Civiltà dimenticata

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Dopo esserci ripresi dallo shock di aver davvero visto un drago la curiosità ci vinse ed entrammo nello stretto passaggio dove si era intrufolata quella creatura. le candele che poco prima ci avevano costretto ad usare il flash del telefono per illuminarci la via ora erano invece sempre più frequenti e luminose. Seguimmo la strada umida e scivolosa. Il pavimento era lievemente in pendenza e un piccolo rivoletto proveniente dal fondo del tunnel scivolava dolcemente fino al laghetto nella prima grotta. Decidemmo di procedere lungo quell'unica via per proseguire il cammino.
Non so per quanto tempo seguimmo quel rivolo d'acqua. Cominciammo a sentire un rumore, un fragore soffuso, morbido, che man mano che procedavamo aumentava di volume finché alla fine il passaggio non si slargò e con essa lo scrosciare dell'acqua divenne assordante: una cascata ci sbarrava il commino.

Ci guardammo, indecisi sul da farsi, ad occhio non sembravano esserci modi per percorrere la fiancata della cascata e l'idea di attraversarla non mi sfiorava minimamente: il rumore non era affatto incoraggiante da questo punto di vista.
Si avvicinò. Il rivolo che avevamo seguito per tutto quel tempo e che confluiva a formare il grande bacino d'acqua nella caverna originava qui direttamente dal soffitto. Piccole stalattiti erano disposte davanti alla cascata, date dallo scorrere dell'acqua per centinaia d'anni su quel soffitto di pietra scura. Le grosse gocce che "piovevano" tutto attorno e gli spruzzi della cascata rendevano tutto l'ambiente talmente umido che stava diventando difficile respirare.

Riccardo arrivò quasi a sfiorare la cascata col naso (era ormai completamente fradicio) prima di rendersi conto dello strapiombo. Quella caverna si apriva da qualche parte in superficie e la cascata ne bloccava l'accesso.

Provò a valutarne la forza e lo spessore infilando il braccio nell'acqua ma non appena il dorso della mano entrò la forza esercitata dall'acqua fu talmente alta da costringerlo ad abbassare subito la mano ed estrarla dall'acqua.
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Riccardo's pow

Girando lo sguardo verso destra vidi che il muro era incavato e sembrava quasi formare un sentiero. Provai a seguirlo e quasi subito si interruppe. A sinistra la parete ruvida si alzava perpendicolare al terreno, a destra la cascata continuava a ruggire. Sotto e dietro la breve lingua di pietra e davanti... il vuoto. Davanti la cascata tornava a contatto col muro quindi lasciava un strettissima "finestra" che a tratti lasciava intravedere il paesaggio oltre la cascata e al di fuori di quella caverna. Iniziai a chiedermi dove ci trovassimo.

le increspature della cascata non mi permettevano di vedere troppo in profondità, ma non intravedevo rocce e dato che tornare indietro per prendere l'attrezzatura da scalata era impossibile l'unica soluzione che mi parve possibile fu di saltare.

Zafir si avvicinò con passo cauto e leggero, cercando di non scivolare.

"hai voglia di una nuotata?"

"devo proprio? Ho appena mangiato..."

Risi, era troppo graziosa con quella faccia a metà tra disappunto e desiderio di provare l'ebrezza del volo attraverso la cascata. La presi per mano e con quella libera le indicai la fessura che si formava ogni tanto, ad intervalli regoli, come una tenda che viene continuamente aperta e chiusa. Indietreggiammo un poco per prendere la spinta e iniziammo a correre per oltrepassare quello spiraglio, quello squarcio sulla bolla d'acqua che ci circondava.
Per paura di non passare entrambi mi scostai lievemente al momento del salto e l'acqua colpí il mio braccio violentemente, trascinandomi verso il basso. Lasciai la mano di Zafir mentre scivolavo giú e sbattei violentemente contro l'acqua spumosa del lago.
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Zafir's pow

Dov'é? La sua mano é scivolata via dalla mia. Appena riemersa iniziai a cercarlo tutto intorno a me. Niente. Mi tuffai di testa e iniziai a scendere in quelle acque gelide, ma non si vedeva nulla per colpa dell'acqua mossa dalla cascata. Appena tornata in superficie vidi il corpo di lui tornare a galla privo di coscienza.

Il panico mi strinse il cuore, avvolsi il suo petto con un braccio e cercai di trascinarlo fuori dall'acqua. Arrivata sulla riva controllai il respiro, da brava aspirante medico di primo soccorso e iniziai a fargli il massaggio cardiaco, notando la mancata respirazione. Dopo le 15 pressioni, titubante, avvicinai le labbra alle sue per fare la respirazione bocca a bocca. Fortunatamente appena 5 centimetri prima percepii un colpetto di tosse. Mi allontanai e lui iniziò a tossire per liberarsi i polmoni dall'acqua. Gli diedi dei piccoli colpetti sulla schena per aiutarlo. Mentre si ricomponeva io iniziai a guardarmi attorno.

