stanze segrete

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"Non più vista
Non più percepita
Non più udita
Non più fiutata
Da chi si avvicini
La mia magia mi protegge
Nessun incantesimo mi può danneggiare,
Cammino del tutto mimetizzata
Solo da chi voglio verrò avvistata."
Pronunciai la formula magica tenendo in mano la candela bianca che rappresentava l'aria e mi concentrai sul mio corpo, immaginai la mia pelle pallida, sempre piú pallida, bianca come carta e poi sempre piú sottile fino a diventare invisibile e tenni fisso nella mia mente quel pensiero mentre aprivo gli occhi e poggiavo la candela. Corsi a vedermi allo specchio ed ero effettivamente invisiblie. Feci salti di gioia vedendo che il mio incantesimo aveva funzionato. Tornai normale, presi la mia borsa, il cellulare, il medaglione e corsi alla panetteria di Riccardo. Lui era li a fare il suo lavoro come sempre, possibile non avesse mai una pausa?
" ey Zafir, che bello vederti, se non fosse stato per Rub avrei pensato ti fosse successo qualcosa..."
"Si, scusa, sono stata impegnata nello studio, ma sento troppo la mancanza della biblioteca, quindi ho fatto una pausa."
"Ahahah immagino, forza vieni, oggi non c'é Angela, quindi ti risparmi pure gli allenamenti."
Esultai mentalmente e appena entrata nella palestra corsi giù per le scale e mi fiondai in biblioteca, li piazzai la mia borsa e mi resi invisibile, ringraziando che il cellulare ebbe il mio stesso trattamento. Uscii dalla porta dopo essermi assicurata che nessuno fosse nel corridoio e appesi un bigliettino con sopra scritto <non entrare> e per sicurezza sigillai la porta con un incantesimo. Iniziai a girare indisturbata per la struttura sotterranea alla ricerca della grotta, poi mi accorsi che era da secoli che non andavo a trovare Sam e decisi di passare prima dalle segrete, che erano sorvegliate, quindi evitai. Chissà come se la passava Sam.
Andai verso la sala del concilio, dove si radunavano i saggi guardandomi attorno e cercando segni che potessero indicare un passaggio segreto. Quando arrivai alla sala ringraziai non ci fossero guardie. Mi accostai alla porta per sentire se c'era qualcuno. Calma piatta. Quando ormai pensai non ci fosse nessuno sentii una voce tonante e burbera che si lamentava di qualcosa, ma ovviamente non capivo cosa. Avevo bisogno di entrare, ma se avessi aperto la porta avrebbero sicuramente capito di essere spiati.
Pensai agli incantesimi del libro e mi ricordai di un incantesimo per attraversare i muri, ma non ricordavo tutte le parole. Decisi di provare a ripetere le prime sperando in un miracolo.
"Actraversa, actraversa, actraversa" poggiai la mano sul muro che sembrava dissolversi sotto le mie dita. Continuai concentrandomi sia sul mio corpo invisibile sia sull'attraversamento del muro. Era faticoso mantenere due incantesimi del genere. Ma con un po di calma passai il muro e mi stupii di vedere la stanza vuota. Le voci venivano dalla parete opposta, cosí feci attraversare solo la mia testa in modo da non sprecare troppo potere magico.
La seconda stanza era piccola e angusta, conteneva appena un tavolo, dieci sedie e quei vecchi omoni barbuti che erano a capo del consiglio.
"Come ha potuto tuo figlio portarla dalle streghe?! Sicuramente scoprirà dei suoi poteri e gli userà contro di noi!" tuonò il "grande capo"
"Si potrebbe convincerla a passare alla nostra causa e potrebbe mettere la sua magia a nostra disposizione." ribattè il padre di Rub, probabilmente il piú giovane di tutti.
"Davvero? E cosa le si dice? I centauri ci stanno facendo un favore a tenerci sotto dittatura perché nel giro di duecento anni, senza dittature, abbiamo scatenato tre guerre mondiali?!"
"Bhe. In fondo ciò che ci spinge a collaborare con i centauri é esattamente questo."
"Lei é giovane, lei desidera libertà, non capisce, non può capire che la libertà può portare a simili distruzioni come ha già fatto in passato."
"Speriamo solo che non liberi presto i suoi poteri o che a massimo si ammali nel tentativo. "
"Chiusa discussione del giorno. Arnold, é il tuo turno di placare i mostri. Signori, sapete cosa fare."
In uno stridio di sedie e qualche borbottio gli anziani si alzarono e uscirono dalla stanza, mentre Arnold, il padre di Riccardo, un po sconfortato, spostò una serie di pietre del muro e aprí un passaggio. Approfittai della porta aperta e ,uscita dal muro, lo seguii giù per una rampa di scale umide e scivolose, nonostante l'ambiente illuminato da numerose lanterne e fiaccole. Man mano che scendevamo l'aria diventava piú fredda e umida, le pareti sgocciolavano, addirittura, per l'umidità. Le scale finalmente finirono e Arnold tirò fuori una chiave dorata finemente decorata con un manico lungo e cin sette pietre di sette colori diversi incastonate.
La infilò nella toppa del portone di legno scuro e sette mandate risuonarono fin sopra le scale. La porta si aprí da sola, scricchiolando sinistramente. Arnold entrò nella stanza e gli corsi dietro prima che potesse chiudere la porta. Mi guardai intorno. Era una caverna in tutto e per tutto con addirittura stalattiti e stalagmiti, ma al centro c'erano sei rocce perfettamente rotonde. Le uova. Erano tutte abbastanza scure, solo un uovo azzurro brillava intensamente. Proprio su quello si concentrò Albert. Iniziò a bombardarlo di incantesimi incomprensibili e dai suoni cupi. L'uovo un po per volta perse la sua luce e come le altre sembrò essere semplice pietra lievemente colorata di blu. Finita la sua opera fece un sorrisetto soddisfatto, si purificò e canticchiando con se stesso disse che sarebbe andato a prendersi un panino.
Quell'uovo doveva essere mio. Presi una roccia e la modificai in modo che sembrasse l'uovo blu, le diedi il colore bluastro e mi presi l'uovo. Era davvero pesante, ma caldo e ruvido come fatto da scaglie. Sentivo come una sensazione di calore e felicità in tutto il corpo. Sentivo che in quell'uovo c'era il mio drago

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