Le luci al neon della sala abbagliavano e rendevano difficile vedere la grande platea riunita, entusiasta, nell'auditorium dove si teneva la conferenza.
Non che avessi avuto voglia di vedere qualcuno, ma quella luce artificiale era fastidiosa e irritante.
Volevo tornare nella mia stanza buia e sprofondare nel dolore come sempre.
Alle mie spalle, la grande gigantografia della copertina del primo disco dei Black Leater Jackets campeggiava maestosa, ma a me sembrava solamente una chimera pronta a ghermirmi.
Intercettai una domanda di una giornalista sull'eventuale preparazione di un secondo album in studio. Non era rivolto a nessuno in particolare, ma qualcosa mi diceva che si aspettassero che io rispondessi.
«In realtà...» intervenne Fabio, il nuovo manager «...siamo appena tornati dal primo tour mondiale della band. I ragazzi preferiscono non sforzarsi troppo, in modo da garantire un prodotto soddisfacente alle migliaia di persone che li seguono e li supportano.» sfregò le mani sul jeans scuro «Vi assicuriamo, comunque, che stiamo buttando giù qualche idea, anche se è ancora in fase embrionale, e che i primi a esserne informati saranno proprio i nostri cari e amati fans.»
La verità è che sta andando tutto a puttane. Questo avrebbe dovuto rispondere.
Sta andando tutto a puttane perché da quella serata primaverile il mio cuore si era fermato. Non scrivevo più, non suonavo più e non avevo neanche così tanta voglia di farlo.
Ero completamente fuori fase, un asteroide impazzito che ormai era uscito dall'orbita della felicità.
Ma il fatto è che forse non volevo neanche rientrarci nell'orbita. Ormai lui era sparito. Si era volatilizzato nel nulla e nessuno di loro aveva più avuto notizia. Neanche Daniele che si affannava a rintracciarlo.
Per quanto ne sapevo, poteva benissimo essere morto in una delle tante escursioni avventurose che amava tanto fare. Una fitta mi trafisse al solo pensiero, gettandomi ancor più giù di quanto già non fossi.
Eppure in quel dolore io stavo così bene. Forse ero masochista? Paradossalmente, il dolore al pensiero di averlo perso era nulla al confronto di quello che provavo quando in me si affacciava l'ipotesi che quel dolore, prima o poi, sarebbe svanito.
Non volevo lasciarlo andare. Non potevo lasciarlo andare. Perché lasciarlo andare voleva dire dimenticarlo, cancellarlo dai miei pensieri e dal mio cuore.
Preferivo morire piuttosto che dimenticarlo.
Se ricordarlo con dolore sarebbe servito a sentirlo vicino, allora lo avrei ricordato ogni secondo della mia vita. Per sempre.
Anche se questo implicasse essere masochista.
Del resto, la nostra storia è stata masochista.
«E ora un'ultima domanda per Serena.» alzai gli occhi sul giornalista dal completo inamidato « Silver rimane ancora al primo posto di tutte le classifiche nazionali ed internazionali. Tutti noi però ci stiamo chiedendo: è stata scritta pensando a qualcuno?»
Ed eccolo lì. Il sottinteso. Nessuno di noi aveva più nominato quel nome, il suo nome.
Nessuno. I ragazzi, le mie amiche. Nessuno si era più azzardato a nominare quel nome che comunque era una presenza ingombrante.
Nessuno aveva più nominato Andrea.
In realtà, neanche io lo avevo più nominato.
Eppure un tempo mi piaceva tanto nominare il suo nome.
STAI LEGGENDO
Come la luna sull'acqua chiara.
عاطفيةAndrea era partito, lasciando Serena sola con le macerie del loro passato e i fantasmi di un futuro mai realizzato. Si erano divisi dopo aver vibrato all'unisono nell'anima, entrambi vivi nel corpo ma con il cuore ormai avvolto dalle tenebre. Nonos...