Quando mamma mi aveva confidato di quell'offerta di lavoro a Glasgow, era stato un po' uno shock. Ma dopo aver metabolizzato per bene la notizia, incoraggiarla a partire mi era venuto naturale e l'idea di tornare a Roma aveva cominciato a solleticarmi come mai avevo creduto possibile.
Roma, la città della mia infanzia.
La città in cui avevo vissuto i pochi anni felici insieme a Jacopo.
La città da cui ero scappato.Se solo quell'opzione mi si fosse presentata un paio di anni prima, probabilmente avrei preso l'aereo per la Scozia insieme a mia madre o avrei implorato per restare a Milano.
Avevo vissuto a Roma fino alla seconda media, poi mia madre mi aveva dato la notizia.
«A Milano, tesoro. Ma non si tratta di molto tempo,» mi aveva spiegato, mentre io la guardavo con gli occhi spalancati. «E tornerò tutti i fine settimana. Tuo padre starà qui con te e tra qualche—»
«No» avevo urlato, guardandola dritta negli occhi. «Non voglio stare con papà. Lo sai che non voglio.»
Mia madre lo sapeva, naturalmente, ma la sua espressione si era fatta triste e anche un po' stanca. «Simone... lui ti vuole bene» aveva sussurrato, per prima cosa. Poi aveva continuato prima che io potessi protestare. «Credo sia la soluzione migliore per te. È una cosa temporanea e sarò qui spesso. Se ti portassi con me, dovresti cambiare scuola, lasciare i tuoi amici...»
Lasciare i miei amici.
Lasciare la mia migliore amica.
Chicca.Quel pensiero orribile mi aveva lasciato disarmato per una lunga settimana. Ma, alla fine, avevo deciso di tenere il punto e i miei genitori non avevano potuto far altro che rispettare la mia decisione.
Poi, la nostra permanenza a Milano si era protratta più del previsto, tanto che le vacanze a Roma erano diventate più una tortura che un piacere. Chicca era l'unica persona per cui mi costringevo a tornare, ma dopo esser riuscito a strappare la promessa a sua madre di lasciarla venire in vacanza al mare in Calabria con me e mia madre, avevo potuto smettere di farlo.
Milano era casa mia. In Calabria avevo le mie vacanze al mare con Chicca. Roma era il mio inferno. Piuttosto semplice decidere quale luogo tagliare fuori dalla mia vita.
Ma le cose erano diverse, adesso.
Le cose erano diverse da quel terribile Natale.Era successo quasi due anni prima, avevo sedici anni, e mia madre mi aveva praticamente trascinato a Roma per le vacanze: un tradimento bello e buono che avevo ripagato non rivolgendole la parola per tutto il viaggio.
Era stato un anno complicato. Realizzare di essere gay era stato un processo lento e spiacevole. Mi era sembrato di dovermi accollare l'ennesima fregatura che avrebbe reso la mia vita ancora più miserabile.
Il clima era stato teso anche a casa.
Me l'ero presa con mia madre e ancora di più con mio padre quando era venuto a trovarci (lo faceva, di tanto in tanto, dal momento che io mi rifiutavo di tornare a casa). Li avevo quasi fatti impazzire quando ero sparito per tutta la notte e mia madre aveva pianto quando mi ero giustificato dicendo che volevo risparmiarmi più ore possibili nella stessa casa con mio padre.Perciò non mi ero aspettato che mi costringesse a vederlo anche a Natale. «Dovete parlare. Dobbiamo parlare» insisteva, in risposta ai miei sguardi truci.
Non andò esattamente come aveva pianificato, ma alla fine scoprii di Jacopo.
La notte più brutta della mia vita.
Da allora erano passati quasi due anni. Due anni veramente duri e complicati, che però mi avevano restituito tante cose: un fratello, un padre, una città.
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L'universo che si svela
FanfictionQuella che sembrava l'annuale vacanza con sua madre diventa l'estate più bella della sua vita, quando Simone incontra un ragazzo che sembra essere capace di fargli affrontare la vita con più coraggio di quanto non abbia mai fatto. Ma l'estate non du...