12. Che il gioco abbia inizio

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Ieri è stata una giornata terribile. Ho cercato in tutti i modi di non pensare a quella donna, ma i suoi occhi, il modo che ha usato per guardarmi... non lo so, mi manda in bestia. Devo scoprire di chi si tratta.
Ed è per questo che adesso sono nella camera di Kerem. Ho bisogno di informazioni e sono certa che lui non possa soddisfare la mia sete di sapere.

Ormai saranno passati più di 10 minuti e pur avendo messo la sua camera in disordine non sono riuscita a trovare nulla.
<<Evren.>> mi chiama, con tono di rimprovero. Faccio un balzo, cercando in ogni modo di non dar a vedere il fatto che mi abbia colta di sorpresa. <<Che stai facendo qui?>> dà un'occhiata veloce al resto della stanza <<E cosa stai cercando? Sembra che sia passato un tornado>>

<<Ho...ho perso l'anello>> dico senza pensarci, nascondendo la mano.

<<Qui?>> chiede con sospetto

<<Qui. Si. O almeno credo. Ho cercato ovunque, ma non l'ho ancora trovato>>

<<Vuoi una mano?>>

<<Ooh no! Nonono! Mi sentirei in debito per la vita e non ho alcuna intenzione di restituire il favore.>> alle mie parole sfodera un leggero ghigno, prima di continuare a sistemare la camicia.

<<A me non dispiace. Abbiamo dieci minuti.>> precisa avvicinandosi a me. <<Dopodiché dovrò andare alla Bürsin Corporation>> annuisco, spingendomi contro il comodino, sperando che non mi veda la mano. Copia il mio gesto e si allontana per iniziare a cercare. Tiro un sospiro di sollievo e mi levo l'anello per poi lanciarlo da qualche parte. Perdiamo un po' di tempo, ma alla fine riesce a trovarlo. Lo riconosce subito. E non nego che la sua espressione riesce a farmi un certo effetto.
<<Dammi la mano>> lo faccio senza troppi problemi. E mentre lo mette al proprio posto, mi sembra di rivivere lo stesso momento. Non fa alcuna domanda, eppure sento che dentro di lui si cela qualcosa.

Dopo avermi lanciato uno sguardo si allontana. Resto per qualche secondo immobile, poi rendendomi conto di non essere riuscita ad ottenere ciò che volevo, scelgo di fare l'unica cosa giusta: seguirlo.

Mi preparo velocemente, prendo la macchina e mi metto alla guida. La destinazione la conosco bene, queste strade le so a memoria.

Scendo e lo raggiungo tenendo in mano un bicchiere di caffè, ormai freddo. Ci ho messo pochissimo per pensare a questo piano e so che una volta entrata nel suo studio, non potrà mai mandarmi a casa. Farebbe una brutta figura.

<<Kerem>> lo chiamo a gran voce. Si gira immediatamente <<Voglio salutare anch'io>> sorride nervosamente. <<Visto che dobbiamo partire, mi sembra il minimo.>>

<<Ah va bene, Evren.>> abbassa la testa facendola penzolare <<Fa' come ti pare>>

<<Certo>>

<<Certo>>

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Più forte del passato[ᵁᶰ ᵃᵐᵒʳᵉ ˢᵗᵃᵐᵖᵃᵗᵒ ˢᵘˡˡᵃ ᵖᵉˡˡᵉ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora