Sangue sul Grano

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"Guardate chi è tornato!" Nessuno, se non Anita, alzò gli occhi da quella tavolata, troppo impegnati a pescare questa o quella carta dal mazzo centrale, un asso per Salvatore, il re di denari per suo padre.

"E che? Non dovevo tornà?"
Lasciò che la sua sacca finisse ai piedi del letto, poco vicino a sua madre, che preferiva non guardare nel terrore che quel pancione le scoppiasse fino a romperla, distruggendo ciò che era o sarebbe mai stata in favore di quella creatura.

"Sei sporco e puzzi" sentì la donna lamentarsi, il volto corrucciato come si stesse concentrando a sentire meglio quell'odore.
Una volta Anita gli aveva detto di non accarezzare i cuccioli dei gatti che riposavano in fondo alla strada, perchè col suo odore addosso la mamma non se li sarebbe mai ripresi.
In quel momento, forse, l'odore del bagnoschiuma di Dante, tanto forte da sembrare cattivo, non permetteva a sua madre di riconoscerlo come membro di quel arrangiato branco, lasciando che fremesse nella speranza di essere cacciato.

"Non so' sporco, è colore"

"E che te metti a colorà a lavoro? Questa è la fatica tua, ragazzì?" Il volto tumefatto del padre, che raramente si era mai voltato in suo favore, adesso lo guardava in viso, un sorriso cattivo che pareva spandersi come un taglio lungo il volto, lo stuzzicadenti fra le labbra, incastrato nell'esatto punto in cui avrebbe dovuto esservi un incisivo.

"Paga bene"

"Se, paga bene, e che t'impari? Un cazzo, t'o dico io" si sentì tirare da dietro, le mani di sua madre a raggiungerlo come la sua voce, carezze impacciate e circolari sulla nuca, poi sullo stomaco, quasi a controllare che il cervello e la pancia fossero ancora vuoti, come quelli del bambino che aveva lasciato andare pochi giorni prima, forse con la sola intenzione di spargere il suo odore, reclamarne la proprietà, ricordare a quel Balestra, il giorno successivo, che quel figlio era ancora suo.

"Papà?"

"Che vuoi? No' 'o vedi che st- Scopa!" Il filo di quel discorso già si perse nell'oppio lenitivo di una nullafacenza prolungata in ore che avrebbero dovuto e voluto essere di sonno, ma che consumavano in attività umane, nella pretesa che il mondo gli riconoscesse quella stessa natura.

"Papà!" Ritentò esasperato, le tasche che pesavano di una lettera della quale non conosceva il contenuto, ma sospettava avrebbe potuto fargli cosi tanto male.

"Che vuoi?" Urlò stavolta, lo stecchino sfuggito dalle labbra assieme allo sputo.

"Il professore m'ha dato questa, ha detto che è per te"

"Me piji pe' culo? 'O sai che non so leggere" e una parte di Manuel, quella che si sorreggeva a quel foglio solo per data promessa, si rincuoro sinceramente nel vederlo scaraventato nella sporcizia del pavimento, nulla più d'un altro rifiuto affidato alla calce, che senza mai mostrare il suo contenuto, non avrebbe potuto fare male.

"T'o leggo io" fu Anita a rompere il silenzio, alzandosi tanto leggera dal sembrare terrorizzata, e ricevendo nulla più del nulla, una non reazione che si nutriva dello sconcerto del coraggio di tanto affronto.

"È 'n documento, 'na richiesta pe' er comune, pe' chiedere una de' quelle case popolari, tipo quelle de' Villa dei Giordiani"

"Gordiani" sussurò Manuel, lasciando che il suo stomaco acidificasse la pienezza di quelle informazioni "è Gordiani."

Vide la sorella incamminarsi verso di lui, una rabbia in viso che Manuel non le aveva mai visto addosso, ma che aveva invece incontrato in ognuno dei suoi familiari, talvolta salutato anche davanti allo specchio.

"Je dici ar professore tuo che i Ferro non fanno bisogno d'a carità de nessuno, e che na' casa a' tene-"

"Riempi sti fogli, ragazzì"

Villa dei GordianiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora