five - do (not) touch me

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buona lettura ricordate la stellina e di lasciare qualche commento tivibi

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Il giorno dopo passò come il primo, e così il terzo. Paul e i suoi uomini ripararono l'albero e a fine giornata iniziarono a sistemare la fiancata.

La ciurma vagava per la città, godendosi i momenti sulla terra ferma il più possibile: tornarono con baci di rossetto sul collo, bottiglie di vino pregiato, frutta dai colori sgargianti. Trovarono una locanda del porto con i prezzi bassi e la birra buona, ci passarono molti pomeriggi e tornavano ondeggiando sotto la luce del tramonto.

Anche Liam scendeva dalla nave, si perdeva fra le vie trafficate di una città così grande. Una volta aveva rischiato che la marina inglese lo fermasse per un controllo. Da quel giorno fu molto prudente, si comprò un orrendo enorme cappello e una bandana per coprirsi. Non potevamo rischiare che riconoscessero il figlio Payne, soprattutto non quando l'intero porto era tappezzato dalla sua immagine. Liam era ricercato dalla marina inglese come scomparso. Ridemmo pensando a cosa avesse raccontato suo padre per non infangare il nome della famiglia con la fuga del figliol prodigo e sospirammo di sollievo quando notammo che Liam non assomigliasse affatto al disegno – il naso era la parte peggiore! - e che la nave fosse irriconoscibile dopo tutti i danni sulla fiancata.

Io, invece, preferivo rimanere a bordo, mi beavo del suo lento ondeggiare e del chiasso che proveniva dal porto. Mi distendevo al sole e chiudevo gli occhi. Mi capitava di appisolarmi, spesso i ragazzi mi svegliavano con una secchiata di acqua gelida per propormi una partita a carte. Quando imposi a Niall – il simpatico con il secchio gocciolante in mano – di essere il mio partner nelle partite smisero di trovare la secchiata d'acqua divertente.

La notte la passavamo sotto le stelle e le candele che adornavano il porto, giocavano e bevevamo per tutta la notte. La ciurma – che non era in camera di qualche fanciulla – raccontava a me e a Liam i mille e più incarichi che avevano accettato; Liam divertiva con le disavventure come giovane inesperto della marina e io descrivevo gli stravaganti clienti che erano entrati nella mia locanda, ovviamente spacciandoli per marinai incontrati durante le mie missioni. Dopo una certa ora, anche io iniziavo a credere alle mie stesse frottole: era una bella vita quella, piena di avventure, burrasche e combattimenti, una vita che non avrei vissuto. Quando incrociavo gli occhi di Liam, carichi di verità, mi ammutolivo e me ne andavo a letto, lasciando i ragazzi sul più bello di una storia mai avvenuta.

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«Paul ha quasi finito, ormai mancano le ultime rifiniture alla fiancata e potremmo salpare.» Liam socchiuse gli occhi sotto il peso del sole di mezzogiorno.

«Bene. Prima ci mettiamo in marcia, meglio è.»

«Dovresti fare un giro in città. Sei sceso pochissimo Louis e fra poco torneremo in mare per giorni e giorni.»

Mi specchiai nei suoi occhi preoccupati e ci lessi determinazione: non avrebbe accettato un no. Annuii.

Batté le mani assieme una volta e si distese completamente. Imitai il suo movimento e mi lasciai baciare dal sole.

Quando la ciurma mi vide raggiungerli con indosso una camicia color panna e i miei unici calzoni marroni, tutti si ammutolirono. Niall fu il primo ad aprirsi in un grosso sorriso e a lasciarmi una pacca sulla spalla «Finalmente ti aggiungi a noi!». Presto tutti i ragazzi lo imitarono e quasi mi trascinarono fuori dalla nave. Non mi ero accorto quanto ci fossimo avvicinati in quei giorni. Sospirai, non erano amici, ma era sempre più facile scordarlo.

Dalle finestrelle della locanda si scorgeva il riflesso della luna sulle onde del mare. Il chiasso si sentiva a miglia di distanza. Quando Zayn aprì la porta, la proprietaria salutò tutti con un rumoroso bacio sulla guancia. Arrivata a me, mi squadrò da capo a piedi e si accigliò.

Moths in our Stomachs flying through the SeaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora