12. Provini

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La voce che i provini per la squadra di Quidditch d'Irlanda si sarebbero svolti anche nella scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, quell'anno, si era sparsa voracemente tra gli studenti. Stendardi delle quattro Case tappezzavano i corridoi, i protagonisti più emblematici dello sport venivano messi in mostra attraverso ritratti del loro volto e riscritture del loro nome su ogni muro del castello.

Harry aveva deciso di rinunciare, per quella volta. Stava puntando a qualcosa di più grande - diventare Auror - e questo gli richiedeva una preparazione eccellente agli ultimi esami dell'anno. Motivo per il quale, il nome indiscusso, urlato da grandi e piccini, era quello di Draco Malfoy.

Per un attimo, tutti avevano dimenticato il suo tragico ruolo della Guerra Magica, poiché l'idea che uno studente di Hogwarts venisse scelto per giocare nell'Irlanda, superava di gran lunga le loro aspettative.

«Ginny, avresti potuto partecipare alle elezioni per il Quidditch» constatò Harry, mentre raggiungeva i suoi amici al tavolo della Sala Grande.
«Oh, è qualcosa di troppo grande per me» la ragazza chiuse il discorso con un cenno della mano.

«Non sopporto l'idea che quel viscido di un Malfoy potrebbe arrivare a tale prestigio» Ron masticava la sua coscia di pollo con avidità, lanciando occhiate fugaci al tavolo Serpeverde, perennemente in festa, con striscioni, piccoli fuochi, musica. Tutti sedevano attorno a Draco, sembrava un principe con la sua corte.

Hermione e Ginny si scambiarono uno sguardo, poi tornarono con la testa nel piatto.
Avevano chiarito, dopo quel brutto litigio. Ed Hermione le aveva anche detto che, per quel fermaglio, c'era lo zampino della Serpe. Da allora, Ginny aveva iniziato a non nominarlo più, né in bene né in male. Questo, all'amica, parve un grande passo avanti e le era silenziosamente grata. Ma lo stesso non poteva dirsi per i due ragazzi.

«Non lo meriterebbe affatto, dopo quello che hanno fatto i suoi genitori» la rabbia che Harry ancora covava, era percepibile. Ad Hermione passò l'appetito, fece cadere la forchetta nel piatto con un brutto rumore metallico.

«Guardate, sta venendo verso di noi» disse qualcuno.
Hermione sbiancò, quando lo vide diretto verso di lei a passo svelto, i suoi amici la fissavano impietriti.

«Granger, vieni fuori. Devo chiederti delle cose per il progetto di Pozioni, ti ricordi?»

«Pozioni! Ma certo! Arrivo» ridacchiò lei nervosa, stropicciandosi il mantello con le mani. Sotto gli sguardi furtivi di tutti, uscì con alle calcagna il biondino. Migliaia di domande le frullavano nella mente, ma una era la principale:

«Che diavolo ti è saltato in mente? Chissà cosa avranno pensato tutti!» urlò, appena addentrarono un corridoio deserto. Draco rise di gusto.
«Granger, ti interessa quello che pensa la gente?» inclinò il volto come un bambino, l'espressione che la studiava.

«Di quello che pensano i miei amici, sì! Harry ti avrebbe schiantato e Ron avrebbe potuto accecarti con una forchetta, sciocco che non sei altro»

«Credi che abbia paura di Lenticchia e dell'occhialuto con la cicatrice?» un'espressione indecifrabile capitolò sul volto, gli occhi grigi attraversati da una scintilla di sfida.
Accorciò la distanza tra loro per poterla guardare meglio.

«Lenticchia e l'occhialuto hanno vinto Lord Voldemort» gli ricordò la fanciulla, incrociando le braccia al petto.

«Se non fosse stato per mia madre, Potter sarebbe morto come un purè di mago»

Hermione non rispose, perché era la verità. Era stata Narcissa Malfoy che, per amor del figlio, nascose la presunta morte dell'amico. In un atto di estrema vigliaccheria. Un moto di rabbia la investì.

Scusa ma ti chiamo Granger - #Dramione HPFFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora