Acciaio e Zinco

197 12 0
                                    

Erano ancora d'acciaio le mani di Manuel, mentre intrecciate a quelle di zinco di Simone percorrevano, timorosi quasi stessero raggiungendo il patibolo, Via Prenestina, nascosti dietro il corpo di quell'uomo che fingeva, indossate le buone vesti di padre, d'avere più coraggio e meno timore di quanto ne avessero i piccoli.

Attorno a loro solo un flebile e ripetuto intonaco arancione, interrotto a regolari intervalli dal buco nero di decine di precisissime finestre, dalle quali gli occhi più attenti avrebbero potuto scorgere i prologhi indefiniti della vita della miriade di inabitanti di quel complesso.

Attorno a loro non vi era zinco, solo acciaio, ripetuto ancora e ancora, fino a perdere completamente le sue caratteristiche, diventare, come Manuel da tempo aveva smesso di essere, la copia della copia di decine di copie precedenti, arrendevoli al fatto che la loro storia fosse già stata scritta.

"Appena finiamo ve porto a Villa dei Gordiani, che magari ve imparate pure qualcosa de utile, e poi vedete che spettacolo"

"Ma scusa, appena finiamo andiamo a festeggià, no?" Si intromise Simone, la voce ancora incerta, come non fosse totalmente convinto di star impugnando penna nel modo corretto, temendo la possibilità che potesse errare nella trascrizione tanto perfetta della storia che già si erano immaginati, Simone e Manuel, per il resto della vita.

"Eh, io vi ci voglio portare proprio per festeggiare, se fate i bravi ve prendo pure 'n gelato"

"Non c'abbiamo due anni, e poi che festeggiamo in un parco archeologico?"

"A Manuel piace, vero Manu?"

"Mh mh"

Acciaio alle porte di una fonderia, Manuel non aveva proferito parola per tutto quel tragitto che pareva essere infinito, se pur era pienamente consapevole fosse estremamente breve, lo percorreva ogni sera, e all'inverso ogni mattina, cinque schiere uguali, riempite fino a scoppiare di vite tanto dissimili, ad andare, cinque schiere uguali a tornare.

Si chiedeva, mentre zinco contro zinco, s'interrogavano già su cosa fosse più consono fare per mandar giù quella vittoria, se quella sarebbe davvero stata l'ultima volta che avrebbe percorso quella strada ad andare, o se semplicemente non l'avrebbe mai più fatto a tornare.

"Andrà tutto bene, vedrai" si permise di sussurragli Simone, nell'orecchio, quasi fosse una cosa loro che il padre non meritava di sentire "Papà non ne sbaglia una, lo sai."

Furono abbastanza, quelle parole, a guadagnarsi un mezzo, storto sorriso dal viso di Manuel, seguito dall'impacciato scostarsi i capelli dal volto, quasi si stesse preparando per qualche formale ricorrenza.

"È questo, vero?" L'indice di Dante, sempre troppo sicuro di ogni cosa gli passasse anche vagamente per la testa, già posava sul bottoncino del campanello, prima di essere scostato dalle dita più incerte, ma sicuramente più ragionevoli del ragazzo.

"Non suonà, qua sta sempre tutto aperto."

•••

"E state sicuri che non volete 'n caffè, professò?"

La voce di sua madre parve il distante eco d'un urlo a valle, come non avesse una fonte, o perlomeno non una che si potesse vedere, toccare, sentire davvero, non nel silenzio glaciale che regnava come un sovrano austero nel circolo di sedie in legno al centro di quella saletta, la plastica a ricoprirne i cuscini che faceva sudare tanto le cosce da appiccicarvele.

"Non c'è bisogno, la ringrazio, signora"

"E tu, ragazzì, vuoi n'orzo, qualcosa?"
Soffriva, Manuel, al solo pensiero che quelle parole, provenienti dal tanfo di quella bocca che sapeva puzzare di fantasmi, viaggiassero verso il volto pulito di Simone, che fossero volutamente rivolte alla sua innocenza, soffriva tanto che lo stomaco si contorceva, tanto da voler urlarle di non parlare con il piccolo, di non guardarlo, di non sfiorarlo nemmeno, che avrebbe dovuto uscire da quella casa tanto limpido quanto era al suo ingresso.

Villa dei GordianiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora