accartocciava il sacchetto e me lo lanciava in faccia. «Te stai sempre a preoccupa'!»
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L'universo che si svela
FanfictionQuella che sembrava l'annuale vacanza con sua madre diventa l'estate più bella della sua vita, quando Simone incontra un ragazzo che sembra essere capace di fargli affrontare la vita con più coraggio di quanto non abbia mai fatto. Ma l'estate non du...