La cascata era davvero altissima. Almeno una quarantina di metri. La luce del sole dava alle goccie dell'acqua il colore del grano, rendendo quel meravigloso arco di una bellezza quasi acciecante ogni goccia che cadeva veloce rifletteva la luce e brillava in modo incredibile, da quel punto sembravano tanti cristalli. Il punto dal quale avevamo saltato era circa tre quarti della cascata, quindi 10 metri di altezza, la parte sinistra però cadeva a strapiombo e si tuffava nell'acqua del lago senza interferenze sfoggiando una forza magnifica e facendo alzare spruzzi altissimi. La parte di destra invece era più calma e inframmezzata da roccie sicché la caduta era rallentata e la massa d'acqua divisa in più parti. Ai lati della cascata un alto muro di roccia la incorniciava e sia alla base tutto attorno al lago che in cima la vegetazione era densa e rigogliosa.

Il lago era molto ampio, ma poco profondo, se non nella zona interna,
Dove la forza della cascata aveva scavato in profondità.
"Il sole stá tramontando" osservò Riccardo che fino a quel momento era rimasto in silenzio.
"Meglio trovare un posto al riparo dove dormire"
Ci allontanammo un poco dalla cascata alla ricerca di un qualche luogo dove stare tranquilli. Pian piano che ci allontanavamo il rombo della cascata si affievoliva fino a diventare un dolce sottofondo assieme al frusciare delle foglie e al cinguettare degli uccellini. Respiravo a pieni polmoni l'aria fresca e pulita della sera. Quel posto era un paradiso. Mi ricordai dei cellulari che avevo riposto nel mio marsupietto blu. Era poco alla moda da un paio d'anni, ma con lui avevo passato troppe avventure ed era troppo comodo per non usarlo. Era bagnato, ma non eccessivamente. Provai a sbloccare i cellulari e ringraziai il cielo che la mia sbadataggine (avevo già fatto cadere il mio vecchio cellulare nell'acqua) mi aveva portato a compare un cellulare resistente all'acqua (non dico quale altrimenti faccio troppa publicità ;) ), ma quello di Riccardo non era preso molto bene, era abbastanza vecchio, resistente agli urti, ma l'acqua entrava tranquillamente tra le giunture.
La cosa in quel momento non importava molto, perché non c'era campo, ma potevano essere comunque utili per fare luce.
Nel mezzo di quella foresta ormai i raggi solari passavano a stento e i fruscii delle foglie iniziarono ad avere qualcosa di sinistro ed inquietante. Forse mi stavo lasciando condizionare dall'atmosfera e dalla paura, ma i fruscii sembravano seguirci. Anche Riccardo sembrava teso. Continuammo a camminare in silenzio e al buio sperando che quei fruscii smettessero di seguirci, ma cosí non fu. Da dietro un degli alberi partí una freccia che passò proprio davanti a noi facendoci fermare.
"Come siete arrivati qui?" una voce giovane e profonda ci rimproverò e un centauro si parò davanti a noi. Era d'aspetto giovane, ma sapevo che nonostante l'aspetto la natura dei centauri era diversa dalla nostra. Loro avevano dei cicli rigenerativi delle cellule, potevano averne 5 o 20, in modo da ringiovanire una volta che invecchiavano troppo. Le loro cellule degradate venivano distrutte e sostituite con cellule nuove dalle cellule totopotenti presenti all'interno delle loro ossa.
Riccardo fece un passo avanti coprendomi lievemente dagli occhi di ghiaccio della creatura che ci scrutava.
"Veniamo dalla seconda città del distretto numero otto. Ci siamo persi facendo una passeggiata."
" non mentire umano, qui non si può entrare avete usato qualche passaggio per entrare. Cosa volete?" il suo sguardo truce mi intimidiva.
"Siamo Zafir e Riccardo. Quello che ha detto é vero. Stavamo passeggiando, ci siamo imbattuti in una grotta e curiosi ci siamo addentrati al suo interno seguendo una strada che ci ha condotto nei pressi di una cascata." la mia voce suonava fredda e decisa, come se stessi ripetendo a memoria una poesia.
I suoi occhi si poggiarono su di me e vidi all'interno di quelle iridi delle pagliuzze argentate. Che occhi meravigliosi, sembravano sondarmi l'anima.
"Francamente me ne infischio dei vostri nomi, ma siete disarmati, quindi immagino voi non siate cacciatori. La notte é meglio non gironzolare. Venite con me."
Lo seguimmo in silenzio. Avevamo paura per la nostra vita, ma l'unica cosa che potevamo fare era fidarci di uno dei nostri nemici.
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Spazio autrice.
Ciaoooo lo so che dovevamo scegliere solo una delle tre prove e "legalmente" ho scelto la descrizione della cascata, ma volevo troppo aggiungere anche una delle due frasi proposte e volevo aggiungere la citazione a doctor who, ma non essendoci dottori nella mia storia non ho potuto aggiungerla in questo capitolo, spero di riuscire a metterla piú avanti *-*

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